ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
(Sezione:  Primo Piano   Pag.  2   )
Martedì 12 novembre 2002

Piero Rossano

«Attacchi? Quelle voci non rappresentano tutti»
Il sottosegretario Mantovano: sacrosanto il dissenso pacifico. L’immigrazione è un tema difficile non solo in Italia


 

BARI — «Firenze è stata solo una tregua, che non è frutto di nessun compromesso». Firmato: Luca Casarini. Ma non è tutto. Anche l’ala meridionale dei «disobbedienti» aderenti ai No Global, quella rappresentata dal napoletano Francesco Caruso, in sede di consuntivo del Social forum europeo di Firenze ha voluto esprimere un inquietante proclama: «La contestazione prosegue a Lecce, quando si riuniranno i ministri dell’Interno. Assedieremo il loro castello, li chiuderemo dentro». Ce ne è abbastanza per rovinare il sonno a chi, invece, è impegnato nella predisposizione di strategie per la riuscita del vertice di domani in Salento. O forse, ce ne sarebbe. «Perché sono convinto che il movimento nella sua interezza non coincide né con questi soggetti – afferma sicuro il sottosegretario all’Interno, il leccese Alfredo Mantovano – né con le loro affermazioni. E Firenze lo ha dimostrato».

Non c’è motivo di allarmarsi, allora? E se sì, cosa preoccupa di più l’organizzazione dell’evento di domani?
«Io penso che Firenze abbia fatto segnare un momento assolutamente positivo. E che l’esperienza abbia dimostrato come il diritto a manifestare sia sacrosanto, purché avvenga in modo pacifico. Confidiamo che accada altrettanto a Lecce».

Ed è questo, mi pare, il punto: nell’immediatezza della vigilia si sono registrati toni quasi da «chiamata alle armi»...
«Il problema, spesso, sta anche nella delicatezza degli argomenti e delle materie da trattare. Intorno ai temi dell’immigrazione è sorta da qualche tempo una, mi passi l’eufemismo, “dialettica” fin troppo accentuata. Fra maggioranza ed opposizione, nel nostro Paese; e ancora fra governo e gruppi di pensiero e movimenti non ben definiti».

Vuole dire, forse, che sono anche i toni accesi all’interno del centrosinistra a soffiare sul fuoco delle tensioni?
«Io dico solo che sarebbe interessante che tanto l’opposizione quanto i movimenti antagonisti guardassero non solo a quello che avviene in Italia ma anche alle decisioni assunte in materia negli altri Paesi d’Europa, finanche nella stessa Germania o Inghilterra che non hanno certo un governo di centrodestra. Dico questo perché forse scoprirebbero che noi siamo meno spinti di altri verso soluzioni di forte contrasto al fenomeno immigratorio».

La riuscita del Social forum di Firenze e le migliaia di partecipanti vi obbligano, in qualche modo, a tener conto di queste istanze.
«Non sarà il caso del vertice di dopodomani, che è naturalmente a porte chiuse. Però un dialogo esiste già e va accentuato. Io stesso ho incontrato più volte sindacati e associazioni su determinati aspetti e credo che il governo, nel suo complesso, non abbia mai chiuso alcuna porta».

Non a caso, sottosegretario, così come è stato per Firenze, potrebbero rivelarsi esagerati anche gli ultimi allarmismi.
«Attenzione: le preoccupazioni di Firenze non erano semplicemente frutto di allarmismi ma fondate, perché maturate sulla scorta delle informative nei nostri Servizi e delle segnalazioni che ci sono giunte dall’estero. A fugarle sono poi state una serie di misure di ordine pubblico che si sono rivelate azzeccatissime».

A quali si riferisce, in particolare?
«C’è stato un rapporto strettissimo tra le nostre forze di polizia e quelle dei Paesi stranieri. Questo ha impedito che circa 2000 soggetti ritenuti pericolosi potessero varcare le frontiere sulla base di una precisa norma degli accordi di Schengen. Altrettanto fondamentale ci è parso il coinvolgimento delle opposizioni nell’opera di responsabilizzazione dell’ala dura del movimento perché le manifestazioni non degenerassero. E vi è stata, non certo come ultima cosa, una gestione della piazza che possiamo definire esemplare».

È vero. E adesso ci si augura che sia così anche per Lecce...
«Dove va detto che le misure a garanzia dell’ordine pubblico, della tutela dei partecipanti al vertice e della stessa cittadinanza, sono state predisposte da lungo tempo. Lo richiedevano la delicatezza della materia da trattare e la presenza di 11 ministri dell’Interno».

Lecce come Firenze, sottosegretario. C’è stato qualcuno che ha fatto ricorso a questa similitudine, spesso ricorrente per affinità culturali ed artistiche, per muovere appunti sull’opportunità di ospitarvi l’evento...
«Io invece credo che la giornata del 13 vada affrontata con serenità anche da parte della cittadinanza. Per due giorni si parlerà di Lecce in molti Paesi, i servizi dei mass media torneranno a tutto vantaggio della città. E il blocco del centro per poche ore (la «zona rossa» individuata dalle forze dell’ordine e definita inviolabile fino al termine del vertice, ndr) costituirà solo un piccolo disagio che però, ne sono sicuro, varrà la pena di essere stato vissuto».

Il Social forum europeo presupponeva l’arrivo di decine di migliaia di manifestanti; un vertice fra ministri poteva, invece, essere ospitato in un luogo, come dire, più «protetto»?
«Ci sono almeno due buoni motivi per cui abbiamo scartato l’ipotesi: primo perché i ministri, sebbene dell’Interno, non indossano certo l’elmetto e comunque svolgono un ruolo all’interno delle rispettive comunità di appartenenza; e poi perché Lecce meritava che venisse sottolineato il suo ruolo di città solidale dell’accoglienza».

A quali risultati si approderà?
«Bisogna individuare un piano d’azione per rendere operativo il memorandum sottoscritto a Roma nel dicembre 2000 su intensificazione dei controlli congiunti dei tratti di mare, dei trasporti aerei e marittimi. Nasceranno altre pattuglie miste fra le polizie di frontiera dopo l’esperienza positiva sul confine italo sloveno. Avranno lo scopo di inviare informazioni ai porti di destinazione di navi che indurranno sospetti»


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