ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su La Padania
(Sezione:        Pag.     )
venerdì 3 marzo 2006

 

 

sentenza definitiva 

  Confermato l’ergastolo per Desdemona Lioce Ma le Br sono ancora attive


 

Roma - La sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato e reso definitivo l’ergastolo per Nadia Desdemona Lioce. La terrorista venne condannata all’ergastolo, dalla Corte d’Assise di Arezzo, il 9 giugno del 2004, per la sparatoria sul treno Roma-Firenze, avvenuta il 2 marzo del 2003, nel corso della quale rimasero uccisi il sovrintendente della polfer Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi, e venne ferito l’agente di polizia Bruno Fortunato. Al termine del processo, che per motivi di sicurezza si tenne nell’aula bunker di Santa Verdiana a Firenze, i giudici della Corte d’Assise di Arezzo ritennero la Lioce (dichiaratasi prigioniera politica e militante delle Brigate rosse-partito comunista combattente) colpevole dell’omicidio del sovrintendente Petri e del duplice tentato omicidio nei confornti dei poliziotti Fortunato e Giovanni Di Franzo. Il giudizio davanti alla Corte d’Appello di Firenze, invece, iniziò il 13 giugno del 2005, sempre nell’aula bunker di Santa Verdiana.

La Lioce, nel corso della prima udienza, revocò l’incarico ai suoi legali di fiducia affidandosi a un avvocato d’ufficio e rivendicò la sua militanza nelle Br. Dopo due rinvii consecutivi (il 13 giugno e il 22 giugno), il processo d’appello entrò nel vivo con la requisitoria del procuratore generale Gaetano Ruello, che chiese la conferma della sentenza di primo grado. E il 29 giugno del 2005 la Corte d’Appello di Firenze accolse la sua richiesta condannando all’ergastolo Nadia Desdemona Lioce per la sparatoria sul treno regionale Roma-Firenze del 2 marzo del 2003. A tre anni di distanza il pericolo rosso torna a farsi sentire. Per una condanna confermata - la buona notizia - un nuovo monito. Quello del magistrato Otello Lupacchini che, a margine della conferenza di presentazione del suo libro Il ritorno delle Brigate Rosse: una sanguinosa illusione ha detto: «Non escludo che le Br possano tornare a colpire dopo un periodo di riorganizzazione dovuto agli ultimi arresti». «Si tratta - ha aggiunto - di un progetto eversivo che non è mutato dagli anni 70, con irriducibili in carcere che continuano a seguire ciò che avviene nel mondo esterno. Le ragioni di sopravvivenza continuano a permanere e l’organizzazione è più corposa di quella fatta oggetto di indagine».

Per quanto riguarda le figure di Desdemona Lioce e Mario Galesi (il terrorista morto nella sparatoria che causò il decesso del sovrintendente di Polizia Emanuele Petri), “ci andrei molto cauto a sostenere che avessero una posizione di vertice”. «Ho ritenuto giusto scrivere questo libro - ha continuato Lupacchini - perchè la conoscenza delle Br è indispensabile per condurre attività inerenti alla politica della sicurezza, fornendo un quadro che possa servire a ricostruire il fenomeno ed aiutando ad orientarsi. Questo è davvero importante per chi ha in mano le sorti della nostra democrazia, attraversata da fermenti e tensioni». Come a dire, in questa rovente campagna elettorale qualcuno sembra fomentare solo odio. Umus ideale per la strategia della tensione. Lupacchini ha paragonato il terrorismo ad un fiume carsico, “che s'inabissa per poi tornare”, ed ha parlato di “fallimento di politica di sicurezza che caratteriza il nostro sistema dal moto pendolare”.

Il “pendolarismo” di cui parla il magistrato, che oggi ha un ruolo amministrativo, lavorando da cinque anni nella Commissione sui programmi di protezione, vede il sistema delle indagini ripiegarsi su se stesso, archiviando il terrorismo perchè non fa più notizia e concentrandosi sul fronte della mafia, che nel ’92 miete le vittime di Falcone e Borsellino, riportando ai massimi livelli la soglia d’allarme su Cosa Nostra. Lupacchini ha fatto anche cenno al caso D’Antona: “I nomi di Mario Galesi e di Desdemona Lioce - ha informato il magistrato - emergono già dopo una settimana dal delitto D’Antona. Inoltre, già nel ’71, sui due fu attivata l’intelligence da parte della sezione anticrimine dei Carabinieri di Roma. Questi fatti -ha concluso Lupacchini - non portano gloria a chi era tenuto a garantire la sicurezza, portandoci ad un’amara riflessione».

Un’ulteriore conferma della pericolosità in agguato arriva dal sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano che ha aggiunto: «Si è disarticolata una parte significativa delle Br, ma non si sono presi tutti i terroristi».


    

 

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