ALFREDO MANTOVANO
Deputato al Parlamento italiano
RESPONSABILE DI A.N. PER I PROBLEMI DELLO
STATO

 


Interventi sulla stampa

 

Pubblicato sul Secolo d'Italia il 17  ottobre 2000

Islam fra marce e melting pot

LA DIFFICILE STRADA DELL'INTEGRAZIONE


Da almeno un paio di decenni l'Europa è attraversata da paure oggettivamente fondate: vi è un senso sempre più diffuso di insicurezza sull'incolumità personale, spesso associato, quanto alla causa, all'immigrazione clandestina. La paura dell'altro, di cui parla da ultimo l'on. D'Alema, attribuendola semplicisticamente alla Casa delle libertà, non è un dato ideologico, frutto della propaganda politica: è invece un dato sociologico oggettivo, che è aumentato col crescere della marginalità sociale, della frantumazione sociale e istituzionale, e della incapacità di fornire risposte adeguate alle questioni poste dalla moltiplicazione degli arrivi da paesi lontani dai nostri. Alla conferenza programmatica di Verona Alleanza Nazionale ha posto al centro del dibattito politico il calo demografico quale elemento rivelatore di quest'insieme di insicurezze: un continente o una nazione che hanno paura del futuro rifiutano di proiettare nel futuro sé medesime, anche fisicamente. E' sbrigativo e strumentale sostenere, come fanno in queste ore i leader del Centrosinistra, che la Destra utilizza queste tendenze per scopi elettorali, anche al prezzo di alimentare l'intolleranza. Queste paure di per sé si orientano o verso la sfiducia totale per la politica, e quindi verso l'astensionismo o il qualunquismo, o verso destra, alla ricerca di risposte ancorate a capisaldi stabili. In altre nazioni, poiché non trovano ascolto adeguato nei partiti di area moderata, esse giungono fino alla destra estrema: Le Pen è in fase calante, ma è stato un emblema di questo fenomeno, e ha raccolto i consensi maggiori proprio nelle zone della Francia maggiormente interessate dalla concentrazione dell'immigrazione. Haider non è parificabile a Le Pen, ma è egualmente sintomatico delle motivazioni del consenso che lo sostiene. Fenomeni simili si stanno manifestando in Belgio, mentre la loro assenza in Spagna hanno consentito ad Aznar di non perdere voti sulla destra.

In Italia non esiste un forte partito di destra estrema. Il che è dipeso dal fatto che, a partire da Fiuggi e poi con Verona, Alleanza Nazionale ha ridefinito il proprio patrimonio culturale e ideale e ha ripudiato ogni estremismo: pagando, fra l'altro, il prezzo di una scissione. Sorprende che, dopo averlo riconosciuto ampiamente in passato, oggi a sinistra ci si dimentichi di tutto questo. La sfida alla quale la Destra italiana intende rispondere - e lo sta facendo da tempo - è di avanzare ipotesi concrete di soluzioni sui temi dell'ordine pubblico, dell'immigrazione, dell'autorità dello Stato, del rispetto dei valori insiti nella tradizione italiana senza cedimento sui principi, ma con equilibrio e senso delle istituzioni. La peculiarità italiana è che il consenso che in altre nazioni va verso la destra estrema per disperazione, come se fosse l'ultima carta da giocare, che di fatto si traduce in xenofobia, e che alla fine aggrava i problemi invece che risolverli, in Italia riceve da parte nostra risposte non demagogiche, ma propositive.

Alleanza Nazionale non ha mai condiviso l'irresponsabile sottovalutazione della sinistra per i problemi dell'integrazione. L'inserimento di chi viene in Europa, portando con sé un proprio quadro di valori di riferimento, non è eguale qualunque sia la zona di provenienza. Lo stesso immigrato islamico, come ha dimostrato con chiarezza un recente studio della Fondazione Agnelli, presenta volontà, tempi e flessibilità di adeguamento e di rispetto dei principi di fondo contenuti nelle Costituzioni delle nazioni europee differenti a seconda delle aree del mondo musulmano nelle quali è nato: dati della vita quotidiana, derivanti dalla propria confessione religiosa, quali il riposo settimanale, il momento della preghiera, il ramadam, il rapporto fra i sessi e con i figli, sono vissuti dai fedeli di Allah in modo differente. Con queste premesse, il difficile equilibrio da raggiungere è lontano sia dall'acritica e beota indifferenza di chi tesse gli elogi del melting pot e demonizza chi ricorda che questi problemi esistono - di recente la demonizzazione, e perfino la denuncia in sede giudiziaria, ha raggiunto un Cardinale! - sia dalla reazione emotiva che preferisce rimuovere la questione piuttosto che domandarsi come risolverla.Fra la demagogia di chi invoca i fantasmi del razzismo, e il rozzo semplicismo di chi fa le marce contro la costruzione di luoghi di culto, abbiamo scelto da tempo la strada difficile della riflessione analitica e approfondita sulle questioni poste dalla presenza di persone di cultura diversa, in taluni casi contrapposta alla nostra, nel corpo sociale italiano ed europeo, nella prospettiva di una loro soluzione, compatibile con il nostro ordine pubblico.

E' invece tutto da scoprire che cosa abbia in comune il problema dell'integrazione dei musulmani con la posizione tenuta dalla Casa delle libertà sulla Carta europea dei diritti. O meglio: è abbastanza facile se si considera la fame che la sinistra ha di argomenti contro il centrodestra. Ma è davvero strumentale porre sullo stesso piano la marcia di Lodi col voto alla Camera di mercoledì della scorsa settimana. Per ricevere la patente di europei da una sinistra della quale è dubbia la legittimazione a concederla, i partiti del centrodestra avrebbero dovuto conferire al presidente del Consiglio un mandato in bianco perché sostenesse acriticamente la Carta al vertice di Biarritz: questo era infatti l'oggetto della discussione. Non era in dubbio da parte nostra né l'opportunità della Carta, né la considerazione della bozza che ci è stata sottoposta, come un possibile punto di partenza per la discussione. E invece no: non saremmo europei perché non abbiamo rinunciato a sollevare perplessità, oltre che sul fondamento stesso della Carta, che aveva espunto dalla tradizione europea qualsiasi riferimento religioso, sull'accettazione implicita della clonazione, o sulla netta separazione tra matrimonio e famiglia, o sull'equiparazione delle unioni gay alle famiglie vere… Un'Europa che ritenga questi ultimi dogmi irrinunciabili somiglia assai poco al continente per la cui integrazione intendiamo continuare a lavorare. Proprio perché spesso si ritrova senza principi, questo continente si ritrova anche privo di equilibrio e incerto nei suoi rapporti con l'altro. Avrà voglia di rendersene conto una sinistra impegnata con troppo anticipo in una campagna elettorale fatta esclusivamente di slogan?

On. Alfredo Mantovano

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