ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Avvenire
(Sezione: Oggi Italia       Pag.     )
Giovedi 05 maggio 2005

Luca Liverani

ALFREDO MANTOVANO (AN)

  

 «Non demonizzare il non voto: è costituzionalmente fondato»

E dal centrodestra Martino, ministro della Difesa, dice che voterà quattro volte sì


 

da Roma

Sottosegretario Alfredo Mantovano, lo sa che Giuliano Amato dice che «l'astensione è un delitto» anche per i cattolici?
Singolare questa demonizzazione: i Ds nel 2003 al referendum del Prc sull'articolo 18 teorizzarono con Fassino il non voto. Ora parlano di linea furbesca dell'astensione.

La segreteria Ds manda segnali più distensivi: votiamo sì, ma senza promuovere crociate ideologiche.
Posto che il termine crociata per me non ha un senso spregiativo, ricordo che senza l'aiuto dei Ds i Radicali non avrebbero mai raccolto le firme sufficienti. Chi ha concorso ad elevare le barricate non è stato certo chi ha voluto la legge 40, per la quale si è discusso per oltre sette anni. Noto del nervosismo tra chi si è sempre opposto a questa legge e mi stupisce la durezza di linguaggio di Amato. Il non voto, lo si è detto mille volte, è costituzionalmente fondato. Se è vero che dal non voto deriva l'invalidazione del referendum per norma costituzionale, c'è una differenza fondamentale tra il non votare ai referendum e non votare alle elezioni. Solo nel secondo caso c'è un rifiuto del sistema democratico.

Il fronte è trasversale sia tra i favorevoli che tra i contrari. Il ministro Antonio Martino dice che «i cittadini devono poter decidere da soli, non sono imbecilli». Che se si vieta l'eterologa bisognerebbe vietare anche l'adulterio. Ed esclude un ritorno al Far West della provetta.
Quando non c'era la legge io una sera, girando tra i canali televisivi, ho assistito alla televendita di ovociti per la fecondazione, da parte di uno dei sostenitori, non un politico, dei referendum. E poi non si può affrontare un tema così delicato con le battute: Martino che conosce bene gli Stati Uniti dovrebbe sapere che lì c'è una casistica sempre più consistente di crisi di coppia scatenate da una nascita ottenuta con l'eterologa: problemi di identità sia del figlio, che dei genitori giuridici che non sono quelli biologici. Senza citare ogni considerazione sulla sorte degli embrioni o sul fisico della donna sottoposta ai bombardamenti ormonali. Il pensiero che quel figlio non sia proprio è una bomba a orologeria che prima o poi esplode tra i coniugi. Ovviamente non è comparabile con l'adozione, dove esiste già un essere umano abbandonato.

Stefano Rodotà dice che «servono nuove regole», ma «guai a confidare in un uso autoritario del diritto».
A qualche giorno dalla conclusione della sua esperienza al vertice dell'Authority sulla privacy, è un'affermazione molto interessante: per 8 anni abbiamo assistito a una serie di limiti non sempre immediatamente percepibili, derivanti dall'autorità guidata dal professor Rodotà. Ora dice che ci vuole elasticità. Esistono regole che spesso appaiono come dei formalismi, altre poste a tutela della vita umana e della famiglia, beni naturali che hanno fondamento costituzionale. E basta con questa storia che i difensori della legge 40 sono il partito della Cei o la quintessenza del clericalismo. È una battaglia laica. Il Papa a inizio d'anno parlò di quattro sfide per l'umanità: pane, pace, libertà, vita. Perché se si parla di pane, pace e libertà non c'è rischio di essere bollati come clericali?


    

 

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