ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Gior. La Naz. Rest. Domenca 17 febbraio 2002





Un'inchiesta utile ma non imparziale


Mani pulite celebra oggi il suo decennale. E' stata una grande operazione giudiziaria per eliminare, con la chirurgia penale, il cancro della corruzione ormai elevata a sistema diffuso e impunito di finanziamento della politica. Se guardiamo a cosa accade oggi a Torino, con la vicenda Odasso, fotocopia del caso Zampini degli anni ottanta e di quello del «mariuolo» Chiesa (nella foto) nel '92, dobbiamo concludere, concordando con Alfredo Mantovano, che la corruzione c'era e ancora c'è. Questo non vuol significare che Mani pulite sia stata inutile. Anzi. Dieci anni dopo ci si deve chiedere, invece, se è stata davvero imparziale come appariva negli anni eroici (tra il 1992 e il 1994 dubbi e critiche apparivano delitti di lesa maestà per il pool di Milano) e se il saldo politico finale è più positivo che negativo. Nella valanga di interviste e apparizioni televisive dei protagonisti di quella stagione c'è la rivendicazione di avere operato bene. «Rifarei tutto», ha detto Antonio Di Pietro a questo giornale. E ancora oggi dice: «Ci sono stati errori, non abusi». Ma chi glielo dice a signori come Adamoli, Generoso e Darida, incarcerati e assolti? Dal coro si dissocia Italo Ghitti, il giudice che firmava gli arresti proposti dal pool, e per questo accusato di essere «appiattito sui pm». Già nell'ottobre del '93, quando fu prosciolto il tesoriere di Botteghe oscure, aveva compreso che l'immagine di imparzialità della grande inchiesta si era incrinata. E seppure non sono arrivate le condanne penali, dice oggi, c'è una sanzione di fatto: è stata chiusa la sede del partito, venduto il giornale. Segno che in quel sistema di finanziamento c'era a pieno titolo. Si riferisce, è chiaro, al Pds-Ds. Quanto al giudizio più politico, come ha osservato Sergio Romano, Mani pulite ha costretto la magistratura a svolgere un'opera di supplenza della politica, l'ha portata a porsi al di sopra dei poteri legislativo (bocciando leggi e decreti) ed esecutivo (determinando dimissioni di ministri con un avviso di garanzia). Con l'avallo o l'omissione, complici, dei politici che pensavano di trarne beneficio elettorale di fronte a una opinione pubblica osannante. Quel tempo, e quel rischio oggettivamente antidemocratico, per fortuna è alle spalle. Il potere che deriva dal voto dei cittadini ha ripreso il posto, e la responsabilità, che gli compete.

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