ALFREDO MANTOVANO
Deputato al Parlamento italiano
RESPONSABILE DI A.N. PER I PROBLEMI DELLO
STATO

 


Interventi sulla stampa

 

Pubblicato sul Secolo d'Italia il 19  luglio 2000

"Pacchetto Fassino": bluff e insicurezza


Il Polo per le libertà è composto da autentici irresponsabili. I quali dapprima sollecitano il governo a presentare misure per fronteggiare l'emergenza carceri, e più in generale il sistema giustizia. Poi, non appena l'esecutivo vara un "pacchetto" ampio e articolato, lo bocciano senza appello, per non avere l'imbarazzo di dire la loro sul merito del "pacchetto", ma soprattutto sull'amnistia e sull'indulto. Così rendendosi colpevoli delle rivolte che fra breve, quando a seguito della loro opposizione sarà chiaro che nessun provvedimento di clemenza verrà varato, infiammeranno gli istituti di pena italiani.

Avrò trascurato qualche dettaglio, ma quella appena riassunta è la vulgata in onda già da qualche giorno sui mass media italiani, per impulso di un centrosinistra che ancora una volta è a corto di argomenti e di fantasia. E' certamente vero che fin dall'avvio della riflessione, sollecitata dall'Anno giubilare, sulla condizione di chi, in Italia e nel mondo, è detenuto in un istituto di pena, il Polo, e in particolare Alleanza Nazionale, hanno chiesto che l'oggetto del dibattito fosse la vivibilità nelle carceri, e quindi l'individuazione degli strumenti per attenuare il disagio dietro le sbarre, e solo in seconda battuta, con tutta la prudenza da esercitare in concreto, quello di un ipotetico provvedimento di clemenza e della sua eventuale utilità per far decollare un piano di misure straordinarie per gli istituti di pena.

Ma è altrettanto vero che, nonostante l'enfasi con cui è stato presentato, il cosiddetto "pacchetto Fassino" al momento non esiste. E' coinciso per una settimana con un comunicato stampa: quello diffuso dalla Presidenza del Consiglio durante la conferenza stampa che illustrava gli interventi per le carceri. Sette giorni fa, in occasione dell'audizione del Guardasigilli alla Commissione Giustizia del Senato, è stata distribuita una bozza di articolato dal titolo "piano di azione giustizia per l'efficacia dell'organizzazione giudiziaria e del sistema penitenziario", munita di relazione. A metà giornata di martedì 18 luglio questo testo non è stato ancora formalmente depositato. Con la conseguenza che la Commissione Giustizia del Senato per questa settimana non sarà in grado nemmeno di avviare la discussione: figuriamoci di esaminare la proposta e di votarla! Ciò vuol dire che, quand'anche fosse presentato oggi, prima della pausa di agosto il "pacchetto" non supererà il vaglio della Commissione competente, esclusivamente a causa del Governo. Chiedo: chi sono gli irresponsabili?

Ma, proprio perché ad Alleanza Nazionale sta a cuore la questione carceri, non mi sottraggo all'esame del merito. Il dato più sconcertante è che il "pacchetto" non contiene, almeno per l'anno 2000, nessun significativo incremento di spesa. Mentre include disposizioni che, se approvate, determinerebbero un forte calo del livello di sicurezza. L'articolo 1 del d.d.l. Fassino istituisce, con decorrenza dal 2000, un Fondo speciale - così si legge - "per la promozione, lo sviluppo e il sostegno delle attività e dei servizi penitenziari", al quale possono concorrere pure gli enti locali: il Fondo è chiamato a finanziarie una serie di interventi, dal potenziamento delle strutture a circuiti penitenziari differenziati. Gli enti locali e i privati possono elaborare specifici progetti, purché assicurino il finanziamento degli stessi fino al 30% dell'importo. Quando però si cerca l'entità della copertura finanziaria predisposta per l'anno in corso, si scopre (al comma 6 dell'articolo 1) che "la dotazione del Fondo è costituita, per l'anno 2000, con le somme non ancora utilizzate sulle unità previsionali di base 5121 (…) dello stato di previsione del ministero della giustizia". Traduzione: per il 2000 non c'è una lira (pardon, un millesimo di euro) aggiuntiva. Se ne parla per gli anni successivi. Se ne ha la riprova esaminando la relazione che accompagna il d.d.l., al cui interno la copertura finanziaria è indicata facendo sempre riferimento agli anni dal 2001 al 2003: per i quali peraltro è facile prendere impegni, se le previsioni di una sinistra all'opposizione saranno confermate dai risultati elettorali. E l'emergenza?

