ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
(Sezione:  ANNO IX NUMERO 298 -       PAG 2)
Giovedì 28 otobre 2004

 

FECONDAZIONE ASSISTITA, IL FRONTE DEL NO

 

 Mantovano sceglie il referendum e denuncia rispettoso il papocchio

PER L’ESPONENTE DIAN LE MODIFICHE FIRMATE CDL AVREBBERO PESSIME CONSEGUENZE. CEDIMENTO AL TOTALITARISMO SCIENTISTA


 

Il 14 ottobre un gruppo di deputati, in prevalenza di Forza Italia, ha presentato la proposta n. 5356, di modifica della legge n. 40/2004 “in materia di procreazione medicalmente assistita” (Pma): il primo firmatario è l’on. Giuseppe Palumbo, presidente della Commissione affari sociali della Camera. In precedenza, il 6 luglio, i senatori Antonio Tomassini (presidente della Commissione sanità del Senato) e Laura Bianconi, anch’essi di Forza Italia, avevano depositato sullo stesso tema nell’altro ramo del Parlamento un disegno di legge simile. Nella relazione che accompagna la prima proposta si segnalano “limiti e incongruenze” della legge 40, “evidenziati dai promotori del referendum abrogativo”, mentre nel testo proposto al Senato si imputa alla legge 40 una sorta di eccesso di tutela del concepito. L’intenzione dei proponenti, manifestata ai mass media, è di giungere a una modifica della disciplina sulla fecondazione artificiale prima dei referendum, in modo da impedirne la celebrazione.

Tento qualche annotazione a margine della proposta Palumbo, solo perché è più articolata e in qualche misura contiene l’altra, sezionando, uno per uno, i passaggi più significativi del testo:

1. L’articolo 2 rivede i requisiti per l’accesso alle tecniche di Pma, alle quali potranno essere ammesse non solo le coppie “con problemi riproduttivi”, ma anche quelle “portatrici di malattie genetiche o infettive trasmissibili”, il cui elenco dovrà essere definito da apposite linee guida. Non è una modifica di poco conto: l’ammissione alla Pma dei portatori di malattie genetiche o di malattie sessualmente trasmesse sgancia la fecondazione in vitro dal problema della sterilità, per la cui soluzione è stata immaginata; e consolida la convinzione che la Pma è non soltanto l’ultima spiaggia per chi non può avere figli – questo ritornello aveva preceduto l’emanazione della legge – ma un nuovo modo ordinario di concepire in determinate condizioni. Si ricordano sul punto le considerazioni di Jacques Testart, padre dell’ICSI (iniezione intra-citoplasmatica di spermatozoi), il quale, intervistato su questo giornale (il Foglio, 11 giugno 2004), all’osservazione del giornalista secondo cui “una coppia che può avere figli ‘normalmente’, preferirà sempre farli nel proprio letto piuttosto che andare in laboratorio”, Testart obietta: “Crede? E quando ci saranno gli spot in tv per colpevolizzare i genitori che vogliono fare ‘il bambino del caso’, e si sentiranno per questo come dei selvaggi? Si sentiranno dire: volete rischiare di mettere al mondo un bambino con una patologia, quando avete la possibilità di avere un bimbo sano e felice? Volete che vostro figlio sia infelice?”.

2. L’articolo 5 della proposta Palumbo sopprime la norma della legge 40 che stabilisce che la volontà di accedere alle tecniche di Pma può essere revocata solo fino al momento della fecondazione dell’ovulo. Ma questa soppressione finisce per incentivare la creazione di embrioni soprannumerari e in stato di abbandono (problema peraltro già emerso con la pubblicazione delle linee-guida).

3. L’articolo 6 ammette la diagnosi preimpianto per l’individuazione delle patologie indicate dalle linee guida, anche in base ai casi previsti dalla legge sull’aborto. Così la Pma da “modo per avere figli” diventa “modo per avere figli sani”; il fulcro dell’attenzione si sposta dall’“avere figli” a “quali figli avere”. Indipendentemente dalle intenzioni dei proponenti (che si presumono buone, come buone sono le intenzioni che lastricano una certa via…), questa proposta apre la strada all’eugenetica, cioè alla scelta dei figli in base a criteri stabiliti a priori (cfr. C. Navarini, “L’eugenetica buona non esiste”, zenit, 3 ottobre 2004, http://www.zenit. org/italian/visualizza. php?sid=2439; Idem, “Il supermarket dell’eugenetica”, zenit, 6 giugno 2004, http://www.zenit.org/italian/ visualizza.php?sid=1692 ). Si radica la pretesa del figlio come diritto. Ma ciò di cui si ha diritto è per lo più un oggetto, un servizio, una struttura o un bene posseduto: le proprietà, le cure mediche, l’istruzione e l’educazione, la vita fisica, il giusto processo, il lavoro, il pane quotidiano… Non esiste il diritto ad “avere una persona” come si ha una cosa o un servizio, cioè come un possesso. Se il figlio non appartiene (come una cosa) al genitore, e dunque non può essere preteso, a maggior ragione non potrà essere (come una cosa) “scelto” o “scartato” – cioè eliminato – ma solo, al limite, desiderato o non desiderato. Si potranno porre le migliori condizioni affinché nasca e cresca sano, ma non lo si può rifiutare con l’infanticidio quando nasce malato o con l’eutanasia se si ammala in seguito. Ciò che vale per il figlio nato vale per il nascituro, che non è ontologicamente e biologicamente diverso dal nato.

