ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il Domenicale
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Domenica 30 gennaio 2005

di Alfredo Mantovano

 

 La vita non è un problema di catechismo, ma di microscopio


 

Informo l'on Fassino che anche da queste parti abbiamo letto Sun Tzu. Il quale insegnava che è meglio indurre il nemico a fare quello che noi vogliamo piuttosto che affrontarlo in uno scontro aperto. Ha fatto scuola: fra i suoi allievi, in coda dopo von Clausewitz e Lenin, si sono messi perfino i DS. I cui militanti nei mesi scorsi hanno aiutato i radicali a superare la soglia del mezzo milione di firme in calce ai quesiti referendari abrogativi della legge sulla fecondazione artificiale: non per giungere alla effettiva celebrazione dei referendum, ma per convincere quella stessa maggioranza parlamentare - più ampia della maggioranza che sostiene il governo - che ha approvato la legge 40/2004 a modificarla a distanza di qualche mese. Il gioco però non sta riuscendo, perché il tempo trascorre e rende sempre più difficile tradurre il ripensamento auspicato in norme di rettifica di una disciplina varata appena un anno fa. E allora si passa all'ipotesi subordinata: ci si mette all'ombra dei radicali e li si appoggia nella campagna referendaria già di fatto avviata, per lo meno mediaticamente, provando a indurre coloro che hanno votato per la legge 40, e soprattutto i loro elettori, a cambiare opinione sul merito dei temi toccati dai singoli quesiti. E qui il gioco può riuscire solo se dall'altra parte, cioè in questa zona del territorio culturale e politico italiano, si cade nell'ignavia e si continua a non difendere compiutamente e convintamente, come è necessario, le scelte operate.

La posta in palio è elevata. Con le quattro schede che avremo a disposizione in una domenica della prossima primavera saremo chiamati a decidere se a un bambino bastano i genitori "biologici", o se ha bisogno dell'affetto di genitori "giuridici" distinti da quelli naturali, e prima ancora: se e in quali condizioni potrà nascere, quanti embrioni vanno distrutti per conseguire il risultato del "bambino in braccio" procreato artificialmente, se il concepito è soggetto di diritti o se può essere oggetto di manipolazioni genetiche. Ci si può anche chiedere se quesiti così delicati, posti realmente alla frontiera della vita, tollerino che la soluzione sia sintetizzata in un semplice sì o no; con tutto l'interesse per il tema dei limiti della democrazia, nulla eviterà che dalla scelta di ciascuno di noi, e dal modo in cui contribuiremo alla preparazione di questa scelta, dipenda la risposta normativa a quelle domande.

Non vi è soltanto questo in gioco (e già sarebbe tanto). E' in gioco la capacità di larga parte dello schieramento di centrodestra (e di chi, al di fuori di esso, ha condiviso questa battaglia) di resistere ai richiami del politically correct ribadendo le buone ragioni che hanno condotto ad approvare la legge sulla fecondazione artificiale. Non è un nodo confessionale: la religione - qualunque religione, non solo quella cattolica - non c'entra nulla con la presenza nell'ovulo fecondato di quei 46 cromosomi che coincidono con l'essere umano già in atto, e non più in potenza. Non è un problema di catechismo, ma di microscopio e di ecografo. Sarebbe veramente paradossale se, per il timore di affrontare la campagna referendaria, nelle file del centrodestra non si cogliessero fino in fondo i pericoli di un totalitarismo scientista strisciante; se dovesse emergere incertezza o scarsa convinzione sulla positività delle scelte operate; se dovessero pesare lobby farmaceutiche o parasanitarie, interessate a un business che promette risultati certi e spesso garantisce nei fatti cocenti disillusioni. Se, infine, si dovesse, anche involontariamente, contribuire all'avanzata in Italia di quella deriva zapaterista che è la reale nuova frontiera del progressismo, non soltanto spagnolo.

Una volta il riferimento iconografico di larga parte della sinistra era un bel dipinto carico di suggestioni, "il Quarto stato"; costava fatica spiegare che per il comunismo il proletariato era un mezzo e non un fine: l'immagine della classe operaia la cui unica ricchezza era la prole era fascinosa e restava impressa. Chi l'avrebbe mai detto (l'esito delle primarie in Puglia lo conferma) che la sinistra sarebbe mutata a tal punto da passare, quale riferimento principale, dal Quarto stato al Terzo sesso? Sarebbe ancora più grave, per chi non condivide una prospettiva di progressiva decomposizione del corpo sociale e delle scelte individuali, non cogliere l'occasione referendaria per lanciare una grande battaglia culturale fondata sul rispetto del diritto naturale e della inscindibile dignità di ciascun uomo, qualunque sia la sua età e lo stadio della sua esistenza. Se ciò non avvenisse, avrebbe vinto non solo Sun Tzu, ma pure i suoi deboli epigoni.


    

 

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