ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Avvenire (Sezione: Oggi Italia Pag. ) |
mercoledì 18 gennaio 2006 |
Da Roma Paola Coppo
Sicurezza informatica, Italia in ritardo
New York, 1914. Un noto capomafia italoamericano radunò i suoi avvisandoli di non usare il telefono: c'era il rischio di essere "intercettati" dalle forze dell'ordine. A raccontare l'aneddoto è Edward Luttwak, consulente del Governo Usa, al 12° appuntamento del ciclo di convegni, "Dalla informatizzazione all'innovazione", organizzato dal Cnipa (Centro nazionale per l'Informatica nella pubblica amministrazione) e svoltosi ieri presso la sede del Cnr. Da quel lontano 1914 è passato quasi un secolo, ma il problema della sicurezza nelle tecnologie (ieri il telefono, oggi la rete informatica) è ancora di scottante attualità. Garantire la sicurezza e tutelare la privacy nell'uso digitale dei dati personali è, infatti, l'argomento e l'obiettivo di cui ieri hanno discusso esperti del settore ed autorità. Se è vero, infatti, che ormai ai cittadini basta un clic per pagare bollette, richiedere certificati o prenotare una visita medica, e se è anche vero che più passa il tempo più si dimezza la pila di carta sulle scrivanie degli uffici (quella che il presidente Cnipa, Livio Zoffoli ha chiamato "dematerializzazione"), è anche vero che il dato personale "dematerializzato", va comunque tutelato. Ovvero: l'informatizzazione della Pubblica amministrazione non deve sacrificare la riservatezza dei dati personali. Al cittadino che fa uso di questi nuovi strumenti tecnologici si deve, cioè, garantire «la massima affidabilità, integrità e correttezza delle informazioni», sostiene Claudio Manganelli, presidente del Comitato tecnico nazionale sulla sicurezza informatica nella PA, per «vivere in libertà - aggiunge il presidente Garante per la protezione dei dati personali, Francesco Pizzetti - nel mondo moderno». L'Italia in questo però non è stata molto brava: nel 2004, rileva il rapporto del Cnipa, solo il 43% delle amministrazioni centrali «dichiara di avere nominato un responsabile della sicurezza Ict (Tecnologie dell'informazione); solo il 37% di avere definito formalmente una policy» in tal senso o ancora, «solo il 22% di disporre di un gruppo interno di gestione degli incidenti». Insomma: si può e si deve fare di più. E per farlo occorre «mettere mano al portafoglio», ha suggerito il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano. L'aumento dei «reati informatici», ha infatti aggiunto Mantovano, è un dato di fatto che ci fa capire che «la sicurezza ha un costo»; costo che deve essere concepito come un vero e proprio «investimento»; soprattutto in un momento in cui, precisa il sottosegretario all'Interno, si teme un'«aggressione allo Stato tramite l'intrusione nel sistema informatico». A conclusione dei lavori, l'intervento del ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi: accanto alla diffusione di una «cultura della sicurezza» nella pubblica opinione, si auspica la creazione di un'«agenzia nazionale per la sicurezza delle reti informatiche».
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