Nino Femiani
«I magistrati non sono i sommi sacerdoti»
Il sottosegretario Mantovano ironizza sulla protesta dell’Anm: «La prossima volta sfilino con i quattro codici»
NAPOLI — Il freddo polare dell’aula Berengario, al
Palazzo di Giustizia di Napoli, non lo «raffredda». Anzi, prima di concludere un
convegno sui pentiti, Alfredo Mantovano, sottosegretario di An all’Interno, accetta la polemica al calor
bianco che il giorno prima,
dalle pagine del Corriere
del Mezzogiorno, avevano
acceso i magistrati Domenico Airoma e Giuseppe
Borrelli. Le toghe verranno all’apertura dell’anno giudiziario con la Costituzione sotto il braccio. È una sfida al
governo? «Il significato di questa
protesta non dovrebbe
chiederlo a me, ma a chi la
realizza». Se l’aspettava?
«Era inevitabile avendo
l’Anm alzato il tiro già lo
scorso anno con lo sciopero.
Se quest’anno non avesse
fatto una protesta eclatante avrebbe dato l’impressione di una retromarcia. Certo, entrare nelle aule dei distretti con la Costituzione
in mano richiama alla mente i sommi sacerdoti di duemila anni fa che entravano
nelle sinagoghe con le Sacre
Scritture copiate sui risvolti delle vesti. Questa protesta lancia all’opinione pubblica un messaggio chiaro:
non i magistrati, ma l’Anm
è la sola custode della Costituzione, l’unica che può
dire se e come la Magna
Carta italiana si applica». Ritiene, come ha detto
qualcuno, che la protesta
dell’Anm sia eversiva? «Beh, non utilizziamo aggettivi fuori luogo: per me è
una protesta che, per la sua
carica simbolica, è molto
forte. Mi lasci però fare una
proposta all’Anm». Quale?
«La prossima volta faccia
sfilare i magistrati non solo
con la Costituzione, ma anche con i quattro codici che
sono sempre utili per tutti». L’obiezione che viene dai
magistrati è che il governo,
finora, ha varato leggi che
non hanno mai riguardato
l’organizzazione della giustizia. Ad esempio, non avete mai messo mano alla revisione delle circoscrizioni
giudiziarie.
«C’è stata l’occasione
storica per farla in occasione della riforma del giudice
unico, non è stata colta.
Considero indispensabile la
riforma delle circoscrizioni,
ma è una delle cose più difficili da fare, anche più di
una modifica alla prima
parte della Costituzione». Addirittura.
«Guardi, la semplice ipotesi di sopprimere la sede distaccata di tribunale fa
scendere in piazza il sindaco, il parlamentare di qualsiasi colore, il vescovo, il comitato dei parroci e i capicondominio. Una difesa
campanilistica rispetto alla
quale c’è bisogno di un coraggio politico non indifferente». È solo questione di coraggio? «Per fare questa riforma
occorre trovare nuove risorse perché una revisione delle circoscrizioni determina
un uso più razionale delle risorse umane, ma anche
spese maggiori per il potenziamento di alcune strutture». In tema di organizzazione della giustizia, a Napoli
c’è il rischio che venga decapitato l’ufficio della Procura. Lei sta con Cordova o contro? «Non sto da nessuna parte. A me interessa che la
giustizia, nei suoi uffici inquirente e giudicante, sia
efficiente. C’è una sofferenza qui come in altri uffici
giudiziari, ma io sulla vicenda-Cordova non faccio tifo
da stadio. Deciderà il Csm». Sia in Puglia sia in Campania la nuova emergenza
sembra essere la microdelinquenza. «Il governo, nel suo primo
anno di attività, ha fatto abbassare con la sua azione il
numero di reati di centomila unità. La microdelinquenza – ma il termine non
mi piace, preferisco definirla criminalità di strada – è
un problema sul quale
ognuno deve fare la propria
parte». Con chi ce l’ha?
«Sarebbe interessante se
i procuratori generali, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, riferissero quanto tempo passa tra
il deposito di una richiesta
di custodia cautelare da
parte delle forze di polizia e
l’esame del pm. E quanto
tempo trascorre tra l’esame
del pm e quello del gip. Se
un’ordinanza arriva a quattro anni dall’informativa di
polizia giudiziaria, la situazione criminale é totalmente cambiata. E nel frattempo centinaia e centinaia di
delinquenti continuano a
fare i delinquenti». A Napoli un tredicenne è
stato ucciso da un poliziotto. Il sindaco Iervolino è andato a trovare la famiglia.
Lei lo avrebbe fatto? «Non ho titoli per esprimere valutazioni sul comportamento del sindaco di
Napoli, ma faccio presente
che non è il caso di scaricare responsabilità di quanto
è avvenuto sull’agente».
|