ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Avvenire (Sezione: Oggi Italia Pag. ) |
Giovedì 1 Maggio 2003 |
Pino Ciociola
Dal Nostro Inviato
A Chisinau (Moldavia)
Otto di sera, un bimbetto biondo di nove anni passeggia davanti l'albergo. E a chi entra o esce allunga una mano per chiedere qualche moneta. Tre di notte passate da poco, è ancora lì. Sette e tre quarti di mattina, il piccolo continua a passeggiare. «Ma non sei andato a dormire?». «No», risponde. Ecco la Moldavia. Ecco perché, qui, nella capitale, la notte s'incontrano ragazzini che dormono sui tombini per scaldarsi. Perché di bordelli e donne a venti euro ce ne sono quanti e quante se ne vogliono. E perché le ragazze che arrivano nel nostro da questo Paese (che l'abbiano deciso, quasi mai, o che siano state schiavizzate, quasi sempre) sono la terza nazionalità, per numero, fra le prostitute straniere. Per questo il Parlamento moldavo il 26 aprile del 2001 ha varato una legge che permette il cambiamento del cognome e/o del nome un'infinità di volte a qualsiasi cittadino che abbia compiuto sedici anni, attraverso una semplice richiesta all'Ufficio di stato civile e un'attesa di appena due mesi: gran bel piacere, cioè, ai trafficanti di esseri umani e schiaffo in faccia ai Paesi di destinazione di ragazze e clandestini, visto che a un condannato ed espulso basta una settantina di giorni per sfoderare una nuova identità e rientrare tranquillamente. Dettaglio illuminante. Poco meno del sessanta per cento del prodotto interno moldavo è costituito dalle rimesse che arrivano dall'estero: soldi freschi, tanti e con lo stesso colore degli altri. Nel frattempo la tratta qui è fenomeno devastante. Irina è una cucciola moldava di sette anni, la mamma si prostituiva in Italia e adesso, ospite in una delle case famiglia della Fondazione Regina Pacis, collabora dopo aver denunciato i trafficanti di donne: «Io non ho la fortuna di stare con te - le ha scritto nella sua ultima lettera - Ma so che mi vuoi bene e vorresti essere vicina a me, però i soldi non bastano e sei stata costretta ad abbandonarci. Da allora sono rimasta sola e ti aspetto, sistemando ogni giorno la casa e sperando nel tuo arrivo. Mamma, non posso sopportare a lungo questa situazione». Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, è venuto a Chisinau per partecipare al convegno che don Oreste Benzi ha organizzato nella capitale moldava e per presentare la campagna d'informazione in Moldavia, Ucraina, Romania e Albania che il nostro governo ha finanziato e realizzato insieme con la Fondazione Regina Pacis di Lecce (che nella Repubblica Moldava, come anche l'Associazione Papa Giovanni XXIII, ha in piedi case di accoglienza e progetti di recupero). Materiale informativo, lettere, spot e grandi manifesti già nelle strade per 200mila euro nei quattro Paesi interessati. Ma sarà dura. Da queste parti il governo sembra tutt'altro che deciso a collaborare per salvare le sue ragazze. Spiegava ieri - durante la presentazione - Mihail Titov, ricco imprenditore presidente di una Ong locale, che «sembra che ormai a noi moldavi dia anche fastidio parlare di tratta, che abbiamo altri problemi cui pensare». Lo stesso Mantovano è stato chiaro: «Intendiamo realizzare con i governi albanese, moldavo, ucraino e rumeno un progetto finalizzato a ottenere in ciascuna di queste nazioni una serie di attività volte a facilitare protezione e reintegrazione delle vittime della tratta, oltre che prevenzione». Il suo omologo moldavo, il viceministro dell'Interno Botnari, sedutogli al fianco, annuiva. Salvo, cinque minuti più tardi, non rispondere alla domanda di una cronista locale sulla volontà politica del governo moldavo di stroncare prostituzione e tratta.
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