ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su Avvenire (Sezione: Pag. ) |
Domenica, 1 maggio 2005 |
Da Roma Paola Coppo
Berlusconi: posso lasciare se nasce il partito unico
A sorpresa, Silvio Berlusconi conferma, e in maniera mai così chiara, di essere pronto a farsi da parte, ma a una condizione, quella di realizzare il "sogno" di un partito unico del centrodestra, che permetta la realizzazione del «bipartitismo perfetto» e dia «stabilità» al sistema politico. Un annuncio che fa alle 8.30 del mattino del 30 aprile. Polo blu e maglione sulle spalle, affronta le domande di due cronisti, "invitati" nel cortile di palazzo Grazioli, sul dibattito che anima il centrodestra. L'idea del partito unico è un modo per fare un passo indietro o per rilanciare la sua leadership? «Non è né l'una né l'altra cosa», risponde Berlusconi, sottolineando che si tratta semplicemente «di mettere sotto lo stesso tetto, nella stessa casa, tutti i partiti moderati». Un progetto che «deriva dalla constatazione di ciò che è successo in questi 4 anni in cui non siamo riusciti ad avere una coalizione in cui vigesse il principio democratico per cui la minoranza si adegua alle decisioni della maggioranza». Per governare in maniera efficace «si deve istaurare un sistema bipolare o all'interno di una federazione o all'interno di una casa comune». Meglio la seconda ipotesi. «L'idea del partito unico ce l'ho da quando sono entrato in politica e ne ho parlato più volte con Casini, Fini e persino con Tatarella, già nel '94». Se invece ci si limitasse ad una federazione, questa dovrebbe avere delle «regole precise» che impediscano ad una singola componente di avere «diritto di veto» sulle decisioni collegiali. Ora si parla esplicitamente della sua successione... Una cosa capibile perché «ci sono dei protagonisti che avendo ormai 50 anni pensano alla propria carriera politica e al proprio destino», replica Berlusconi, che dice di avere «una età che comporta anche la possibilità di una uscita dalla politica». Un ritiro che «non deve lasciare disordine» e soprattutto non deve «diminuire le possibilità di vittoria della coalizione». Quali le condizioni per lasciare? «Deve essere collegato al raggiungimento di un grande risultato che è quello di avere finalmente una democrazia che consenta la stabilità dei governi», risponde, «convinto della necessità di fare un passo avanti verso la formazione di una casa comune dei moderati in cui i vertici vengano scelti con regolari elezioni». A quel punto potrebbe lasciare? «Credo che se dovessimo arrivare al partito unico e al bipartitismo perfetto, non avrei nulla in contrario a considerare la mia esperienza conclusa». Potrebbe essere nel 2006? «Se noi avessimo fatto questo grande passo avanti verso il partito unico, e se avessimo dei sondaggi che dimostrassero che c'è qualcuno che dà maggiori garanzie, io nemmeno nel passato avrei avuto remore a lasciare». E chi sarebbe adatto? «Abbiamo tante personalità. Valuteremo se sono arrivate a un punto tale di apprezzamento da parte dei nostri elettori da poter assumere la responsabilità di guida». Fabrizio Cicchitto di Fi sottolinea che «come ha giustamente detto Fini per ciò che riguarda An, la prospettiva della costruzione di un soggetto unico implica nell'immediato la compattazione e il rilancio dei partiti della CdL». Mario Landolfi, Alfredo Mantovano e Gennaro Malgeri di An preferiscono concentrarsi sull'ipotesi di federazione: «Dovrà esserci un grande confronto costituente fra i partiti della CdL che non potrà prescindere da un progetto basato su concetti politici, sociali, e culturali tali da essere in grado di disegnare il profilo di un bipolarismo finalmente compiuto». Per Mario Tassone (Udc) per ora si tratta di «una cosa nebulosa». Ma il periodico di riferimento dell'Udc "Formiche" analizza: «È chiaro che noi, per parte nostra, suggeriamo di seguire la via popolare europea che, peraltro, sarebbe più in sintonia con la storia politica del nostro Paese. Tuttavia, se l'obiettivo è la semplificazione del quadro politico fino al bipartitismo, è giusto prevedere anche la fase intermedia e speculare alle due coalizioni: una doppia polarizzazione all'interno sia della CdL che dell'Unione». Ossia due perni federati, di qua e di là.
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