ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su L'ARENA
(Sezione:    Pag.     )
Venerdì 21 Febbario 2003

 

INDAGINE BNC-CENSIS./ Senza la criminalità organizzata l’economia meridionale eguaglierebbe quella del Nord

La mafia uccide il pil del Sud


Roma. Il M ezzogiorno d’Italia sarebbe economicamente pari al nord se solo non ci fosse la mafia ( nella foto, la strage di Capaci ). La scoperta arriva dallo studio promosso dalla Fondazione Bnc in collaborazione con il Censis nell’ambito del programma «Cultura dello sviluppo e della legalità nel Mezzogiorno». Dalla ricerca emerge che, parametrando il dato del nord a cento, il sud avrebbe un pil pro capite di 97,1.

È lo sviluppo potenziale del sud d’Italia, senza il cosidetto «zavorramento mafioso» , ovvero la mancata crescita del valore aggiunto delle imprese meridionali causata dalla «presenza pervasiva» della criminalità organizzata , che è valutabile in 7,5 miliardi di euro l’anno. Il volume di ricchezza non prodotta rapportato al valore del p il (il prodotto interno lordo) del Mezzogiorno, è spiegato, ne rappresenta il 2,5 per cento : un «tasso di zavorramento mafioso annuo» che, applicato agli ultimi vent’ anni, produce forti effetti. Ma l’ombra della criminalità sulle imprese non si manifesta solo in termini di mancata crescita economica, ma anche di costi da sostenere per dotarsi di sistemi di sicurezza , che ammontano a circa 4,3 miliardi di euro, pari al 3,1 per cento del fatturato complessivo delle imprese considerate nella ricerca. Inoltre , il mancato valore aggiunto avrebbe potuto generare almeno 180 mila unità di lavoro regolari annue, cioè il 5,6 per cento di quelle utilizzate attualmente dalle imprese fino a 250 addetti nel M ezzogiorno. Tra gli imprenditori, e risulta chiaramente dal contesto, serpeggia un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, e anche verso le associazioni per la lotta al racket e all’usura: ben il 67 per cento degli intervistati ritiene che le associazioni per la lotta al taglieggiamento siano inutili , e per un’ulteriore quota del 21 per cento essi rappresentano una pericolosa esposizione a lle ritorsioni delle organizzazioni criminali. Se da un lato , però , c’è la forte denuncia di un contesto insicuro nelle aziende di Campania e Puglia, dall’altro lato si registra un basso tenore di denuncia di atti criminali tra gli imprenditori siciliani e calabresi.

Il dato sta a indicare - sottolinea l’istituto di ricerca - in queste regioni un senso di assuefazione o di accettazione alla convivenza con fenomeni che distruggono intere parti del tessuto produttivo meridionale. Fa riflettere , dunque , il fatto che per il 78 per cento degli imprenditori calabresi e per il 51,5 per cento di quelli siciliani le attività criminali sul territorio sono rare. Resta il fatto che solo una minoranza del campione - i l 38 per cento - non ha mai sentito parlare di danni arrecati dalla criminalità alle imprese, mentre per il 62 per cento le aziende sono vittime di vessazioni o di imposizioni di vario tipo. Furti, danneggiamenti, estorsioni e rapine sono i reati di cui si sente maggiormente parlare, ma non manca chi, fra gli intervistati, denuncia nuove forme di controllo della criminalità sul sistema delle imprese. Questo diffuso senso di paura spinge quasi il 70 per cento degli imprenditori intervistati ad affermare che l’imprenditore subisce nel Mezzogiorno troppi condizionamenti esterni, tanto da non sentirsi completamente libero nelle proprie decisioni; e questo clima esasperato spinge il 25 per cento a denunciare una eccessiva difficoltà a «continuare la propria attività».

I l sottosegretario all’interno Alfredo Mantovano, nell’invitare gli imprenditori, sopratutto quelli del nord, ad avere più coraggio e a lavorare al sud denunciando i tentativi di estorsione o intimidazione, sottolinea che è necessario un maggior controllo degli appalti, insieme ad una semplificazione delle norme.


 

vedi i precedenti interventi