Il sottosegretario difende i centri di permanenza dopo la sentenza di colpevolezza per don Cesare
BARI - Dopo la condanna a sedici mesi di reclusione inflitta l'altro ieri a don Cesare Lodeserto dal Tribunale di Lecce per le violenze nel centro di permanenza temporanea Regina Pacis di San Foca, il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano non commenta la sentenza ma riflette su alcuni aspetti della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il prete degli
immigrati e difende i cpt.
Onorevole Mantovano, al di là
della verità giudiziaria, la sentenza di condanna a don Cesare può,in qUalche modo, aver messo in luce le difficoltà nella gestione dei centri permanenza?
«No, credo che il discorso sui cpt vada tenuto distinto da questa vicenda nel senso che non se ne possono trarre conclusioni. Peraltro la questione specifica, sul piano amministravo è stata preceduta - com'è noto da mesi - dalla conclusione del rapporto di affidamento tra il ministero dell'Interno e il Regina Pacis. Quindi c'era già stato un intervento autonomo da parte dell'Amministrazione, senza attendere le decisioni del giudice, a riprova delfatto che i criteri di cui l'Amministrazione s'è dotata da tempo con delle linee-guida molto dettagliate, poi vengano concretamente applicati».
I cpt continuano ad essere oggetto di critica e se ne chiede la chiusura.
«Bisogna capire di che cosa stiamo parlando. Se i rilievi vengono mossi alle modalità di gestione dei cpt, credo che sia da respingere una critica generalizzata. In secondo luogo, il ministero dell'Interno da circa due anni e mezzo ha elaborato una regolamentazione- dettagliatissima che arriva a prevedere addirittùra l'osservanza da parte dei gestori di diete particolari per i mussulmani, spazi per muoversi, telefonate ed altro. Queste regole sono il criterio alla cui stregua poi effettuare i controlli sul piano amministrativo. In base, non solo alle regole scritte su carta, ma anche alla loro concreta applicazione si possono dire due cose».
Prego.
«Primo: le condizioni interne ai
cpt sono nettamente migliori rispetto al passato, soprattutto dal momento in cui - dalla legge Turco-Napolitano e non dalla Fini-Bossi - questi centri furono istituiti. Ciò non significa che noi siamo più bravi rispetto a chi gestiva la cosa in quel momento ma vuoI dire che ogni esperienza nuova all'inizio incontra dei limiti e poi questi vengono affrontati e risolti. Secondo: i cpt che ci sono in Italia, non solo sono migliori rispetto al passato, ma sono migliori anche rispetto a simili realtà esistenti in altri paesi europei ed inviterei qualcuno a dimostrare il contrario. Ripeto, l'attenzione è focalizzata sulle condizioni interne e non c'è nessuna riserva a discutere su questo punto».
Nel forum recentemente organizzato a Bari sulle problematiche dell'immigrazione è stato chiesto il superamento dei cpt.
«Se, come emerge dalle dichiarazioni dell'organizzatore del raduno, l'onorevole Nichi Vendola, si mette in discussione la stessa esistenza in vita delle strutture, al di là di come esse vengono gestite e delle condizioni alloro interno, bisognerebbe essere onesti fino in fondo
ma il presidente Vendola lo è certamente - e dire con chiarezza che chiunque può venire clandestinamente in Italia e restarci senza alcun timore di essere né respinto né rinchiuso in un Cpt in attesa dell'identificazione. Questa è una posizione assolutamente legittima che però ha il limite di non essere stata mai condivisa dal Parlamento italiano né in questa, né nella passata legislatura, quindi con maggioranze diverse. Ma il limite ancora più grosso è quello di porsi al di fuori dell'Unione europea».