ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Avvenire
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Venerdi 27 agosto 2004

Dal Nostro Inviato A Rimini Angelo Picariello

L’invito è a non cedere al panico D’Ambruoso:«Molte cellule già smantellate»

 

 Mori (Sisde): all'Italia minacce reali, ma siamo pronti


 

Si deve dialogare e rispettare le culture degli altri, ma deve anche essere chiaro che in Italia le regole le dettiamo noi». La stoccata finale del direttore del Sismi Mario Mori è sottolineata da un convinto applauso, a Rimini.

Si parla di terrorismo internazionale, e da parte di tutti, anche del magistrato Stefano D'Ambruoso e del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, l'invito è a non abbassare la guardia, ma anche a non cadere nella trappola del terrore, facendo il gioco di chi proprio terrore intende seminare. Ma fatalmente si finisce per parlare anche di immigrazione, di dialogo possibile. Avendo ben chiara una cosa però: «I terroristi, è impensabile che arrivino dalle carrette del mare», dicono all'unisono Mantovano e D'Ambruoso: «E teorizzarlo può essere causa di xenofobia», dice il pm milanese autore di importanti indagini.

Quanto al dibattito sulla Bossi-Fini e all'idea di un "tagliando" evocata da Pisanu, il sottosegretario di An si smarca dal «suo» ministro: «Ha dato ottimi risultati, semmai va applicata meglio», dice ipotizzando anche un intervento sul sistema delle quote: «Potrebbero restare solo come premio nei confronti dei Paesi che sviluppano migliori relazioni con noi. Per il resto quando si incontra domanda e offerta di lavoro non ci sarebbe ragione di porre altri inutili vincoli».

Luci ed ombre nell'analisi di D'Ambruoso: «Le indagini partite all'indomani dell'11 settembre hanno portato a sgominare le reti principali di al Qaeda, ma i gruppi si sono creati di nuovo. Certo, in Italia ci sono al massimo cellule di supporto logistico, ma questo non può tranquillizzarci, in Spagna gruppi del genere hanno fatto da base per la strage che terroristi arrivati da fuori hanno poi compiuto. Tuttavia abbiamo il dovere di restare ottimisti, non possiamo pensare di rintanarci in casa», dice D'Ambruoso. Ottimismo per due motivi: «Per la maggiore capacità di prevenzione e la migliore conoscenza del fenomeno che abbiamo acquisito. Anche se il terrorismo con cui facciamo i conti è costituito pure di singoli jihadisti, difficilmente controllabili», avverte, e «non è paragonabile a quello brigatista, per il quale da una sola operazione si poteva pensare di arrivare a sgominare tutta una rete», concorda Mantovano.
«Ci dobbiamo anzi abituare che il pericolo può arrivare proprio dall'immigrato della porta accanto, dall'impiegato del supermercato o dall'idraulico», sostiene Mori, che cita anche un dato: le moschee, in Italia, diventate 528 da 110 che erano nel '96. Dato non inquietante in sé, naturalmente, ma realtà da monitorare bene, nel rispetto reciproco. Così come non è inquietante un altro dato che fornisce Mantovano, gli immigrati «che sono diventati 2 milioni e mezzo e diventeranno 3 milioni con i ricongiungimenti familiari, nel giro di pochi mesi». Un'altra realtà, però, con cui fare i conti tenendo insieme dialogo e sicurezza. Ma è scettico Mori sulla parola integrazione. «Tutt'al più parlarei di dialogo, l'integrazione fra culture così diverse non è facilmente ipotizzabile».

La ricetta, allora, sono tutti d'accordo, è: attenzione massima sulla sicurezza, ma senza rinunciare alle nostre abitudini: «Nell'analisi costi-benefici che i terroristi fanno la paura diffusa sarebbe una spinta pericolosa ad agire».
Mantovano chiude tornando all'immigrazione. Dialogo senza cedimenti, è anche la sua ricetta. Evoca il suo Salento e la resistenza opposta ai musulmani giunti dal mare, dalla cittadinanza di Otranto (nel 1400) fino al martirio, pur di non abiurare alla fede cattolica: «A volte mi chiedo se c'è ancora fra noi questa capacità di non abiura».


    

 

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