Sul voto agli immigrati An è decisa ad andare avanti. Giovedì sera dovrebbe essere pronto il testo del disegno di legge e subito verrà depositato in Parlamento. Per decidere i contenuti e anche la procedura da seguire, questa sera si incontra il comitato ristretto di persone che, dentro il partito di Gianfranco Fini, ha l'incarico di definire la proposta. Pierpaolo Landi di Chiavenna, responsabile delle politiche sull'immigrazione di An conferma: «Ci riuniamo domani sera (oggi per chi legge, ndr) e con me del gruppo fanno parte Domenico Nania, capogruppo al Senato di An, Ignazio La Russa, coordinatore nazionale, Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni. Presiede Gianfranco Anedda, capogruppo alla Camera».
Tocca a voi definire la proposta di legge?
«Cercheremo di approfondire definitivamente l'ipotesi su cui stiamo lavorando e che abbiamo già abbozzato settimana scorsa. Entro questa settimana vorremmo licenziare il testo e depositarlo».
Quali sono i punti su cui lavorare?
«Si tratta di una riforma dell'articolo 48 della Costituzione italiana per introdurre l'estensione del diritto di voto attivo, non passivo, all'extracomunitario di lunga residenza sul territorio nazionale».
Cosa vuol dire lunga residenza? Quanti anni sono necessari?
«L'ipotesi prevede una "forbice" tra i sei e gli otto anni di residenza sul territorio nazionale. Un punto di riferimento è il periodo necessario per il rilascio della Carta di soggiorno, sei anni».
Oltre agli anni di residenza, quali altre «regole» si possono prevedere per accedere al diritto di voto?
«Ci sono i criteri che servono per acquisire la carta di soggiorno. Potranno essere utilizzati anche per la questione del voto. Quindi sarà necessaria la residenza, il non avere carichi pendenti e precedenti penali, avere un lavoro certo e certificato, quindi una capacità e un'autonomia contributiva e aver assolto agli oneri fiscali. Io personalmente penso che sia più adeguato e opportuno fare prima una legge di riforma costituzionale che sancisca il principio fondamentale da introdurre nella Carta costituzionale e, parallelamente, una legge ordinaria che vada a specificare esattamente i criteri per il diritto di voto».
Torniamo alla «forbice» dei 6-8 anni per la residenza. L'Europarlamento parla di cinque anni...
«Vero. Per noi è ancora tutto da vedere. Tecnicamente il discorso è questo: per il rilascio della carta di soggiorno servono sei anni più i tempi tecnici della burocrazia, quindi sette, sette anni e mezzo... Ora dobbiamo stabilire se qualificare la data dei sei anni, fatta salva poi l'acquisizione dei criteri detti prima, o se definire da subito un periodo leggermente più lungo. L'orientamento è per fissare i sei anni».
La proposta di An considera solo l'elettorato attivo alle amministrative. Niente politiche, dunque, e l'immigrato non potrà essere eletto. Fino a quando?
«Non riteniamo allo stato di dover contemplare l'elettorato passivo, anche se siamo ancora in fase di riflessione. L'elettorato passivo, sia per le amministrative che per le politiche verrebbe maturato con l'acquisizione della cittadinanza».
L'uscita di An ha scatenato la Lega. È verosimile che lo scontro arrivi in fondo, con una seria crisi e magari la rottura della maggioranza?
«Credo che la proposta di legge su cui lavoreremo sarà molto equilibrata e confido che, una volta steso il testo finale, si possa arrivare a una adesione di tutta la Casa delle libertà sull'iniziativa. Comunque, per noi questo è un passaggio importante sia dal punto di vista politico che culturale, per il governo e la maggioranza come, in particolare, per Alleanza nazionale».
È un punto di non ritorno?
«Su questa iniziativa andremo sicuramente avanti, perché è un passaggio storico, epocale, molto importante. E serve anche ad armonizzare le politiche sull'immigrazione, enfatizzando gli effetti molto positivi che la Fini-Bossi sta dando sul versante della lotta all'immigrazione clandestina. Il momento politico che ha scelto Fini è legato a questi effetti positivi. Sulla politica di rigore non deflettiamo. Visti i risultati ci sono le condizioni per passare adesso dalla politica dell'emergenza a quella dell'integrazione della comunità extracomunitaria. Questo vogliamo fare».
A costo di rompere la maggioranza?
«Se non dovessimo trovare totale adesione della Casa delle libertà andremo avanti lo stesso. Se poi la parte più illuminata dell'opposizione dovesse convergere sulla nostra proposta, vorrà dire che è buona e dunque non ci sono pregiudizi o steccati strumentali. Se la Lega si dissocia, continuerà a votare sul programma della Casa delle libertà e su questa legge la maggioranza sarà diversa».
Si parla anche di abolire le quote di ingresso. Qual è la vostra posizione?
«Io penso che basti applicare bene e coerentemente la Fini-Bossi, che prevede ampia flessibilità per determinare i flussi di ingresso degli immigrati. Va messa a regime la legge e considerare una ampia politica dell'integrazione. Questa è la prospettiva».