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Comunicato Stampa |
E così Ikea non solo decide di non mettere in vendita presepi nella catena dei suoi dodici magazzini diffusi in Italia, ma spiega che ciò avviene per evitare l’esposizione di simboli religiosi, e il presepe è, a differenza dell’albero di Natale, tipico della tradizione cattolica. E’ difficile comprendere quale sia, nel caso dell’azienda svedese, la linea di confine tra laicismo e insipienza, posto che fra queste due realtà non c’è incompatibilità. E’ certo però che nei negozi Ikea non mancano sculture etniche, che rinviano a tradizioni religiose animistiche e giardinetti zen, sì che il pregiudizio antireligioso coincide col pregiudizio anticattolico. Stupidità o ossequio laicistico che sia, è ancora più certo che la logica che ispira certe scelte dovrebbe coerentemente portare a eliminare dagli spazi pubblici ogni simbolo religioso, in quanto tale fonte di turbamento: un po’ come voleva fare un paio d’anni fa il sindaco di Parigi, a fronte dell’iniziativa dell’arcivescovo della capitale francese di erigere una croce sul sagrato di Notre Dame. Poiché né la stupidità né il laicismo possono pretendere di giungere a tanto, si può, per cominciare, far decidere il mercato, eliminando Ikea dall’elenco dei negozi dai quali fare spese. Un sano boicottaggio natalizio da parte non solo dei cattolici, ma di ogni persona di buon senso, inclusi quei tanti non credenti che dalla visione del presepe ricevono più conforto che turbamento, ben consapevoli che il sacro è parte della vita civile e sociale.
Mantovano e Quagliariello
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