ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
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Venerdì 19 Maggio 2006

di MARIO STANGANELLI

 

 

 

 Berlusconi: non cancellerete le nostre riforme

Fischi e proteste dalla Cdl su Iraq e economia. Fini: discorso senza idee e colpi d’ala


 

ROMA - «La sinistra non riuscirà a cambiare le nostre riforme. Noi saremo lì a vigilare perché non possano essere cancellate né la legge Biagi, né la legge sull’immigrazione, né le altre riforme realizzate dal nostro governo. E al Senato soprattutto i numeri ci consentiranno di impedirlo». E’ ormai sera quando Silvio Berlusconi tira le somme per tutta la Cdl rispetto alle linee programmatiche enunciate da Romano Prodi a palazzo Madama. Prima di lui un gran numero di esponenti del centrodestra ha seccamente bocciato il discorso del Professore, dando vita già in aula ad aspri botta e risposta con il presidente del Consiglio. Le interruzioni, accompagnate da qualche fischio, cominciano quando Prodi definisce un «grave errore» la guerra in Iraq e la partecipazione dell’Italia, sentendosi ribattere dai banchi di Forza Italia «vergogna, vergogna». Altro battibecco sull’economia, ma con il Professore all’attacco che accusa il governo Berlusconi di aver destinato alla ricerca solo l’1,1% del Pil. E così via, fin quando, concluso l’intervento del premier, inizia il tiro al bersaglio della Cdl sulla prima uscita del nuovo governo. «Un discorso - ha detto Gianfranco Fini - senza un solo colpo d’ala, un’idea nuova e suggestiva, un fremito di passione civile. Reso ancor più noioso dalla pletora di sociologismi della peggior cultura di sinistra».

Ancora più duro del leader di An, il coordinatore di FI Sandro Bondi, secondo il quale Prodi «ha pronunciato un discorso di totale discontinuità nei confronti dell’eredità riformista del governo Berlusconi, anche con accenti di rara disonestà, ma in coerenza con la sua personalità». Il futuro delle riforme preoccupa anche il leghista Calderoli che vede all’orizzonte «un governo di restaurazione, non di riforme», anche alla luce del referendum del 25 giugno, rispetto al quale l’ex ministro delle Riforme considera «un grave vulnus per il Parlamento la contrarietà del presidente del Consiglio a un referendum su cui il popolo deve ancora pronunciarsi». Anche l’Udc, sia pure in termini meno aspri, non concede nulla a Prodi: «Un discorso di basso profilo per esigenze dei partiti, fatto per non scontentare nessuno, che dimostra la precarietà di questo governo», dice il vicepresidente del Senato Mario Baccini. Mentre l’ex segretario scudocrociato Marco Follini si sforza a trovare «qualche buona intenzione» nel discorso del premier, ma «nessuna idea-guida».

«Il peggior governo possibile per l’Italia, marcato da forti tendenze estremiste», è la conclusione del forzista Fabrizio Cicchitto, che tra gli obiettivi di Prodi vede «lo smantellamento delle riforme qualificanti del centrodestra». Quanto alla manovra di politica economica, il vicecoordinatore di FI parla di «buio a mezzogiorno», mentre giudica «assolutamente grottesca la celebrazione dell’etica fatta addirittura in polemica con il precedente governo, da parte del capo di un esecutivo nel quale è fortissima la corrente dell’Unipol». Forti riserve sulla politica dell’immigrazione sono avanzate dall’ex sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, di An, chiedendosi se, in base al programma del nuovo governo, «l’Italia debba rimanere nell’Europa o tornare ad essere, come lo era all’epoca del primo governo Prodi, il ventre molle del Mediterraneo» . Vede nero anche l’ex Guardasigilli Castelli, il quale teme «che stiano tornado i tempi cupi in cui il Nord veniva sfruttato da Roma».

In questo panorama di ostilità dichiarate, il Professore può consolarsi con le promesse di due senatori a vita boder line tra i due poli: Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che voteranno la fiducia al suo governo. L’ex Picconatore ha annunciato il suo sì a Prodi «in quanto - ha detto - ritengo che egli sia, per le sue qualità umane e politiche, la persona più idonea a gestire una fase decisiva nella vita del Paese come l’attuale».


    

 

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