«Attacchi? Quelle voci non rappresentano tutti»
Il sottosegretario Mantovano: sacrosanto il dissenso pacifico.
L’immigrazione è un tema difficile non solo in Italia
BARI —
«Firenze è stata solo una tregua, che non è frutto di nessun compromesso».
Firmato: Luca Casarini. Ma non è tutto. Anche l’ala meridionale dei
«disobbedienti» aderenti ai No Global, quella rappresentata dal napoletano
Francesco Caruso, in sede di consuntivo del Social forum europeo di
Firenze ha voluto esprimere un inquietante proclama: «La contestazione
prosegue a Lecce, quando si riuniranno i ministri dell’Interno.
Assedieremo il loro castello, li chiuderemo dentro». Ce ne è abbastanza
per rovinare il sonno a chi, invece, è impegnato nella predisposizione di
strategie per la riuscita del vertice di domani in Salento. O forse, ce ne
sarebbe. «Perché sono convinto che il movimento nella sua interezza non
coincide né con questi soggetti – afferma sicuro il sottosegretario
all’Interno, il leccese Alfredo Mantovano – né con le loro affermazioni. E
Firenze lo ha dimostrato».
Non c’è motivo di allarmarsi, allora? E se sì,
cosa preoccupa di più l’organizzazione dell’evento di domani?
«Io penso che Firenze abbia fatto segnare un momento assolutamente positivo. E che l’esperienza abbia dimostrato come il diritto a manifestare sia
sacrosanto, purché avvenga in modo pacifico. Confidiamo che accada
altrettanto a Lecce».
Ed è questo, mi pare, il punto: nell’immediatezza
della vigilia si sono registrati toni quasi da «chiamata alle armi»...
«Il
problema, spesso, sta anche nella delicatezza degli argomenti e delle materie da trattare. Intorno ai temi dell’immigrazione è sorta da qualche
tempo una, mi passi l’eufemismo, “dialettica” fin troppo accentuata. Fra
maggioranza ed opposizione, nel nostro Paese; e ancora fra governo e
gruppi di pensiero e movimenti non ben definiti».
Vuole dire, forse, che
sono anche i toni accesi all’interno del centrosinistra a soffiare sul
fuoco delle tensioni?
«Io dico solo che sarebbe interessante che tanto
l’opposizione quanto i movimenti antagonisti guardassero non solo a
quello che avviene in Italia ma anche alle decisioni assunte in materia
negli altri Paesi d’Europa, finanche nella stessa Germania o Inghilterra
che non hanno certo un governo di centrodestra. Dico questo perché forse
scoprirebbero che noi siamo meno spinti di altri verso soluzioni di
forte contrasto al fenomeno immigratorio».
La riuscita del Social forum
di Firenze e le migliaia di partecipanti vi obbligano, in qualche
modo, a tener conto di queste istanze.
«Non sarà il caso del vertice di
dopodomani, che è naturalmente a porte chiuse. Però un dialogo esiste
già e va accentuato. Io stesso ho incontrato più volte sindacati e
associazioni su determinati aspetti e credo che il governo, nel suo
complesso, non abbia mai chiuso alcuna porta».
Non a caso,
sottosegretario, così come è stato per Firenze, potrebbero rivelarsi
esagerati anche gli ultimi allarmismi.
«Attenzione: le preoccupazioni di
Firenze non erano semplicemente frutto di allarmismi ma fondate, perché
maturate sulla scorta delle informative nei nostri Servizi e delle
segnalazioni che ci sono giunte dall’estero. A fugarle sono poi state
una serie di misure di ordine pubblico che si sono rivelate
azzeccatissime».
A quali si riferisce, in particolare?
«C’è stato un
rapporto strettissimo tra le nostre forze di polizia e quelle dei Paesi
stranieri. Questo ha impedito che circa 2000 soggetti ritenuti
pericolosi potessero varcare le frontiere sulla base di una precisa
norma degli accordi di Schengen. Altrettanto fondamentale ci è parso il
coinvolgimento delle opposizioni nell’opera di responsabilizzazione
dell’ala dura del movimento perché le manifestazioni non degenerassero. E
vi è stata, non certo come ultima cosa, una gestione della piazza che
possiamo definire esemplare».
È vero. E adesso ci si augura che sia così
anche per Lecce...
«Dove va detto che le misure a garanzia dell’ordine
pubblico, della tutela dei partecipanti al vertice e della stessa cittadinanza, sono state predisposte da lungo tempo. Lo richiedevano la
delicatezza della materia da trattare e la presenza di 11 ministri
dell’Interno».
Lecce come Firenze, sottosegretario. C’è stato qualcuno che
ha fatto ricorso a questa similitudine, spesso ricorrente per affinità
culturali ed artistiche, per muovere appunti sull’opportunità di ospitarvi
l’evento...
«Io invece credo che la giornata del 13 vada affrontata con
serenità anche da parte della cittadinanza. Per due giorni si parlerà di
Lecce in molti Paesi, i servizi dei mass media torneranno a tutto
vantaggio della città. E il blocco del centro per poche ore (la «zona
rossa» individuata dalle forze dell’ordine e definita inviolabile fino
al termine del vertice, ndr) costituirà solo un piccolo disagio che però,
ne sono sicuro, varrà la pena di essere stato vissuto».
Il Social forum
europeo presupponeva l’arrivo di decine di migliaia di manifestanti;
un vertice fra ministri poteva, invece, essere ospitato in un luogo, come dire, più «protetto»?
«Ci sono almeno due buoni motivi per cui abbiamo
scartato l’ipotesi: primo perché i ministri, sebbene dell’Interno, non
indossano certo l’elmetto e comunque svolgono un ruolo all’interno
delle rispettive comunità di appartenenza; e poi perché Lecce meritava
che venisse sottolineato il suo ruolo di città solidale dell’accoglienza».
A quali risultati si approderà?
«Bisogna individuare un piano d’azione
per rendere operativo il memorandum sottoscritto a Roma nel dicembre
2000 su intensificazione dei controlli congiunti dei tratti di mare, dei
trasporti aerei e marittimi. Nasceranno altre pattuglie miste fra le
polizie di frontiera dopo l’esperienza positiva sul confine italo sloveno. Avranno lo scopo di inviare informazioni ai porti di destinazione
di navi che indurranno sospetti»