![]() SOTTOSEGRETARIO DI STATO AL MINISTERO DELL'INTERNO Dipartimento della Pubblica Sicurezza |
Comunicato Stampa |
In relazione alle notizie, pubblicate negli ultimi giorni da varie testate giornalistiche, relative ai disagi lamentati, anche con modalità di protesta eclatanti, da taluni testimoni di giustizia, è opportuno precisare quanto segue:
a. i fratelli Giuseppe e Domenico Verbaro sono stati estromessi dal programma di protezione, loro applicato a partire dal 1997, con una decisione adottata il 17 aprile 2002 dalla Commissione che presiedo, su parere conforme della Direzione Nazionale Antimafia. Il provvedimento è motivato per l'atteggiamento tenuto dai Verbaro, di costante e violenta ostilità nei confronti del personale destinato alla loro protezione, e per le ripetute richieste di entrambi di esosi benefici in denaro, di alloggi in alberghi di lusso, di macchine blindate e di posti di lavoro per sé e per i familiari. I comportamenti seguiti dai due hanno compromesso ogni possibilità di protezione, poiché essi hanno spesso utilizzato le proprie generalità, invece di quelle di copertura, hanno rilasciato interviste a mass media anche locali, facendo facilmente risalire alla località protetta, e hanno inscenato proteste anche nei pressi del Viminale, fino a giungere - ciò che ha fatto Giuseppe Verbaro - a barricarsi all'interno della prefettura di Prato, a spargere di carburante il pavimento, e a tentare di darsi fuoco (a seguito di questo episodio è stato instaurato un procedimento penale concluso con la condanna del Verbaro, in data 15 marzo 2002, a 9 mesi di reclusione). E' da ricordare infine che i Verbaro hanno fruito di un contributo del Commissario antiracket e antiusura pari a £ 655.671.090.
b. Giuseppe Carini, ammesso al programma di protezione nel 1996 e fuoriuscito nel 1999 su conforme parere dell'autorità giudiziaria, aveva ricevuto all'epoca un congruo contributo finanziario (£ 90.000.000) per reinserirsi nella vita sociale. Nonostante ciò, il suo caso è stato riesaminato dalla Commissione in considerazione della pendenza di una controversia da lui instaurata contro il ministero dell'Interno e nel quadro della rivalutazione della figura e del ruolo dei testimoni di giustizia, anche alla luce delle modifiche introdotte sul punto dalla legge n. 45/ 2001. Dopo una approfondita valutazione delle proposte formulate da Carini, la Commissione gli ha proposto una integrazione del contributo erogatogli nel 1999, con l'aggiunta di circa 130.000 euro, e un inserimento lavorativo nell'area della educazione alla legalità, proprio al fine di valorizzare la sua passata esperienza di testimone, con un compenso annuo pari a circa 28.000 euro: in tal modo sarebbe stato garantito il risarcimento chiesto rispetto a ipotetici danni patiti in passato a seguito della propria condizione di testimone e, al tempo stesso, sarebbe stata assicurata la piena integrazione sociale. Carini ha espressamente rifiutato la proposta avanzata dalla Commissione e, benché quest'ultima abbia lasciato al Carini la possibilità di riflettere per più di un mese, ha confermato tale atteggiamento.
c. Fin dall'avvio dei lavori, avvenuto l'8 ottobre 2001, la Commissione ha applicato puntualmente la lettera e lo spirito delle disposizioni sui testimoni di giustizia contenute nella legge 45/2001, convinta del valore civile della testimonianza, decisiva soprattutto nei processi di criminalità organizzata. Ha avviato a soluzione le posizioni di più testimoni, curando sia eventuali risarcimenti, d'intesa col Commissario antiracket e col Commissario per le vittime della mafia, sia l'inserimento nella vita sociale e lavorativa. Questo lavoro, che comincia a produrre, fra l'altro, un incremento degli ingressi dei testimoni nei programmi di protezione, incontra l'ovvio limite dell'applicazione della legge e del più elementare buon senso. Limiti che casi come quelli appena riassunti vorrebbero ignorare; e che nessuna protesta consentirà di oltrepassare.
|
vedi i precedenti comunicati |