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Articolo pubblicato su L'Espresso | Giovedì 30 maggio 2002 |
di Andrea Benvenuti
Chi vuole schedare gli immigrati
Giornata intensa quella di ieri, in Parlamento e fuori, sulla riforma della legge sull’immigrazione, la cosiddetta “Bossi-Fini”. Con industriali e agricoltori a chiedere quote più alte di ingressi per soddisfare il fabbisogno di manodopera. Con il ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha promesso 49 mila lavoratori stagionali per il 2002. E con i partiti della maggioranza che alimentano la polemica politica. Sul tavolo degli imputati ci sono diverse questioni. Innanzitutto, la proposta che prevede di prendere le impronte digitali a tutti gli extracomunitari che entrano in Italia. Ma a far discutere c’è anche la bocciatura della figura dello “sponsor” che, ai tempi del governo ulivista, aveva consentito l’ingresso in Italia a cittadini stranieri con permessi di soggiorno di un anno per la ricerca di lavoro. Infine, al centro delle polemiche c’è la proposta del deputato dell’Udc, Bruno Tabacci, di regolarizzare tutti gli stranieri che lavorano attualmente in nero. Una vera e propria sanatoria che ha incassato il sostegno dei cattolici della maggioranza e di tutta l’opposizione, ma ha fatto venire l’orticaria ai deputati della Lega e di An. Il capogruppo dell'Ucd, Luca Volontè, lo stesso Tabacci e Giampiero D'Alia hanno chiesto che il «governo si pronunci prima che sia votato l'emendamento che, altrimenti, rischia di passare con i voti delle opposizioni». Nonostante i numeri di cui dispone la maggioranza in Parlamento, l’approvazione della legge non fa dormire sonni tranquilli al governo. E qualcuno già inizia a parlare di voto di fiducia. Come ha fatto il capogruppo della Lega Nord alla Camera, Alessandro Cè, commentando la decisione dell'Udc di mantenere l’emendamento Tabacci per regolarizzare i lavoratori clandestini. «Il voto di fiducia non è da escludere - ha spiegato Cè - perché richiamerebbe ognuno alle proprie responsabilità. Se la testardaggine e la incoerenza si mantenessero tali si potrebbe ricorrere a questo strumento». E ieri, sullo sfondo dello slittamento del voto finale della legge Bossi-Fini alla prossima settimana, l’assemblea di Montecitorio ha approvato, a maggioranza, i primi articoli del disegno di legge, respingendo tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione e registrando il ritiro di alcuni emendamenti della maggioranza. Scompare, come detto, la figura dello sponsor mentre i decreti sui flussi, quelli che ogni anno il governo doveva presentare per decidere il numero di stranieri che possono entrare in Italia, diventano facoltativi. Una novità assoluta che ha messo in fibrillazione sindacati, industriali e associazioni del volontariato che hanno criticato questa scelta perché, in questo modo, “gli immigrati diverrebbero merce di scambio”. Sulla bocciatura dello sponsor è arrivato anche il dissenso dei socialisti di centrodestra di Bobo Craxi: «È paradossale che, nel giorno in cui l'Italia segna una grande apertura internazionale con il vertice Nato, e diventa epicentro dell'abbattimento delle vecchie frontiere, nella legge Bossi-Fini innalzi un muro capriccioso. Rifiutare lo sponsor significa rendere difficile la vita agli immigrati e complicare enormemente il loro ingresso nel mondo del lavoro». Approvato anche l’articolo della legge che regola la disciplina per il visto d'ingresso: su proposta dell'Udc, non potrà entrare in Italia chiunque rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne. No anche a chi è stato condannato per traffico di stupefacenti, favoreggiamento della immigrazione clandestina, sfruttamento prostituzione o dei minori. Su questo articolo, i toni tra maggioranza e opposizione sono stati piuttosto accesi. Soprattutto sull’emendamento che prevedeva un provvedimento scritto e motivato per dire ”no” all'ingresso in Italia dello straniero indesiderato. «Un qualsiasi criminale italiano - ha detto il capogruppo dei Ds, Luciano Violante - avrà sempre più diritti di un cittadino magari australiano o americano che chiede di entrare in Italia. Non esiste infatti che un provvedimento del genere non venga, non dico motivato, ma neanche scritto». Immediata la replica del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano: «Da una attenta lettura della norma si evince proprio il contrario di quello che l'opposizione sostiene. La regola dice infatti che si deve sempre scrivere e che vi è una sola deroga. Per noi va bene così com'è». Altro punto caldo, infine, è stato quello dell’approvazione del provvedimento sulle impronte digitali degli stranieri extracomunitari che chiederanno un permesso di soggiorno in Italia e a chi ne chiede il rinnovo. La norma sarà operativa dopo l'approvazione dell'intero provvedimento, anche da parte del Senato, che dovrà riesaminare il testo. La maggioranza ha votato a favore dell'emendamento, mentre le opposizioni si sono espresse contro. Secondo Ulivo e Prc le impronte andrebbero prese a tutte le persone non identificabili (per esempio a quanti sono privi di documenti), mentre sarebbe ”discriminatorio” rilevarle in base al fatto di avere o meno la nazionalità italiana. |
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