ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Avvenire (Sezione: PRIMO PIANO Pag. ) |
Domenica 19 Gennaio 2003 |
Da Roma Danilo Paolini ANNO GIUDIZIARIO Il Guardasigilli intervenendo a Milano conferma la sua linea: la sovranità è solo del popolo. L’Anm non ci sta: lo sfascio è sotto gli occhi di tutti «Spetta al governo riformare il sistema»
In nome del popolo sovrano. Dopo aver disposto che in tutti i Tribunali campeggiasse la norma costituzionale secondo cui «la giustizia è amministrata in nome del popolo», Roberto Castelli ha mantenuto la rotta anche partecipando all'inaugurazione dell'anno giudiziario nel distretto di Milano. È la «centralità del popolo», ha scritto infatti nella sua relazione, la «fonte di legittima azione primaria di qualsiasi espressione dell'articolazione organizzativa e istituzionale dello Stato». Della politica, quindi, ma pure della giustizia, perché «titolare della sovranità non è un concetto o un'entità astratta, bensì l'insieme dei cittadini, persone reali e in carne ossa». Nel giorno in cui molti magistrati, avvocati e "girotondini", in tutta Italia, si sono presentati nelle Corti d'appello con la Costituzione tra le mani, il ministro della Giustizia ha ripetuto chiaro il suo messaggio: sarà il governo a riformare l'ordinamento giudiziario «in ottemperanza al mandato ricevuto dal Parlamento e, ancor prima, dal popolo sovrano». E l'esecutivo, secondo il guardasigilli, già «molto ha fatto in termini di impegni e di azioni concrete», raggiungendo «notevoli traguardi», in particolare con la riforma del diritto societario, di lotta al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata. Quanto alle risorse finanziarie, poi, Castelli ha sostenuto che «il governo nel 2003 ha stanziato per la giustizia la cifra record di 6 miliardi e 244 milioni di euro, la cifra più alta mai stanziata nel nostro Paese». Infine l'appello «a dimostrare volontà e capacità di rinnovamento» rivolto «a tutti, soprattutto a quei magistrati che vogliono accettare la sfida della post-modernità e non arroccarsi a difesa dell'esistente». Ma l'entusiasmo del ministro non è condiviso dall'Associazione nazionale magistrati, promotrice della "mobilitazione costituzionale", che ieri pomeriggio ha riunito il proprio comitato direttivo centrale. «Più che le parole valgono i fatti e la situazione è so tto g li occhi di tutti», ha mandato a dire a Castelli il presidente del "sindacato" delle toghe, Edmondo Bruti Liberati, ricordando «lo stato di disfunzione» di tutti gli uffici giudiziari. Considerazioni analoghe si raccolgono in abbondanza all'interno dello schieramento di centrosinistra, dove il vicepresidente della Margherita Arturo Parisi ha definito l'apertura dell'anno giudiziario nei 26 distretti di Corte d'appello come «una sconfortante cerimonia funebre per dar conto di un'infinita agonia» e il processo come «un infinito gioco dell'oca al quale possono vincere soltanto i ricchi». Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, ha rincarato la dose: «Castelli ha descritto il Paese delle favole, non quello reale». Caustico il diessino Gavino Angius: «Signor ministro, dica la verità almeno nelle aule di giustizia...». Il clima, insomma, è quello solito che si respira da anni in Italia intorno alle cose giudiziarie. A detta di Alfredo Mantovano (An), sottosegretario all'Interno, non è però questione di poli. Piuttosto - ha affermato - «c'è un partito che non vuole le riforme e ha esponenti nei diversi schieramenti che si contrappongono» e lo stesso vale per il partito del dialogo. «Torniamo alla Costituzione», è l'invito di Enrico Boselli (Sdi), che ha fatto proprio il richiamo del vicepresidente del Csm Virginio Rognoni affinché «ognuno torni al suo posto». A cominciare dalla magistratura che, secondo il segretario socialista, è affetta da «eccessiva politicizzazione» e ieri ha attuato «una protesta controproducente».
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