ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Avvenire | Domenica 10 marzo 2002 |
Alessandra Turrisi
La guerra del naufragio
LAMPEDUSA (Agrigento). Dopo la tragedia è il giorno delle polemiche. Quelle sui giornali e nei palazzi della politica, che non possono accettare un naufragio senza un perché. Una sessantina di immigrati sono annegati in mezzo al Canale di Sicilia, senza che nessuno riuscisse a portarli in salvo, e la Marina militare diventa la prima imputata. «Poteva fare di più, trainare il barcone in avaria», aveva denunciato uno dei pescatori coinvolto nei soccorsi al largo di Lampedusa. Ma lo Stato maggiore della Marina puntualizza: «Il soccorso di un'imbarcazione in difficoltà è la prima regola per tutti coloro che vanno per mare, militari o civili che siano. E nel caso specifico non ci possono essere competenze o precedenze di intervento. Chi può presta il suo aiuto. La nave Cassiopea, impegnata nei normali compiti di vigilanza sulla pesca - continua -, si trovava a 74 miglia dal luogo dell'incidente. Giunta sul posto, ha constatato che la nave degli immigrati era già stata presa a rimorchio dal peschereccio Elide. Né in quel momento si poteva pensare, con un mare salito a forza 5, di far compiere ad un'unità militare da 1.500 tonnellate una manovra pericolosissima come il tentativo di prendere a sua volta a rimorchio l'imbarcazione in difficoltà». Ma sul fronte politico le polemiche non si placano. «Tanti interrogativi sono ancora senza risposta - insiste Giulio Calvisi dei Ds - In particolare ci chiediamo perché è passato così tanto tempo fra l'Sos e il verificarsi della tragedia. Perché il compito del salvataggio è stato delegato a un peschereccio?». Mentre il Codacons ha inviato alla procura di Agrigento, che nel frattempo ha aperto un'inchiesta, un esposto per accertare il comportamento del comandante della Cassiopea. Ma lo scontro coinvolge anche le politiche sull'immigrazione. La diessina Livia Turco si dice «indignata delle parole e del modo con cui il governo italiano, tramite il ministro Gasparri e il sottosegretario D'Alì, ha affrontato una tragedia immane. Invece di chiarire che cosa è accaduto, si sono impegnati in uno sciacallaggio, attribuendo la responsabilità all'attuale legge e arrivando a sostenere che una tragedia simile non sarebbe accaduta se fosse già in vigore la riforma Bossi-Fini». Sulla stessa linea il vice presidente dei deputati della Margherita Agazio Loiero e Rosy Bindi del Ppi, che chiede «un radicale ripensamento della proposta di legge sull'immigrazione». Mentre il sottosegretario alla Difesa Francesco Bosi definisce «pretestuose le critiche rivolte alla Marina», e quello dell'Interno Alfredo Mantovano chiede «di premere sui Paesi di provenienza, altrimenti le disgrazie continueranno». Intanto ieri sono proseguite le ricerche dei 50 clandestini dispersi in mare. Nessun altro corpo, però, è stato trovato finora nel Canale di Sicilia. Le forti correnti e il mare mosso lasciano pensare che molti corpi siano stati spinti lontano dall'area del naufragio. Le unità della Marina Cassiopea e Driade e due motovedette hanno continuato a scandagliare il mare. Alle ricerche hanno contribuito anche gli equipaggi di otto motopescherecci della flotta di Mazara del Vallo. Parallelamente a Lampedusa i carabinieri hanno proseguito gli interrogatori degli undici sopravvissuti per verificare l'attendibilità del racconto fatto sul tragico viaggio della speranza cominciato in Turchia. Gli investigatori temono un depistaggio, per paura di vendette dei traghettatori. Sull'isola sono giunti anche il prefetto di Agrigento Nicola Simonre e il questore Fulvio Della Rocca. Quattro pescherecci di Mazara, invece, hanno trasportato a Porto Empedolce i cadaveri dei dodici clandestini recuperati venerdì.
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