ALFREDO MANTOVANO
RESPONSABILE DI A.N. PERI PROBLEMI DELL O STATO
Comunicato del 6 luglio 1999 ore 11.00
Mantovano (AN) a Cirio, Maritati e Casilli: errare humanum, perseverare…
Le reazioni dei destinatari della mia lettera sulla vicenda di Surbo lasciano francamente sconcertati. Dice Cirio: il Cirio di cui si parla nel decreto di scioglimento non sono io. E' falso! Leggo nella relazione del ministro dell'Interno al Presidente della Repubblica del 20-9-91, preparatoria del decreto di scioglimento del Consiglio comunale: "emergono da più fatti i collegamenti tra i Vincenti e ben più di un componente del Consiglio comunale (Manno, Leone, Cirio). Lo stato di soggezione delle Amministrazioni comunali di Surbo, succedutisi nel tempo, nei confronti del clan Vincenti, è comprovato poi dal fatto che tutti gli appalti più recenti sono stati ad essi aggiudicati". Il processo a carico della giunta municipale di Surbo ha riguardato una serie di abusi collegati proprio alla concessione di appalti alle ditte dei Vincenti, e in quel processo vi era un solo Cirio: Antonio Cirio, n. Surbo 5.9.91. Aggiunge Cirio: quanto al processo per abuso, sono stato definitivamente assolto dalla Corte di Appello. E' falso! Dopo la sentenza della Cassazione di annullamento con rinvio, la Corte di Appello di Lecce con la sentenza n. 842 del 7.5.99 (riporto i dati per l'on. Casilli, il quale mi esorta a indicare i documenti) ha dichiarato i reati estinti per prescrizione: il che vuol dire che i reati c'erano, solo che è passato troppo tempo; richiamato il principio stabilito dalla Cassazione - "non pare dubitabile la sussistenza del carattere di illegittimità (…) insito nelle deliberazioni" della giunta di cui faceva parte Cirio -, i giudici del rinvio precisano, con riferimento agli abusi contestati in ben tre capi di imputazione (a-, d- ed e-), riguardanti gli appalti per la raccolta dei rifiuti, per la potatura del verde e per l'affissione dei manifesti, che "non solo non è possibile una valutazione di insussistenza del fatto delittuoso (…), ma le risultanze processuali evidenziano elementi di segno assolutamente contrario ad una siffatta valutazione". Che però Cirio dica il falso è ciò che sorprende di meno; è quanto affermano gli altri che preoccupa.
Dice Maritati: perché non mi hai avvertito prima, magari informalmente? Vivremmo nel paese di Heidi se pensassimo davvero che di fronte a una serie di fatti pubblici - la candidatura di Cirio nel PPI, il consenso che ha raccolto a Surbo e l'appoggio esplicito fornito a Maritati e Casilli - bastava una mia telefonata confidenziale al neo senatore, della serie "fai attenzione alle cattive compagnie". Ribadisco che il sindaco di Surbo si è riferito in qualche modo a questa vicenda in un comizio tenuto prima del 13 giugno e in un'intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno del 16 giugno: chi voleva poteva intendere e non girarsi da un'altra parte.
Peccato che né Maritati né Casilli (e neanche Ria) rispondano sul problema sostanziale che ho posto, che è di natura politica, e in quanto tale interpella la politica nel Salento: chi, come Antonio Cirio, è stato parte attiva di un consesso sciolto per mafia, e successivamente ha riportato una condanna per gli stessi fatti che hanno provocato quello scioglimento, può tranquillamente tornare sulla scena politica? Se ritengono che ciò sia possibile, come è già avvenuto nei fatti, lo dicano senza problemi e senza girare tanto intorno: ciascuno ne trarrà le giuste conseguenze. Se invece, dopo aver ricevuto il sostegno esplicito di questa persona, hanno cambiato idea, non bastano le professioni verbali di antimafia; è necessario essere coerenti, fin dalle scelte immediate: col sistema delle rinunce, collegato al conferimento degli assessorati nella nuova giunta, Cirio potrebbe entrare nel consiglio provinciale guidato da Ria. I partiti della maggioranza consentiranno a che ciò avvenga? E' una prima verifica concreta, sulla quale costruire un autentico patto per la legalità, che deve però conoscere ulteriori passaggi. Mi impegno personalmente a chiedere al Commissario provinciale di Alleanza Nazionale, non appena sarà nelle sue funzioni, che ogni candidato a qualsiasi consesso elettivo proposto dal partito sottoscriva sotto propria responsabilità un'attestazione che esclude di aver riportato condanne per fatti collegati alla mafia, o di essere stato sottoposto a misure di prevenzione, o di aver fatto parte di consigli sciolti per mafia.
On. Alfredo Mantovano