ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su Il SOle 24 ORE - SUD (Sezione: SICILIA Pag. 11) |
Mercoledì 24 marzo 2004 |
ENZO ROSSI
CRIMINALITA' - La sfiducia nello Stato aumenta - Sito di Confesercenti per le segnalazini anonime - Nell'isola un terzo del fondo di solidarietà
Il pizzo incontra pochi ostacoli
In Sicilia il pizzo sta riconquistando quei territori dove era stato marginalizzato grazie anche alle ribellioni dei taglieggiati negli anni Novanta. Ma, secondo le associazioni antiracket, a questa recrudescenza del fenomeno non corrisponde un aumento delle denunce che anzi tendono a diminuire, mentre ad umentare è la paura. Come durante il processo di «Fiducia», celebrato qualche mese fa a Catania contro 59 imputati di estorsione: diversi commercianti e imprenditori non ammettevano di aver subito estersioni neanche in presenza di esplicite intercettazioni ambietali. E la scorsa settimana, dopo l'operazione contro 25 persone del clan Laudani, il procuratore della Repubblica di Catania, Mario Busacca, ha detto: «Il racket non sarà debeLlato senza la collaborazinoe delle vittime: anche in questa operazione le vittime hanno negato di essere taglieggiate». Da un sondaggio commissionato da Confesercenti alla Swg, che ha intervistato 200 imprenditori e commercianti siciliani, tra cause che spiccano la «mancanza di fiducia nelle istituzioni» (25,6%) e la «paiura di danni materiali a beni di proprietà» (19,2%) «A Catania il calo delle denuncie nell'ultimo anno è enorme - afferma Adriana Guarnaccia, presidente dell'associazione antiestersione catanese «Libero Grassi» - mentre le estersioni aumentano. Secondo le nostre stime l'80% dei commercianatsi pagga. Per rilanciare la lotta al racket è necessaaria una grossa campagna d'informazione sui benefici previsti per chi denuncia: l'ultima è stata nel 2001». Secondo i dati del ministero dell'Interno, forniti dalla Federazione antiracket italiana (Fai), Catania con 224 estorsioni denunciate nel 2002 è al primo posto tra le provincie siciliane, seguita a notevole distanza da Messina (77) e Palermo (73), ma gli ultimi dati disponibili, aggiornati all'agosto 2003, rivelano che le denunce a Catania sono state solo 77 e a Palermo appena 28. E nel 2002 la Sicilia rappresentava il 12,6% delle denunce a livello nazionale per pizzo e usura, nel 2003 la quota è scesa di due punti percentuali (10,8) con 296 segnalazioni per il primo reato e 187 per il secondo. Non solo: secondo il presidente della Fai, Lino Busà, nel 2003 le denunce tendono a diminuire ovunque. Dato ammersso dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, che pone «il calo delle denunce tra le ombre della lotta al fenomeno. Ma abbiamo una buona legge antiracket e le forze dell'ordine hanno ottenuto ottimi risultati». Il dente duole resta comunque la sfiducia nelle istituzioni. Anche secondo l'ex commissario antiracket Tano Grasso è la causa principale di questa «anemia» di testimoneianze. «Le istituzioni - spiega Grasso - deveno far sentire la loro presenza e il Governo deve mettere la lotta al racket in primo piano nell'agenda politica: è un fenomeno che condiziona un quarto dell'economia italiana». Il taglieggiamento però cambia più velocemente di qualsiasi azione legislativa. «A Palermo nell'ultimo anno il racket si è diffuso in maniera molto capillare - racconta il presidente di Confersecenti Sicilia, Julio Cosentino - e le pretese degli estorsori sono diminuite, in modo che paghino tutti e nessuno si ribelli: è difficile che qualcuno rischi in prima persona per piccole cifre». Per questo motivo, l'associazione ha appena lanciato, in collaborazione con la prefettura di Palermo, un area risevata sul sito wwww.confersercentisicilia.it, per denunciare in forma anonima. L'unico campo obbligatorio del modulo elettronico è l' e-mail: si racconta la propria storia e si entra in contatto con i legali dell'associazione. «Le cosche - aggiunge Grasso - sono meno aggressive che in passato. In alcuni casi, tollerano la denuncia purchè non diventi simbolica». Restano le eccezioni. Come Siracusa, dove sono nel mirino soprattutto gli esercizi che stanno rivitalizzando il centro storico. E dove un pub è stato distrutto per la seconda volta dopo che il titolare aveva denunciato e riscostruito con il fondo di soidarietà
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