4. L’articolo 7 abolisce il limite di “produzione” degli embrioni, i quali potranno essere più di tre, anche se resta il limite di tre per il trasferimento in utero; per gli altri è ammessa la crioconservazione. E’ noto che fra i problemi che pone la crioconservazione vi è quello che dopo 5 anni l’embrione si ritiene non impiantabile, e ciò incrementa il numero delle morti embrionali provocate; spesso si afferma che con la crioconservazione la possibilità di riservare a un impianto futuro gli embrioni prodotti farebbe aumentare le nascite. In realtà, aumenterebbero le morti.

5. L’articolo 6 inserisce la possibilità di utilizzare per la ricerca clinica e sperimentale gli embrioni che verranno dichiarati non idonei all’impianto, con una idoneità da valutare secondo le linee guida. Osservo:
a) in genere vi sono alternative all’utilizzo degli embrioni, come nel caso delle cellule staminali “adulte”, che hanno sinora dato risultati assai più promettenti di quelle embrionali (C. Navarini, “Cellule staminali e disinformazione”, zenit, 18 luglio 2004, http://www.zenit.org/italian/visualizza. php?sid=2056);
b) qualora non vi fossero alternative all’uso di embrioni per curare una patologia, la loro soppressione equivarrebbe a sopprimere un essere umano per salvarne altri: siamo tutti convinti che sia eticamente ammissibile? Va da sé che “non idonei all’impianto” sarebbero, oltre agli embrioni con malformazioni morfologiche incompatibili con la vita, tutti gli embrioni portatori di difetti genetici giudicati non “tollerabili”, e tutti quelli in stato di abbandono. Sarebbe, di nuovo, una discriminazione su base genetica o sanitaria: avanti i sani (e un giorno non lontano i belli), in laboratorio e nel cestino gli altri.

6. Vi è una generalizzata e sensibile diminuzione delle pene detentive previste dalla legge 40: è un tema di rilievo minore rispetto agli altri, ma va ricordato che quelle Evoluzioni Dagli scienziati stupiti dalla realtà agli embrioriduttori che si vogliono padroni della vita Modernariato In Francia una sinistra in crisi d’identità torna a parlare di ’68 E scopre che non fu tutto oro sanzioni riguardano comportamenti come la maternità surrogata o la riproduzione post mortem. E’ il caso di ridurre la deterrenza?

Concludo. I referendum hanno superato abbondantemente la soglia del mezzo milione di firme grazie al contributo dei Ds: i quali, tuttavia, non vogliono i referendum. L’obiettivo dei Ds è che quella stessa maggioranza parlamentare – più ampia della maggioranza che sostiene il governo – che ha approvato la legge 40 la modifichi a distanza di qualche mese; in ossequio all’insegnamento di Sun Tzu, per il quale è meglio convincere il nemico a fare quello che noi vogliamo piuttosto che affrontarlo in uno scontro aperto. Lo scontro aperto si è svolto in Parlamento, e i Ds, insieme con i loro compagni di strada, hanno perduto; lo scontro aperto ci sarà con i referendum: e non è obbligatorio che vada come è nelle aspirazioni dei radicali, se hanno un senso i sondaggi pubblicati proprio su queste colonne. Il nodo, quindi, non è tecnico, ma è politico; non è in questione la soluzione del cavillo posto a metà fra la scienza e il diritto, ma la capacità dello schieramento conservatore (e di chi, al di fuori di esso, ha condiviso questa battaglia) di resistere ai richiami del politically correct. Sarebbe veramente paradossale se, per il timore di affrontare la campagna referendaria (che comunque avrebbe corso, perché la proposta Palumbo non incide sull’eterologa, che è oggetto di uno specifico quesito referendario), le sirene del libertarismo trovassero audience superiore al tasso fisiologico, peraltro già riscontrato nel dibattito parlamentare, nelle file del centrodestra; se cioè non si cogliessero fino in fondo i pericoli di un totalitarismo scientista strisciante; se dovesse emergere incertezza o scarsa convinzione sulla positività delle scelte operate; se quindi fosse scarso l’impegno per la difesa delle posizioni assunte in Parlamento; se, ancora, dovessero pesare lobby farmaceutiche o parasanitarie, interessate a un business che promette risultati certi e spesso garantisce nei fatti cocenti disillusioni.

Se accadesse qualcosa del genere, sarebbe lecito dubitare dell’esistenza in Italia di forze politiche che abbiano nella loro spina dorsale dei valori oggettivi. E’ necessaria molta sperimentazione sul piano scientifico e molta determinazione sul piano politico? Luis Pasteur diceva che la fortuna favorisce soltanto gli spiriti preparati; mi permetto di aggiungere che la più adeguata preparazione dello spirito consiste nell’avere la volontà di conseguire un fine. Spesso, anche se i fatti saltano agli occhi, si finisce per vedere soltanto quello che si cerca; quanti passi avanti si faranno allorché la ricerca, e per la sua parte la politica, saranno orientate in prevalenza verso la vita?


Alfredo Mantovano

 

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