ALFREDO
MANTOVANO Deputato al Parlamento italiano RESPONSABILE DI A.N. PER I PROBLEMI DELLO STATO |
Interventi sulla stampa |
Pubblicato sul Secolo d'Italia | il | 24 giugno 2000 |
La Storia e il fango Di fronte alle reazioni che hanno fatto seguito alla bozza di relazione dei DS per la Commissione stragi, più d'un esponente della Quercia ha replicato invocando "pacatezza e serenità", aggiungendo che la pacificazione nazionale più volte auspicata presuppone il rispetto per la verità. Volendo sviluppare considerazioni "pacate e serene", parto proprio dal rispetto per la verità: chissà come si comporterebbero i DS, che hanno promosso o presenziato all'illustrazione della bozza, di fronte a una condanna pronunciata in sede penale nei loro confronti, fondata su documenti anonimi, su fonti qualificate "autorevoli" ma non meglio descritte, su informative di organi di polizia del cui esito processuale nulla si sa, su dichiarazioni di "pentiti" - come Digilio - che sono ancora al vaglio del giudice. Eppure, conclusioni così pesanti quali è dato leggere nella relazione derivano dalla paccottiglia appena descritta, anche se l'ex Guardasigilli Diliberto la definisce "fatti incontrovertibili". La presenza di Maceratini nella Grecia dei colonnelli? Spiega la relazione: "risulta da alcune note" (sic, senza ulteriori precisazioni). Il collegamento stretto fra il capogruppo dei senatori di Alleanza Nazionale e il terrorismo di estrema destra? E' così documentato: "Una nota nr. 224/1001 del 25 settembre 1974 inviata dal Direttore di divisione dell'Ispettorato per l'azione contro il terrorismo al dirigente del Nat (nucleo anti-terrorismo) della questura di Torino" rivela che "il noto avv. Francesco Bignasca, di anni 55, cittadino svizzero […] avrebbe depositato nella repubblica elvetica, in un istituto bancario, buona parte dei fondi della ditta Mondial Import-Export, indicata dalla stampa di sinistra come dedita al traffico di armi e i cui massimi esponenti sono i noti dr. Romano Coltellacci, Giulio Maceratini e Mario Tedeschi". Ergo: la conclusione certa - Maceratini ha finanziato l'eversione nera - deriva da un insieme di elementi consistiti in una nota il cui esito processuale è sconosciuto, in un versamento di fondi che quella stessa nota non dà per sicuro ("avrebbe depositato"), a sua volta effettuato in un "istituto bancario" del quale non viene fatto il nome, in un legame fra la ditta menzionata e il depositante, non documentato, e in una relazione fra la stessa ditta e il traffico delle armi "indicata dalla stampa di sinistra" (che, come è nell'esperienza di chi ha subito processi a mezzo stampa, costituisce fonte di prova inoppugnabile). E' un esempio, fra i tanti che emergono scorrendo le 300 e più pagine della bozza, di come quest'ultima appare destinata a costituire più che la base di una relazione parlamentare, il corpo del reato di un processo per calunnia a carico di chi l'ha redatta. Premesso questo, va aggiunto che chi oggi, avendo avuto un passato nel Msi, viene additato alla pubblica esecrazione come collaterale allo stragismo, è in ottima compagnia: a partire dai Comitati civici del prof. Gedda, per continuare con il Vaticano, reo di una sorta di concorso esterno nell'ingerenza USA in Italia, e quindi nella strategia atlantista di sovversione a mezzo bombe, non si salva proprio nessuno. Se una parte consistente del dossier non avesse dedicato tante pagine al sen. Maceratini, l'attenzione dei mass media si sarebbe rivolta agli altri soggetti che sono indicati come coinvolti nella strategia della tensione: dall'Azione Cattolica ai "partigiani bianchi", colpevoli questi ultimi di aver conservato il moschetto anche dopo il 25 aprile 1945 (secondo i DS avrebbero dovuto evidentemente attendere, con "serenità e pacatezza", di essere prelevati e sottoposti al medesimo trattamento riservato alla brigata Osoppo dai partigiani comunisti e titini), fino alla Democrazia cristiana e al PSI. Sono in proposito