Perché la sinistra è colpevole del dilagare del
crimine
L'on. Rosa Russo Iervolino si è insediata al Viminale
soltanto nell'ottobre 1998 e, pur facendo in tempo a dare un non marginale
contributo alla disastrosa situazione dell'ordine pubblico in Italia, culminato
con l'irritante proposta di impiegare i militari di leva nel controllo dei
delinquenti agli arresti domiciliari, non può essere ritenuta responsabile unica
del disastro. Da quando, come disse l'on. D'Alema in un memorabile discorso alla
Camera, la barra del comando è salda nelle mani della sinistra, e cioè
dall'inizio del governo Dini, la somma dei provvedimenti adottati dal governo e
dal Parlamento sul versante della sicurezza equivale al più corposo pacco dono
che un criminale abbia mai ricevuto. Provo a porre la sinistra sul banco degli
imputati di un virtuale processo politico avente a oggetto l'ordine pubblico;
non è difficile individuare i capi di imputazione:
- depauperamento quantitativo e qualitativo delle forze dell'ordine. Un
decreto del 30 aprile 1997, che ha esercitato una delega della precedente
finanziaria, ha incentivato il prepensionamento del personale delle forze
dell’ordine con 25 anni di anzianità, spingendo alle dimissioni migliaia di
unità - circa 15.000 - in tutta Italia: di fatto le migliori, poiché alle
energie fisiche intatte affiancavano un'esperienza di tutto rispetto; il nuovo
contratto nazionale del settore ha ridotto l’orario ordinario e gli
straordinari, provocando una contrazione virtuale di altre undicimila unità.
Oggi il ministro dell'Interno annuncia nuove assunzioni, indicando cifre che,
a seconda dei momenti, spaziano da 400 a 1800 unità: un'inezia rispetto a
quelle mandate a casa; e comunque, dovrà passare del tempo per i concorsi e
per l'addestramento. Come dire: ne parliamo fra qualche anno. Anche la qualità
lascia a desiderare, a causa della sconcertante scelta di dequalificare i
ruoli, a partire dal 1995, ma anche del mancato funzionamento dell'ufficio
ispettivo del ministero dell'Interno. E, sempre nella voce "qualità", non va
esattamente nella direzione della lotta al grande crimine la disarticolazione
delle strutture di coordinamento Scico, Sco e Ros.
- omissione di ogni seria attività di prevenzione. Oggi il tentativo di
controllare il territorio coincide, quando c'è, con la repressione dei
delitti: il che vuol dire che le forze dell’ordine giocano di rimessa,
subiscono il verificarsi dei reati e cercano di scoprirne gli autori; invece
bisogna giocare d’anticipo, conoscendo il territorio, e riprendendo a usare le
misure di prevenzione, con l’individuazione, il sequestro e la confisca dei
patrimoni di origine illecita. Perché tutto questo viene ignorato?
- disinteresse per le vittime dei reati. I testimoni di giustizia -
testimoni, non pentiti, quindi gente onesta che ha avuto il solo torto di
raccontare all'autorità giudiziaria particolari decisivi per la condanna dei
colpevoli di gravi delitti - sono abbandonati a sé stessi dal ministero
dell'Interno. Le vittime del racket attendono da anni il ristoro per i danni
patiti a seguito del rifiuto di pagare il "pizzo": nonostante la nuova legge
sul fondo antiracket sia stata approvata a febbraio, il governo non rispetta i
tempi per il regolamento di attuazione, e di fatto preclude la possibilità di
risarcimento. Il ministero della Giustizia ha esercitato un attivo
ostruzionismo alla proposta di legge sulle vittime della mafia, che - dopo
essere stata dotata di una copertura finanziaria da miseria - è stata
approvata alla Camera e giace in attesa al Senato. Con questi atteggiamenti,
come si può immaginare che arrivi la collaborazione dei cittadini?
- disinteresse nel contrasto alle mafie. Mentre non diminuisce il peso
delle organizzazioni di tipo mafioso che hanno radici secolari in Italia -
inquinando le attività produttive in zone vitali, dai Cantieri navali di
Palermo a Gioia Tauro -, si sono stabilmente insediate associazioni criminali
provenienti dall’estero, in particolare dall’Albania, dalla Russia, dalla
Cina. Ma il governo si guarda bene dal condizionare all'effettivo rispetto di
un minimo di legalità la cooperazione con gli Stati al di là dell'Adriatico,
né opera una reale bonifica nei territori italiani a rischio, per es. mirando
alle cosche che continuano a gestire gli appalti.
- perdonismo e lassismo. Non è onesto chiamare in causa sempre e
comunque la "legge Simeone", che ha semplicemente reso automatica la fruizione
di benefici che prima venivano concessi su istanza, ma esistevano egualmente.
Perché la sinistra insorge quando si chiama in causa l'intera struttura della
"legge Gozzini"? Perché la sinistra si oppone alla discussione in Parlamento
della proposta di legge di AN, che non elimina la "Gozzini", ma la rende più
razionale, soprattutto valorizzando - in negativo - la recidiva nei reati
(quanto più un soggetto torna a delinquere, tanto più difficile deve essere la
concessione di benefici in suo favore)? E ancora: si chiama Diliberto - e non
Simeone - il ministro che dichiara prioritaria l'abolizione dell'ergastolo; si
chiama Flick l'ex ministro della Giustizia che ha permesso l'eliminazione di
fatto, con circolare, del regime carcerario duro, il 41 bis; si chiama Prodi
l'ex presidente del Consiglio che ha aumentato indebitamente le quote di
ingresso degli immigrati; si chiama D'Alema il premier che ha consentito che
questa sanatoria fosse dilatata a tutti coloro che hanno proposto istanza di
regolarizzazione, anche falsificando i documenti. Ed è noto quanto il crimine
sfrutta l'immigrazione clandestina.
Si impongono delle scelte. Anzitutto di riforma legislativa;
non nella direzione dell'aumento delle sanzioni, che non serve a nulla, bensì di
una loro effettiva applicazione. E poi di orientamenti amministrativi,
investendo in uomini e in qualità per combattere il crimine. Se la sinistra ha
idee in proposito, diverse da quelle della destra, le metta sul tappeto, avvii
il confronto e archivi l'irridente proposta dell'impiego esteso dei militari.
Non depone bene giocare coi soldatini oltre una certa età.
Alfredo Mantovano