ALFREDO
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Articolo pubblicato su Avvenire (Sezione: Oggi Italia Pag. ) |
Mercoledi 29 marzo 2006 |
Da Roma Massimo Chiari
VERSO LE ELEZIONI / È scontro tra i poli dopo l’uscita del premier. Prodi accusa: scredita l’Italia, un’umiliazione dover subire la protesta del Paese offeso. Tremonti: ci stanno mangiando vivi, dobbiamo mettere dazi e quote
La Cina protesta con Roma
La Cina protesta per la frase sui "bambini bolliti" pronunciata da Silvio Berlusconi («Sotto la Cina di Mao i bambini non li mangiavano, ma li bollivano per concimare i campi») domenica scorsa durante una manifestazione elettorale a Napoli. E in Italia si scatena la polemica politica tra centrodestra e centrosinistra. Nessuna nota ufficiale di protesta del governo, come faceva temere inizialmente un lancio d'agenzia ripreso da diversi media internazionali, ma una posizione di «forte sdegno» comunicata da fonti diplomatiche di Pechino, e rilanciata dall'ambasciata a Roma. «Siamo contrariati da queste affermazioni infondate - si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Pechino - le parole e le azioni dei leader italiani dovrebbero andare a beneficio della stabilità e dello sviluppo di relazioni amichevoli tra Cina e Italia». E la Farnesina precisa: «La frase in questione si riferisce a episodi che avrebbero avuto luogo nel passato, mentre è evidente l'inesistenza di intenti polemici» verso la Cina. L'«indignazione» cinese per le parole del presidente del Consiglio scatena immediatamente la reazione del leader dell'opposizione, Romano Prodi. Berlusconi, scandisce, «scredita l'Italia». E polemicamente domanda: «Vi rendete conto di che immagine si dà di un Paese se il premier dice queste cose? Vi rendete conto dell'offesa fatta a una popolazione di un miliardo e 300 mila persone? Se anche metà di loro se lo dimentica, 650 milioni di persone se lo ricordano...». E il leader dell'Unione definisce «umiliante dover subire la giusta protesta della Cina». D'altronde già il giorno dopo il diesse Vannino Chiti si aspettava una reazione cinese, mentre il dielle Giuseppe Fioroni ironizzava sulla «sindrome della dipartita da palazzo Chigi» che affliggerebbe il premier. Ma solo ieri la polemica è salita di tono. «La megalomania di Berlusconi non ha limiti», sbotta Oliviero Diliberto del Pdci, secondo cui il premier «vuole rompere relazioni con la Cina». Bobo Craxi chiede agli italiani «di non seguire Berlusconi su questo cammino», mentre il verde Alfonso Pecoraro Scanio sostiene che «il premier è il Napoleone della gaffe». Per Antonio Di Pietro questa «è l'ennesima riprova di quanto l'attuale premier sia inadeguato a guidare il nostro Paese»: è ora di «mandarlo a casa». Ironizza il leader dei Popolari-Udeur Clemente Mastella: «Dopo la Libia, dopo l'Olanda, dopo la Francia, tocca al continente asiatico». Tornato serio, il leader dell'Udeur sottolinea come «questa volta Berlusconi l'ha fatta proprio grossa: un miliardo e trecento milioni di offesi dal Cavaliere non sono uno scherzo e richiederanno anni e anni di scuse». Berlusconi viene difeso dai suoi. Se il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, giudica «paradossale» la presa di posizione di Prodi, aggiungendo che «il premier cita fatti storici, tragicamente indubitabili», il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti va oltre e sostiene che i cinesi «ci stanno mangiando vivi. Dobbiamo mettere dazi e quote». E non è il solo a pensarla così. La Lega rincara la dose. Berlusconi «ha sbagliato in difetto; in Cina, in tempi di carestia, bambini sono stati addirittura mangiati», assicura Roberto Calderoli. «Si riferiscono a fatti certificati da documenti ufficiali cinesi dell'epoca, a distanza di anni non ancora smentiti», incalza il forzista Lucio Malan.E poi, dice Antonio Tajani, il premier «non voleva fare polemica con la Cina di oggi, ma su quando c'era Mao», mentre Prodi «è preoccupato di nascondere i crimini comunisti». Secondo Alessandra Mussolini di Alternativa sociale «Berlusconi dice solo una piccola verità». E Isabella Bertolini taglia corto: «Prodi è alla frutta, arriva a speculare persino sulla storia». I toni dell'Udc sono puttosto diversi, ma non ci sono distinguo: «Il comunismo come il nazismo sono stati eventi drammatici. Ma faccio un fioretto, perché ci sia una campagna più tranquilla e serena..», dice il segretario Lorenzo Cesa. «Nella storia politica di Prodi c'erano già molte ombre. Ora si aggiungono anche quelle cinesi. Il professore attacca ingiustamente il premier e difende il regime comunista di Pechino», riprende ad attaccare l'azzurro Renato Schifani. «A quando un'apologia di Pol Pot o Peppe Stalin?», rincara Carlo Taormina. Quella di Prodi è «demagogia a uso elettorale», sostiene Alfredo Mantovano di An, mentre Ignazio La Russa afferma: «La Cina ha poco da arrabbiarsi finché non rispetterà i diritti umani e dei lavoratori».
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