TOGHE AL BIVIO Aspro confronto tra i poli in materia giudiziaria, con l’opposizione furiosa per lo stop alla sua legge Letta: «Una corsia preferenziale»
RIFORMA GIUSTIZIA MASTELLA TRA DUE FUOCHI
La scelta «mite» del disegno di legge non piace a Di Pietro e magistrati. La Rnp chiede invece un’intesa con la CdL
Da Roma Danilo Paolini
Un atto di «rispetto verso il Parlamento». Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta spiega così la scelta del governo di non ricorrere al decreto legge, ma di optare per un disegno di legge per sospendere alcuni effetti della riforma dell'ordinamento giudiziario. Letta auspica espressamente «una corsia preferenziale» in entrambe le Camere per il provvedimento, approvato come previsto dal Consiglio dei ministri di ieri. Ma lungo la strada potrebbero non mancare gli ostacoli: la CdL è infuriata per lo stop alla sua legge di riforma, mentre nella maggioranza da una parte Di Pietro e i suoi avrebbero preferito un intervento più deciso, dall'altra la Rosa nel pugno auspica modifiche e «un'intesa bipartisan». Quel che è certo è che si profila un nuovo aspro scontro tra i poli in materia di giustizia, proprio all'indomani del richiamo al dialogo pronunciato dal capo dello Stato al plenum del Consiglio superiore della magistratura.
Il ministro della Giustizia Clemente Mastella avrà un bel po' da fare per portare alla meta integri e nel minor tempo possibile i quattro articoli del ddl in questione. Già il senatore a vita Francesco Cossiga ha annunciato il suo voto contrario. E a Palazzo Madama la maggioranza è risicata. «Un disegno di legge ci sembrava l'atto più corretto dal punto di vista della procedura parlamentare», riflette però il guardasigilli, che per primo aveva parlato di decreto ma poi è tornato sui suoi passi, dopo un colloquio al Colle con Napolitano. Il dietrofront non è piaciuto all'Associazione magistrati, preoccupata dai tempi lunghi dell'iter parlamentare che non eviteranno la temporanea entrata in vigore (il 18 e 19 giugno) di due dei tre decreti delegati da sospendere.
Ma per il ministro «l'importante è che si arrivi a una conclusione che tenga conto dei magistrati e dell'intero mondo della giustizia, che è fatto anche dagli avvocati e dagli altri operatori». Per il titolare delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, tuttavia, bisognava intervenire d'urgenza, con un decreto legge. E nella seduta di ieri a Palazzo Chigi l'ex-pubblico ministero ha sollevato obiezioni. «Qualcuno ha insistito per il decreto», conferma Mastella, senza fare il nome del collega. Più tardi Di Pietro si rivelerà da sé, sostenendo che «la procedura scelta induce a temere l'arrivo dei gravi danni che questa riforma comporterà».
La critica innervosisce il partito di Mastella, l'Udeur («Di Pietro la smetta di fare il guascone», avverte il capogruppo alla Camera Mauro Fabris), mentre il resto dell'Unione plaude alla scelta del governo, dal diessino Carlo Leoni al prodiano Franco Monaco, al comunista Marco Rizzo. Ugualmente positivo il giudizio di Roberto Villetti (Rnp), che aggiunge la speranza di modifiche in Parlamento frutto di un'intesa con l'opposizione, in quanto nella riforma fatta dalla CdL - afferma - «elementi assai negativi si accompagnano a innovazioni da non lasciar cadere».
Naturale che nel centrodestra si reputi invece tutto da salvare, in particolare da parte del "padre" della legge sull'ordinamento, l'ex-ministro Roberto Castelli (Lega Nord). Il quale si consola comunque: «Il ddl Mastella non fermerà la riforma». Per Isabella Bertolini di Forza Italia è un chiaro segnale che «l'esecutivo Prodi è controriformista, non sa fare altro che distruggere quanto fatto dal governo Berlusconi». Il ddl è «pilatesco», secondo Erminia Mazzoni dell'Udc, perché «rischia di consegnare all'immobilismo il mondo della giustizia». Il problema vero è capire «se il governo ha un suo progetto di riforma dell'ordinamento», dichiara Alfredo Mantovano di Alleanza nazionale, convinto che «la cambiale» firmata da Mastella all'Anm stia già andando «in protesto».
|