Bepi Castellaneta
Mantovano ricuce lo strappo con i magistrati
Il sottosegretario: «Le polemiche sono alle spalle». Il pg Dibitonto boccia la separazione delle carriere
BARI — La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è quasi terminata, quando il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano esce dall’aula al terzo piano del palazzo di giustizia di via
Calefati e sparge ottimismo sulle divisioni sorte attorno alla questione giustizia, divisioni che hanno
lacerato i rapporti tra governo e magistratura. «Ma
le polemiche per me sono già alle spalle», dichiara
il sottosegretario. Il quale comunque dice che «c’è
un partito trasversale che non vuole le riforme, un
partito che ha esponenti nei diversi schieramenti
che si contrappongono». Mantovano però aggiunge: «È il momento di mettere in campo i problemi,
come è avvenuto qui e negli altri distretti di Corte
d’Appello, ed è quindi l’ora di pensare a trovare le
soluzioni, sia pure con differenti impostazioni». SEPARAZIONE DELLE CARRIERE — I n ogni caso, anche se le parole di Mantovano suonano come un’inversione di tendenza a livello governativo dopo un periodo di aspre contrapposizioni, le polemiche ci sono
e sono emerse anche ieri, nel corso di una delle cerimonie più affollate degli ultimi anni, una cerimonia caratterizzata dall’allarme lanciato dal procuratore generale Riccardo Dibitonto sulla criminalità economica. Ma proprio Dibitonto, nel suo discorso, interviene anche sulle riforme messe in cantiere dal governo sulla giustizia e boccia senza mezzi termini l’ipotesi di una separazione delle carriere:
«È ridicolo parlare di separazione con questo sistea costituzionale», dichiara il pg. Ma su questo
punto Mantovano precisa poi che «ormai si discute solo di separazione delle funzioni».
LE PROTESTE — L’aula è stracolma, e spiccano i grandi fascicoli bianchi della Costituzione: i magistrati
li stringono tra le mani, un segno di protesta, ma
anche un appello per difendere l’autonomia della
magistratura; poi ci sono i girotondini con adesivi e striscioni,
e ancora: avvocati, politici, rappresentanti delle forze di polizia e tanta gente comune. Dibitonto non usa mezzi termini,
per lanciare l’allarme criminalità nel distretto di Bari.
L’ALLARME DAL TERRITORIO — Il pg sottolinea il rischio terrorismo,
ma anche l’escalation della
droga, l’avvio di una nuova stagione del contrabbando da
parte di frange della sacra corona unita radicate ormai in Belgio. Dibitonto parla del giro di denaro
sporco prodotto da questo complicato apparato
criminale alimentato con criteri manageriali, e
spiega che i clan «hanno colto tempestivamente le
enormi opportunità offerte dalla globalizzazione
dei mercati finanziari e commerciali e dagli straordinari strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico». Il pg ha preso la parola dopo l’introduzione del presidente della Corte d’Appello,
Giacinto De Marco, che ha lanciato un appello a
mettere da parte i contrasti sottolineando la necessità di cercare «l’armonia» e affermando che
«nell’amministrazione della giustizia sono indispensabili le convergenze di tutti mentre sono deleterie le conflittualità». Poi la relazione di Dibitonto, il quale nel suo discorso spiega che «in alcuni casi, la politica ha lasciato irrisolte determinate
questioni per ragioni di popolarità» costringendo i
magistrati a diventare «factotum costituzionali».
LE REAZIONI — Dibitonto è stato più volte interrotto dagli applausi . Il suo discorso è stato apprezzato
dai magistrati presenti in aula. «È una relazione che
ci lascia soddisfatti», dice il sostituto procuratore
antimafia Giuseppe Scelsi; anche il pm della Dda,
Elisabetta Pugliese, sottolinea che «il procuratore
generale ha toccato tematiche molto importanti e
ha avuto il coraggio di rompere la routine che a volte ci può essere in questo genere di relazioni».
ECOMAFIA — Dibitonto ha affrontato anche il problema dell’ecomafia, e cioè l’interesse delle cosche
per il settore dei rifiuti, una questione particolarmente grave in una regione in cui la commissione
parlamentare antimafia ha accertato l’esistenza di
650 discariche abusive. E su questo punto, il procuratore generale rileva che non c’è stata una risposta «né pronta né immediata» della magistratura spiegando che «ciò dipende anche dalla scarsa attenzione governativa a investire risorse finanziarie adeguate per combattere tale fenomeno». Bepi Castellaneta
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