La stessa relazione è peraltro inverosimile, allorché conferma che i 160 miliardi stanziati dal Consiglio dei ministri nel mese di maggio di quest'anno saranno impiegati per la costruzione di 4 nuovi penitenziari (Pordenone, S. Vito al Tagliamento, Rieti e Marsala) e per la ristrutturazione di altri 16 istituti, fra i quali Rebibbia e Regina Coeli. Inverosimile perché il solo carcere di Bollate, che dovrebbe essere aperto fra breve, è costato 250 miliardi, sia pure nel corso degli anni: immaginare una media di 8 miliardi per la costruzione o la ristrutturazione di un istituto di pena significa non andare oltre la semplice progettazione. Anche in tal caso, l'avvio di un programma così impegnativo, in assenza di una copertura finanziaria, equivale a fare la bella figura di chi mette in cantiere tante opere, lasciando a chi verrà dopo l'onere di realizzarle effettivamente. La conferma che non si tratta di malignità è costituita dalla circostanza che per il triennio 2001-2003 la dotazione finanziaria è prevista in complessivi 300 miliardi (p. 4 della relazione): si è ben oltre la presa in giro!

Di presa in giro deve parlarsi pure quanto al personale. Riporto l'articolo 3 del d.d.l. Fassino:"La distribuzione del personale dell'Amministrazione giudiziaria, nell'ambito e tra le aree professionali, è modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (…), purché le modifiche non comportino oneri aggiuntivi rispetto alla dotazione organica complessiva(…)".Chiaro? Non si parla di incremento di personale, bensì di "distribuzione", e - manco a dirlo - la parola d'ordine è nessuna nuova spesa ("non…oneri aggiuntivi"). Per avere presto a disposizione nuovo personale della polizia penitenziaria si percorre una scorciatoia pericolosa: l'articolo 4 riduce da dodici a sei mesi il periodo di formazione per la nomina ad agente e l'articolo 6 riduce da diciotto a dodici mesi il corso di formazione dell'allievo ispettore. Da anni si insiste sulla necessità di preparare adeguatamente chi a vario titolo è impegnato nella polizia penitenziaria, anche al fine di fronteggiare situazioni di particolare emergenza, sul piano umano prima ancora che della sicurezza: la risposta del governo è un abbassamento della qualificazione, con la riduzione, della metà o di un terzo, del tempo per la formazione. Chi taccia il Polo di irresponsabilità dovrebbe spiegare se comportamenti come questi appaiono invece equilibrati.

Al nulla in termini di incremento di organici, di miglioramento delle strutture e di copertura finanziaria segue invece la sostanza in termini di abbassamento della soglia di sicurezza. Quattro articoli del "pacchetto", dal 18 al 21, riguardano gli extracomunitari, e aggiungono confusione a un istituto - quello dell'espulsione - già poco chiaro, per la sovrapposizione di competenze penali e di competenze amministrative: sorprende, in termini di insicurezza, l'aumento a tre anni della soglia della condanna entro la quale può avvenire l'espulsione (articolo 20), perché aumenta parallelamente la gravità dei reati che hanno motivato quella condanna. Sorprende ancora di più che l'espulsione avviene pure quando è disposta a carico dell'extracomunitario la misura della custodia in carcere: la norma (articolo 19) prevede inoltre che, "acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, il giudice dichiara con sentenza non doversi procedere". In tal modo chi da un extracomunitario subisce lesioni personali, o un furto, o una truffa, resta privo di qualsiasi possibilità di soddisfazione; rischia poi di vederselo sotto casa dopo 48 ore: giusto il tempo che riprenda il gommone per tornare in Italia.

L'articolo 30 sostituisce il carcere con la custodia domiciliare in caso di condanna fino a due anni di reclusione. Oggi si viene condannati a due anni di reclusione anche per una rapina aggravata o per una violenza carnale, se si è fatto ricorso al patteggiamento o al rito abbreviato. A maggior ragione, in questo tetto di pena rientrano le condanne per furto in appartamento o per scippo: esattamente quei delitti che il "pacchetto sicurezza" targato Bianco vorrebbe considerare autonomamente, ai fini di una più adeguata repressione. Infine, l'articolo 39 detta nuove regole per la liberazione anticipata, equiparando a un anno di reclusione inflitta otto mesi di effettiva espiazione: è il frutto dell'elevazione dell'abbuono da 45 a 60 giorni per semestre. Ma è pure il frutto di un coerente lassismo: non potendo ottenere una tantum l'indulto, che cosa c'è di meglio che realizzarne uno mascherato e permanente, attraverso misure che, tenendo una fascia di delinquenti fuori dagli istituti di pena, elevano la soglia di insicurezza sociale?

Dunque, il "piano Fassino" non è soltanto un bluff. E' anche fonte di pericolo per gli onesti. E' quello che riesce a concepire un governo che per l'intero 2000, in piena emergenza, spenderà per le carceri qualche miliardo in più di quello che la Lazio ha speso per acquistare Crespo.

On. Alfredo Mantovano

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