ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su Messaggero Veneto
(Sezione:    Pag.     )
Martedì 4 Marzo 2003

Lucia Visca

«I Ros seguivano i terroristi»

Rapporti tesi tra il Viminale e i carabinieri Il ministro Pisanu riferirà alla Camera


ROMA. Quando oggi il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu aprirà la riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza non cercherà soltanto gli elementi per riferire domani alla Camera sull’assassinio brigatista di Castel Fiorentino. Il ministro, chiamando a raccolta i massimi responsabili della prevenzione, della sicurezza e dell’ordine pubblico, vorrà anche sapere chi, come e perché era sulle tracce di Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi. Vorrà sapere perché tre agenti, sia pure con esperienza, della polizia ferroviaria si sono trovati faccia a faccia con la disperazione del «tanto peggio, tanto meglio» delle Brigate rosse. Perché dal carcere di Trani sono stati trasferiti in fretta e furia, già l’altra sera, otto brigatisti irriducibili. Avevano, come in passato, contatti con gli irriducibili all’esterno? Erano in grado di partecipare alla discussione ideologiche che negli ultimi anni ha giustificato le più varie alleanze pur di rimettere in piedi il Partito comunista combattente? Ecco perché qualcuno comincia a pensare al regime di carcere duro dei mafiosi, il cosidetto 41 bis, anche per i terroristi. Tutte queste cose il ministro dell’Interno le vorrà sapere perché, come avviene da decenni, le indagini sul terrorismo procedono e rallentano secondo logiche spesso contraddittorie.

Si è sparsa ieri la voce che i Ros dei carabinieri seguissero da tempo i due brigatisti, che fosse stato individuato da tempo un covo romano. «Allora perché non li hanno arrestati? Perché non sono intervenuti? O diranno che ancora una volta gli abbiamo guastato l’indagine, altrimenti sgominavano le Brigate rosse?», c’è chi sbotta nei corridoi del Dipartimento sicurezza al Viminale. Vorrà sapere il ministro dell’Interno quanti sono davvero i brigatisti in libertà. Che pericolo rappresentano. Sono 150, come risulta dai conteggi dele inchieste giudiziarie e degli analisti dei servizi? Oppure 25 come sostiene il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano? Oppure 40 come calcola Massimo Brutti, sottogretario nel precedente governo con delega alla polizia? «Non brancoliamo più nel buio.

Si sta avvicinando il momento per rendere giustizia alla memoria dei compianti professor D’Antona e professor Biagi, ai loro familiari, all’intera società italiana», parole di Giuseppe Pisanu, il cui entusiasmo si è spento nel corso della giornata. L’arresto di Nadia Desdemona Lioce e la morte di Mario Galesi, dopo lo scontro a fuoco costato la vista al sovrintendente Emanuele Petri, continuano a ripetere al Viminale è stato un caso, ma anche la conferma di un’intuizione. Si sa ora che su quella linea ferroviaria vengono compiuti circa 300 controlli di documenti al giorno. La colonna attiva delle Brigate Rosse, «né vecchie né nuove, sempre le stesse», viene fatto notare, mantiene le abitudini di sempre. Una di queste è spostarsi in treno, nascondersi nell’anonimato e nell’evidenza della folla. In più dall’assassino di Lando Conti, sindaco di Firenze, nel 1986, a quello di Marco Biagi i brigatisti si sono sempre mossi in centro Italia, con basi a Roma e in Toscana.


 

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