ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
(Sezione:  ANNO IX NUMERO 299- IL FOGLIO QUOTIDIANO -        - PAG I )
VENERDÌ 29 OTTOBRE 2004

 

 

 “Difendo la legge 40, però…”,
il ministro Prestigiacomo risponde a Mantovano e al Foglio


• La normativa sulla fecondazione medicalmente assistita si è dimostrata lontana dal sentire diffuso dei cittadini
• La diagnosi preimpianto non è affatto eugenetica, sostenerlo è falso e suggestivo
• Le lobby farmaceutiche hanno da guadagnare se le cose rimangono come sono
• Il vostro sondaggio sui temi della bioetica ha posto le domande “in modo francamente di parte” e ben il quarantasei per cento degli intervistati ha detto di no alla difesa della legge
• Sfido entrambe le armate referendarie, è più coraggioso che arruolarsi in uno dei due eserciti e sventolare bandiere


 

Al direttore - Ho letto con interesse il suo editoriale, ed il lungo articolo del sottosegretario Alfredo Mantovano, sul tema della fecondazione assistita e, se mi concederà un po’ di spazio, vorrei replicare.

Cominciamo dall’inizio e dalla rispettosa accusa che mi rivolge di rinunciare a difendere la legge 40. Invece io la legge 40 la difendo eccome, e non voglio svuotarla, né proporre papocchi. Del resto era evidente sin dai lavori parlamentari che la materia fosse altamente controversa e anche in autorevoli dichiarazione di voto favorevole, era emersa la possibilità di intervenire successivamente con le modifiche suggerite dalle prime applicazioni.

Prevalse allora l’idea che occorresse comunque una legge in materia per colmare il pericoloso vuoto normativo e che un ulteriore approfondimento delle tante questioni sollevate nel corso del dibattito in maniera trasversale avrebbe potuto causare l’ennesimo rinvio sine die.

Per me i valori importanti da difendere sono i seguenti e tutt’altro che secondari: il no alla clonazione degli embrioni; il no agli uteri in affitto, il no alle mamme nonne, il no alla fecondazione post mortem; il no all’eugenetica che non ha nulla a che fare con la diagnosi preimpianto; la regolamentazione dei centri e un sistema sanrivalozionatorio, precise regole di accesso.

Questo non è “nulla culturale”. Su cosa la legge 40, si sta rivelando lontana dal sentire diffuso dei cittadini? Sull’eccesso di regolamentazione in campi tecnici, che viene vissuto diffusamente come un’ingiustizia. E proprio questi temi affronta la lettera di Mantovano che ho letto, come lei, direttore, si augurava, senza scorgervi “oltranzismo cattolico e dogmatico”, ma serie argomentazioni sulla proposta di legge Palumbo, proposta che io condivido in pieno.

Gli argomenti di Mantovano vanno, dal mio punto di vista, confutati.

1) Il prevedere che alla fecondazione assistita possano accedere non solo le coppie sterili, ma anche quelle portatrici di alcune malattie genetiche espressamente elencate nelle linee guida non è introdurre “un nuovo modo ordinario di avere figli”, ma solo consentire a persone segnate da gravi patologie di avere figli non affetti da quelle stesse patologie. Stesso discorso vale per la diagnosi preimpianto. Affermare che da queste previsioni discenda l’eugenetica dei figli con gli occhi azzurri, dei figli su ordinazione, del mondo che ripudia l’imperfezione è falso e suggestivo. Ed usare termini come “infanticidio” per gli embrioni, come fa Mantovano, è un esercizio dialettico pericoloso, almeno quanto arbitrario è collegare diagnosi preimpianto ed eutanasia.

A meno che non si dica con chiarezza e senza paura di un’opinione pubblica contraria che si vuole sopprimere la legge 194 che consente ciò che Mantovano definisce “infanticidio” per l’embrione. La 194, infatti, consente di interrompere la gravidanza fino al quinto mese, quando attraverso esami di routine come l’amniocentesi si scoprono gravi patologie del feto.

Altrimenti si deve ammettere che i diritti del concepito discendano dal modo in cui il concepimento stesso è avvenuto, il che mi sembra una tesi improponibile.

2) Mantovano afferma poi che consentire la revoca del consenso fino alla fecondazione degli embrioni incentiverebbe la produzione di embrioni soprannumerari. Ma va chiarito che a nessuno può essere imposto un trattamento sanitario, a meno che non si tratti di persona incapace di intendere e di volere. Se una donna rifiuta l’impianto dopo la fecondazione cosa si fa? La si manda a prendere dai carabinieri con un cellulare e la si obbliga a subire l’impianto? Le linee guida successive alla legge hanno chiarito che la volontà della donna non è coercibile. Sarebbe il caso che la legge fosse corretta dal Parlamento e non dalle linee guida.

3) La questione di non fissare per legge il numero degli embrioni da fecondare e trasferire contemporaneamente in utero, che secondo Mantovano aumenterebbe le “morti embrionarie provocate”, è centrale nelle tecniche di fecondazione assistita. O si è favorevoli o si è contrari. Se la si ammette bisogna far sì che abbia ragionevoli possibilità di successo. Stabilire per legge quanti embrioni fecondare e trasferire e prevederne un massimo di tre, significa da un lato rendere quasi impraticabile la tec- nica per donne sopra i trentacinque anni, che dovrebbero sottoporsi ad infiniti cicli, e dall’altro far correre alle ventenni il rischio di gravidanze plurime, con pericolo oltre che per la salute della donna anche per il nascituro.

4) La questione della ricerca scientifica. La proposta Palumbo la consente per quegli embrioni non idonei all’impianto che già oggi secondo la legge 40 rimangono in vitro fino all’estinzione, o come direbbe Mantovano vengono lasciati morire. La proposta Palombo prevede che: non devono essere prodotti embrioni a scopo di ricerca; non devono essere utilizzati embrioni che hanno una possibilità di impianto; la ricerca non può avere fini eugenetici, ma solo diagnostici e terapeutici. E’ più accettabile questa soluzione che apre speranze per il futuro o lasciare deperire fino all’estinzione tutti gli embrioni crioconservati?

Quanto alle lobby farmaceutiche, vale la pena sottolineare che esse hanno tutto da guadagnare da una legge che costringe le donne ad un numero maggiore di trattamenti farmacologici.

Concludo. Io penso che la legge vada modificata a prescindere dai referendum e nego che chi propone modifiche alla legge 40 non abbia spina dorsale né valori come lascia intendere Mantovano

Non è mancanza di polso politico rinunciare a sventolare una bandiera che forse i nostri stessi elettori non considerano propria.

Direttore, lei parla spesso del prezzo alto che comportano le scelte sulla fecondazione assistita. Non le sembra un prezzo ancora più alto il rischio di vedere abrogata per intero una legge che lei, a ragione considera “ uno dei pochissimi contributi onorevoli e seri all’identità forte di una legislatura e di una comunità che una maggioranza sia stata in grado di dare”?

E non le suggerisce niente il sondaggio che “Il Foglio” ha proposto su questi temi in cui a domande poste in maniera francamente di parte, ben il 46 per cento degli intervistati (e il 51 per cento delle donne!) ha detto di no alla difesa della legge, mentre il 54 per cento si è pronunciato a favore della selezione pre-impianto?

Non significa forse che la maggioranza dei cittadini la pensa diversamente da come lei ritiene?

Spesso ci vuole più coraggio a sfidare le contrapposte armate referendarie che arruolarsi in uno dei due eserciti. Più coraggio che a sventolare bandiere.


Stefania Prestigiacomo
ministro per le Pari opportunità

 

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