ALFREDO MANTOVANO
Deputato al Parlamento italiano
RESPONSABILE DI A.N. PER I PROBLEMI DELLO
STATO

 


Interventi sulla stampa

 

Pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 24  dicembre 2000

CHE DESTRA BECERA! VUOLE CONFRONTARSI SUI DATI CONCRETI


Luan Toto fa di professione lo scafista. Il 18.5.95 è stato arrestato per la prima volta dall'autorità giudiziaria italiana, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ha patteggiato un anno e 4 mesi di reclusione: pena sospesa, scarcerazione, espulsione. E' stato arrestato la seconda volta il 6.6.98 per lo stesso reato, con le false generalità di Mehmet Kamberi. Ha patteggiato un anno e 11 mesi: pena sospesa, scarcerazione, espulsione. Terzo arresto il 30.4.98: terza condanna, questa volta a 2 anni; nessuna pena sospesa, perché è identificato col vero nome (quindi risulta il precedente); terza scarcerazione e terza espulsione, questa volta in applicazione della legge Turco Napolitano. Quarto arresto il 1°.3.99, sempre come Luan Toto; reato, manco a dirlo, il medesimo. Patteggiamento a due anni, scarcerazione ed espulsione, ancora in virtù della Turco Napolitano. Arrestato per la quinta volta il 1°. 2.2000, si fa identificare come Luan Rrokaj; patteggiamento a un anno e 8 mesi, pena sospesa, scarcerazione, espulsione. Totale: 8 anni e 11 mesi di reclusione. Oggi l'onesto Luan è ovviamente irreperibile. Se qualcuno vuole incontrarlo, può chiedere di lui al porto di Valona: è disponibile a dare passaggi a chiunque. Cash!.

Chiedo al dott. Vulpio, autore dell'editoriale di giovedì nel quale bolla come ipocriti e inutilmente feroci gli esponenti del centrodestra, me nominativamente incluso: tiene conto di questi curricula quando, in ottima compagnia, rifiuta qualsiasi misura di contrasto nei confronti della clandestinità, compresa la rilevazione delle impronte digitali di Luan? Ha fatto il bilancio delle sofferenze provocate dai numerosi Luan che scorazzano impunemente nel Canale d'Otranto? Sarei lieto di essere giudicato, unitamente al partito e allo schieramento cui appartengo, anche severamente, ma non per ciò che non ho mai sostenuto, e neanche pensato. Nessuno, né in AN né nel Polo, ha mai posto il problema del "se" dell'immigrazione. Nessuno lo ha mai fatto coincidere in via esclusiva con un problema di polizia. Con riferimento ad AN, chi ha dubbi può riprendere gli atti (disponibili su internet) della Conferenza programmatica tenuta a Verona 3 anni fa, il cui filo conduttore è stata la questione demografica, col corollario della più adeguata integrazione dell'immigrato e del concreto sostegno per chi soffre fuori dai confini dell'UE. Il problema sul quale abbiamo tentato di richiamare l'attenzione è il "come" dell'immigrazione. Il "come" chiama in causa l'ingresso regolare e il lavoro, da favorire in un'ottica europea e di coordinamento con gli enti territoriali, Camere di commercio e Regioni incluse, al fine di individuare l'entità dei flussi, e con i consolati presenti nelle zone di maggiore provenienza. In questa logica, proprio noi, beceri e ipocriti (secondo la caricatura che oso contestare), abbiamo proposto la legge Fini, che la maggioranza ha provveduto a stravolgere e a impoverire, al punto da renderla irriconoscibile. Nella stesura originaria, essa immaginava misure tese a scoraggiare lo sfruttamento del lavoro degli immigrati, facilitandone l'inserimento nella rete produttiva italiana con parità di diritti e con sanzioni serie per i datori di lavoro inadempienti.

Dal "come" non può essere esclusa la lotta allo sfruttamento criminale del traffico delle persone. Che conosce per lo meno tre snodi significativi:

il contrasto a monte. E' il più importante: quando il Luan di turno prende il largo col gommone, l'intervento in mare o all'arrivo è sempre a rischio. Ma la prevenzione nei porti di partenza non avviene perché la polizia albanese è collusa con i criminali. Le leggi antiscafisti non funzionano: i gommoni continuano ad arrivare perché partono indisturbati. Se l'Italia esporta aiuti e importa criminalità, è assurdo chiudere i rubinetti e riaprirli soltanto quando Tirana non farà partire più un solo scafo? E' impensabile condizionare la trattativa per l'adesione della Turchia all'UE a un filtro sulle carrette del mare che prendono il largo dal mar Nero?

il contrasto a valle.Se gli autori di una rapina in banca scappano col bottino, nessuno invoca l'amore per gli altri e impedisce alla polizia di sparare alle gomme per fermarli. Se uno scafista butta a mare donne e bambini in prossimità della riva, e poi inverte la prua per tornare a Valona, le forze dell'ordine devono invece, in ossequio a incomprensibili dogmi ideologici, limitarsi a osservare. Sparare sugli scafisti, allora? Rispondo con una domanda: i nostri uomini con la divisa sono definitivamente trasformati in volontari della protezione civile, o possono ancora, per esempio, colpire i motori o le fiancate degli scafi, al fine di catturare i criminali che li guidano?

la Turco Napolitano. Chi entra clandestinamente in Italia va ricevuto sempre e comunque, o va espulso (sempre che non esistano esigenze umanitarie per accoglierlo)? Scegliere la prima strada fa chiudere subito il discorso: ci si muove al di fuori della stessa legge voluta dal centrosinistra, ma prima ancora dell'area Schenghen. Se invece si difende l'impianto della Turco Napolitano, va ricordato che il tribunale di Milano ne ha eccepito l'incostituzionalità, nella parte in cui consente che l'autorità amministrativa trattenga il clandestino nei centri fino all'identificazione, e quindi lo accompagni alla frontiera per l'espulsione: nelle ordinanze trasmesse alla Consulta si osserva che soltanto l'autorità giudiziaria è autorizzata a limitare la libertà personale. La conseguenza è che i clandestini già fermati e inviati ai centri di trattenimento sono rimessi in circolazione senza essere identificati. Se, come hanno osservato i giudici di Milano, è necessario il vaglio dell'autorità giudiziaria, quest'ultima può intervenire esclusivamente qualora venga commesso un reato: e il reato commesso da chi ha oltrepassato la frontiera in modo irregolare non può che essere quello di ingresso clandestino. Questo non vuol dire riempire le carceri di irregolari. Vuol dire dotarsi di uno strumento che ne permetta dapprima l'identificazione, poi l'espulsione.

E' troppo chiedere che il confronto sull'immigrazione avvenga, in un'ottica operativa e non di bla bla ideologici, su questi dati concreti?

On. Alfredo Mantovano

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