Da Roma Giovanni Grasso
«Ho l'impressione che il fronte del sì al referendum sulla procreazione assistita stia annaspando e sposti continuamente i termini della questione per evitare di affrontarla nel merito». Il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano (An), sostenitore dell'astensione, si dice preoccupato per la piega che stanno prendendo i toni della battaglia referendaria: «Dopo il ministro Prestigiacomo - spiega Mantovano in questa intervista - anche il segretario dei Ds Fassino è sceso in campo per dire che il vero obbiettivo di chi difende la legge 40 è quello di modificare la legge sull'aborto. È un falso problema, strumentale. E denuncia a mio parere le difficoltà in cui si dibatte il fronte del sì».
In che senso, onorevole Mantovano?
All'inizio i referendari hanno innalzato la bandiera della difesa della ricerca scientifica. E poi sono arrivati gli scienziati a dire che dalla legge 40 la ricerca non subisce alcun danno. Allora i sostenitori del sì hanno provato a rispolverare il feticcio del clericalismo; ma poi a favore dell'astensione sono scesi in campo laici a tutto tondo come Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara e altri e così anche quest'arma si è spuntata. Poi si sono erti a paladini della libertà e della democrazia e hanno denunciato penalmente i presidenti di Camera e Senato e il cardinal Ruini. L'ultimo atto è l'allarme sulla legge sull'aborto. Un allarme che non ha alcun fondamento.
E perché?
Per due motivi. Il primo è che l'articolo 14 della stessa legge 40 fa esplicitamente riferimento alla salvaguardia dei principi contenuti nella 194. Il secondo è che aborto e fecondazione assistita, pur presentando alcuni legami, sono dal punto di vista legislativo due aspetti completamente diversi. Nel caso dell'interruzione volontaria di gravidanza, come ha chiarito più volte la Corte Costituzionale, sono in gioco due diritti, quello del feto alla vita e quello, considerato prevalente, della madre alla salute fisica e mentale. Chi abortisce lo fa in genere per una gravidanza non desiderata. Difficile sostenere che chi si reca a compiere un intervento di procreazione assistita possa invocare una totale inconsapevolezza.
C'è adesso anche la questione delle denunce penali a carico del cardinale Ruini e dei presidenti di Camera e Senato. Lei che è un magistrato, che ne pensa?
Le denunce sono deliranti. Le norme alle quali i denuncianti fanno riferimento risalgono a parecchi anni fa e mirano a punire ministri del culto o alte cariche dello Stato che strumentalizzino la loro carica per costringere persone a votare in un certo modo ai referendum. Una pacata e fondata presa di posizione, espressione di convincimenti religiosi e morali profondi, come quelle espresse da Ruini, Pera o Casini non possono essere definite come costrizione. Ricordo che la Cassazione nell'84 assolse con formula piena un sacerdote che era stato denunciato per aver espresso suoi convincimenti sul referendum sull'aborto.
E in quali casi, invece, la legge dovrebbe scattare?
Solo nel caso in cui ci fosse una costrizione reale, un sacerdote, a esempio, che costringa una persona a votare in un certo modo minacciandolo di negargli i sacramenti; oppure di un presidente di Camera che imponga ai suoi dipendenti di astenersi, pena licenziamento o sanzioni disciplinari. Vorrei anche ricordare che a seguito di una assoluzione, i denuncianti incauti possono essere a loro volta incriminati per calunnia.