ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
( IL FOGLIO QUOTIDIANO   ANNO IX NUMERO 337 - PAG III     )
MARTEDÌ 7 DICEMBRE 2004

Alfredo Mantovano

 

 

 Cappuccetto Natale

Riscrittura della favola dei Grimm a uso di recita scolastica interculturale per la pace


 

Ciò che rende divertente la decisione presa dalle maestre della scuola elementare “Ciardi” di Treviso in occasione del Natale – di sostituire per i bambini di quell’istituto la recita di Cappuccetto rosso a quella della nascita di Gesù – è la motivazione posta a base della scelta: non vi è solo l’ansia di non turbare la sensibilità religiosa di alunni di famiglie non cristiane. Vi è qualcosa di più: “lo spettacolo su Cappuccetto rosso – spiega la signora Zanatti, “referente per l’intercultura” (già una qualifica professionale simile in giro per le scuole inquieta) del circolo didattico cui fa capo il “Ciardi” – rientra in un ampio progetto didattico dedicato alla pace. […] Per parlare del Natale e della tradizione ci saranno altre occasioni. In questo caso la programmazione didattica si concentra sul valore della pace a cui si ispira il progetto.” Rinuncio a chiedermi in quale periodo dell’anno, al di fuori di Natale, si trovano “altre occasioni” per parlare del Natale. Mi limito a cercare il nesso fra Cappuccetto rosso e la pace, in un quadro di “interculturalità”: un nesso che deve essere forte, se è il primo passo significativo di una “programmazione didattica” ad hoc. Riprendo allo scopo il testo dei fratelli Grimm, nella versione originaria e cerco di immaginare la recita.

Anzitutto mettiamo in fila i personaggi della fiaba; c’è una figura centrale – la simpatica bambina che indossa un berretto di velluto rosso – e due figure appena meno importanti, la mamma e la nonna: il che rinvia alle antiche strutture matriarcali presenti nell’ambiente germanico, ma poco comuni all’ambiente musulmano. Al “Ciardi” il Cappuccetto andrebbe sostituito quanto meno dal chador (si valuti se mantener il colore rosso), le tre donne andrebbero comunque velate e, in quanto donne, potrebbero uscire di casa solo dietro autorizzazione (urge individuare e scrivere la parte dell’uomo che dà l’autorizzazione). Nella fiaba la bambina viene incaricata dalla mamma di portare alla nonna, che è a letto ammalata, una fetta di torta e una bottiglia di vino, che le gioveranno per la guarigione; come la mette la responsabile per l’intercultura con le virtù terapeutiche del vino? Ne parla san Paolo, nella prima lettera a Timoteo (5, 23), quando consiglia al discepolo di berne un po’ contro le sue indisposizioni di stomaco; siamo sicuri che ne parli negli stessi termini anche Maometto?

Proseguiamo nel racconto, alla ricerca dei simboli di pace. La mamma ammonisce Cappuccetto a non allontanarsi dal sentiero e ad andare dritta a casa della nonna. Dopo essere entrata nel bosco la bambina incontra il lupo, che dapprima le chiede informazioni sul percorso e, saputo che cosa doveva fare e dove doveva andare, prova a farle perdere del tempo: Cappuccetto rosso abbocca e si mette a raccogliere fiori per la nonna. Il lupo fila dalla nonna, si finge nipotina, si mangia la nonna, ne indossa i vestiti e quindi, dopo che arriva la bambina, si pappa pure questa. Ergo: il lupo è nemico sul serio; Cappuccetto rosso fa due volte la figura della scema, perché disobbedisce alla mamma e perché cede informazioni al nemico; il nemico non solo carpisce le informazioni, ma inganna le vittime allo scopo di farle fuori meglio, in linea con la migliore strategia guerresca. E’ finita? Non è finita: arriva in scena il cacciatore con tanto di fucile in mano; gli chiediamo se ha almeno la tessera dell’Arcicaccia (e quindi è cacciatore democratico), o lo sostituiamo con un inviato dell’Onu, che intavoli un negoziato interculturale col lupo? Decisione da prendere in fretta, perché se lasciamo che il racconto si concluda, accade che – come è nello scritto dei fratelli Grimm – il cacciatore prende le forbici e taglia la pancia del lupo, gli ostaggi (nonna e nipote) vengono liberati, e la pacifica bambina mette un po’ di pietre nella pancia del lupo. Il lupo si sveglia, cerca di fuggire, ma con le pietre nella pancia cade a terra e stramazza, mentre i tre festeggiano… Capite? festeggiano: dov’è la pace di fronte alla scena dei bagordi che tre guerrafondai come il cacciatore e le sue infide fiancheggiatrici fanno davanti alle spoglie mortali di quel povero indifeso pacifico lupo? Su questo cadavere la nonna pasteggia addirittura con la torta e con il vino!

E’ finita? No, non è finita, perché i crudelissimi Grimm giungono, in spregio alla convenzione di Ginevra e alla Costituzione, all’accanimento contro le vittime: il cacciatore scuoia il lupo, ne prende la pelliccia e se la porta a casa, alla faccia dell’intervento umanitario e disinteressato. Mentre Cappuccetto rosso assume il solenne impegno di non disobbedire più alla mamma: messaggio che, se possibile, è il più reazionario di quelli messi in fila finora.

C’è sempre pronto anche Pinocchio
Prenoto dalle maestre del “Ciardi” di Treviso un paio di posti in sala per godermi la recita pacifista. Cercate pure, in lungo e in largo, passaggi della nostra cultura e della nostra tradizione che siano così neutrali da non dire nulla in termini di valori, di identità, di radici: cercate, e quando pensate di aver trovato, avrete comunque di fronte, in particolari che sfuggono solo all’apparenza, millenni di storia, di sacrifici, di traguardi e di errori che non si cancellano cambiando “Gesù” con “virtù” nel testo di una canzoncina. Sono pronto a pagare il biglietto della vostra rappresentazione e, se ne avete piacere, ad aggiungere in regalo una copia di Pinocchio: quant’è bello quel passaggio nel quale il burattino, al quale erano state rubate le monete d’oro, si rivolge al giudice e viene mandato in carcere! Perché? Perché era stato tanto stupido da farsele sottrarre!



 

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