significative le reazioni del PPI, ma anche del presidente Mancino. L'Alleanza atlantica avrà pure conosciuto delle ombre; ma queste non possono cancellare la luce costituita dall'aver risparmiato all'Italia la presenza totalitaria comunista. Né è serio asserire, come fa nelle pagine iniziali il dossier dei DS, che "era noto come l'esperienza sovietica non fosse applicabile in Italia, che - in base agli accordi di Yalta - rientrava nella sfera di influenza degli americani". Gli accordi di Yalta non hanno impedito la costituzione e la ramificazione di Gladio rossa, con il suo carico di armi, di centri di addestramento militare e di collegamenti con l'Urss, anche e soprattutto finanziari. Al di là delle precisazioni post factum dell'on. Mussi, la tesi della strategia atlantista della tensione, oltre a non essere documentata, se non da bufale, continua a rivelare una opposizione di principio alla scelta occidentale dell'Italia nel dopoguerra. Interrogativo d'obbligo: posto che l'iniziativa del dossier non proviene da peones diessini, ma dai suoi dirigenti più autorevoli, che peraltro hanno avuto cura di circondarsi di presenze istituzionali importanti, come il ministro della Giustizia, quale è il suo senso politico? Certamente quello di porre in difficoltà Alleanza Nazionale sulla scena europea, alla vigilia delle elezioni politiche che probabilmente la riporteranno al governo; e, attraverso AN, quello di porre in difficoltà l'intero schieramento della Casa delle libertà, che regge e acquista consensi perché è di centro-destra (non perché è soltanto di centro). La spinta a separare dalla coalizione una destra ritenuta ancora eversiva - l'aggressione ad AN è rivolta a un suo significativo esponente - mira a sottrarre alla coalizione moderata non soltanto i voti di AN, ma anche quelli di coloro - e sono tanti - che esprimono il consenso agli altri partiti del Polo, confortati dal legame del centro con la destra. E' bassa campagna elettorale. Bassa e incoerente: fin dall'inizio di questa legislatura abbiamo ascoltato, in pubblico e in privato, apprezzamenti diessini nei nostri confronti, accompagnati dall'ipocrita rammarico che fossimo alleati dell'on. Berlusconi; abbiamo assistito a ripetuti richiami alla pacificazione nazionale; abbiamo incontrato rispetto e considerazione per il lavoro svolto dentro e fuori il Parlamento. Oggi tutto questo è messo da parte, in nome della convenienza propagandistica. Non è un caso che, naufragata la prospettiva di demonizzare il Polo attraverso l'uso strumentale della giustizia contro il suo leader, appaia a freddo l'uso strumentale di una Commissione di inchiesta per demonizzare il principale alleato di Forza Italia. Alleanza Nazionale non deve giustificare nulla. Né ha ulteriori passi da compiere sulla via della legittimazione democratica: Fiuggi, Verona, le alleanze in sede europea e il quotidiano impegno in tutti gli ambiti istituzionali documentano la sua identità e la conformità nei fatti delle sue tesi ideali. Ma - a mio avviso - non c'è soltanto propaganda elettorale. C'è anche l'ansia dei DS di recuperare sul piano interno e di arrivare presto al voto. Divisi sulla leadership della coalizione, divisi sulla legge elettorale, divisi sulle scelte economiche, divisi sulla giustizia, in particolare sulle carceri e sull'amnistia, che cosa li può tenere uniti, se non l'identificazione di un nemico esterno, tanto più terribile in quanto parastragista? E ancora: rispetto all'ordinario e quotidiano logoramento, che rischia di far recuperare qualche briciola in percentuale alle forze centriste della coalizione di sinistra, che cosa c'è di meglio di una bella accelerazione, che spiazzi tutti e conduca presto al voto? Se i DS vogliono questo, lo dicano con chiarezza, ma anche con estrema onestà, senza infangare le persone e la Storia. Questo pantano rappresenta per noi una ragione in più per andare alle urne. On. Alfredo Mantovano |
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