ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: Economia Pag. 33) |
Sabato 18 marzo 2006 |
Enrico Marro Il rapporto Fondazione Agnelli/Sis-Gcd: nel 2050 la popolazione scenderà a 44 milioni
«L’Italia che lavora invecchia, spazio agli immigrati»
Se il tasso di fecondità non aumenta, nel 2050 in Italia la popolazione sarà scesa a 44 milioni rispetto ai 57 milioni attuali. Le forze lavoro caleranno nei prossimi 15 anni di oltre 3 milioni e invecchieranno al proprio interno. Nel giro di cinque anni, gli stranieri presenti (tra regolari e clandestini) potrebbero salire da tre milioni e mezzo a 10 milioni. Sull’analisi sono tutti d’accordo. E, del resto, i dati presentati ieri dagli esperti nel corso del convegno organizzato dal CorrierEconomia parlano da soli. L’Italia invecchia a ritmi da record. Abbiamo il primato internazionale dei giovani che restano nella famiglia d’origine: il 68% dei maschi e il 60% delle femmine tra 18 e 34 anni mentre all’estremo opposto c’è la Danimarca con percentuali rispettivamente del 18 e dell’8%. Quando i giovani arrivano finalmente a costruirsi una famiglia fanno pochi figli. Avremo sempre più bisogno di immigrati, ma la maggioranza di quelli che arrivano restano clandestini, mentre soltanto una minoranza riesce, dopo 10- 15 anni e il superamento di innumerevoli difficoltà, a diventare cittadino italiano. Sulle ricette per affrontare la situazione, nei due schieramenti politici, rappresentati ieri da Maurizio Sacconi (Forza Italia) e Alfredo Mantovano (Alleanza nazionale) per il centrodestra e da Livia Turco (Ds) ed Enrico Letta (Margherita) per il centrosinistra, prevalgono le divisioni rispetto alle convergenze. «Un comune sentire sarebbe auspicabile - ha detto Sacconi -, ma temo invece che ci sia tra noi una profonda divergenza». Insomma, sarà colpa della campagna elettorale, ma neppure sulla questione demografica appare possibile una politica bipartisan. Del resto, in gioco, come ha detto Livia Turco, c’è «un profondo ripensamento dello Stato sociale», argomento sul quale si scontrano due diverse impostazioni. La Casa delle Libertà, ha spiegato Sacconi, pone l’accento sul «welfare to work» (la flessibilizzazione del mercato del lavoro tesa ad aumentare il tasso di occupazione, soprattutto giovanile e femminile, sulla scia della riforma Biagi). L’Unione, invece, parla di una precarizzazione crescente che va fermata per ristabilire un clima di sicurezza sociale, dal lavoro stabile alle politiche per la casa, che favorisca la realizzazione dei progetti di vita. Certo, hanno ammesso Turco e Letta, c’è un problema di risorse. «Sappiamo che la spesa pubblica dovrà crescere», ha detto il responsabile economico della Margherita. Però, ha aggiunto l’esponente ds, «per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema dovremo puntare su un universalismo selettivo, dove il cittadino compartecipa alla spesa sulla base del reddito». Secondo Mantovano, invece, «visto che molte competenze sono delle Regioni, per trovare le risorse, non c’è alternativa al federalismo fiscale». I professori Antonio Golini, Francesco Billari e Gian Carlo Blangiardo che, coordinati da Maurizio Ferrera, hanno illustrato il rapporto curato dal Gruppo di coordinamento per la Demografia della Sis e dalla Fondazione Agnelli, hanno ascoltato con attenzione gli interventi dei politici, sperando di non restare inascoltati. «Circa 25 anni fa - ha ricordato Golini - in un convegno prospettammo all’allora ministro della Pubblica istruzione il calo di alunni nelle elementari che poi si sarebbe puntualmente verificato e gli suggerimmo di spostare i maestri verso gli asili di cui invece ci sarebbe stato bisogno». Ma il consiglio non fu seguito. Enrico Marro
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