ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su IL FOGLIO ( ANNO IX NUMERO 343 - PRIMA PAGINA ) |
martedì 14 dicembre 20042004 |
Malafede o buona ignoranza?
Perché nei tribunali d’Italia prescrivere è un po’ macchiare
Roma. Su cosa sia una condanna in un processo penale, l’accordo non è difficile. Quanto al significato di un’assoluzione, già subentrano le sfumature del diritto su cui s’impigliano letture controverse. Ma è sul valore di una prescrizione che la malafede o la buona ignoranza trasformano il fatto giuridico in cattiva convinzione. Come quella secondo cui prescrivere è anche un po’ macchiare, prosciogliere con riserva lasciando intendere che il prosciolto – magari per un presunto reato di corruzione come Berlusconi nel noto troncone del processo Sme – rimane un corruttore non punito. Oppure asseverando che il prosciolto per reato di mafia sia stato mafioso fino al 1980. Come è stato scritto dai giudici su Giulio Andreotti. In questo caso, dice al Foglio il sottosegretario all’Interno ed ex magistrato Alfredo Mantovano, ci troviamo davanti a “un esempio di come la legge possa essere rispettata attraverso un’infrazione della logica”. Spiega Mantovano: “Per Andreotti è stato surrettiziamente riesumato, anche se in modo conforme al comma 2 dell’articolo 530 del codice di procedura penale, il concetto di insufficienza di prove”. In breve è accaduto questo: “In presenza di elementi insufficienti per stabilire la colpevolezza di Andreotti, se ne è dedotto che mancavano anche le prove per dimostrarne l’estraneità all’associazione mafiosa”. Dal che una formula che prescrive, ma lo fa sbrindellando la logica della presunzione d’innocenza. Perché “la prescrizione – dice al Foglio il giurista Stefano Mannoni – è invece una forma limpida di garanzia prevista in un ordinamento giudiziario come il nostro, in cui è necessario equilibrare l’obbligatorietà dell’azione penale”. Non è un concetto astratto, ma un principio stabilito dalla Prima sezione penale della Cassazione (89/172803). E citato nei manuali di diritto penale: “Le norme sulla prescrizione dei reati costituiscono l’espediente di carattere formale escogitato per realizzare quella finalità di carattere sostanziale costituita dalla durata ragionevole del processo penale, che è tutelata dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che è da tale norma riconosciuta all’imputato quale suo diritto soggettivo perfetto” (così il Commentario della Cedam a pagina 500 o il Codice Lattanzi a pagina 410).
Residui del procedimento inquisitorio
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