Un osservatorio permanente sugli appalti. E' la proposta del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. L'idea è quella di istituire una sorta di nucleo di valutazione, sull'esempio di quanto è avvenuto a Milano. Onorevole, i risultati dell'indagine hanno confermato che aveva visto giusto nel 2003, lanciando l'allarme sull'esistenza di un cartello di imprese.
Cosa ne pensa?
«Mi pare che oggi ci sia un'importante conferma sul piano repressivo dell'esistenza del cartello. E questo giova a dissipare i dubbi che tutti gli scettici avanzarono all'epoca sulla mia denuncia e, soprattutto, sul lavoro che poi fu fatto dal punto di vista amministrativo, come ricognizione del fenomeno, a Lecce e a Brindisi. E' ovvio che chi ha responsabilità istituzionali non può ritenersi appagato di un risultato raggiunto sul piano repressivo perché, adesso, bisogna chiedersi qual è il futuro dell'economia salentina di fronte a queste vicende».
Non è un periodo felice per l'economia. Anche dal punto di vista giudiziario. Fra truffe alla 488 ed imbrogli vari, sono sempre di più gli imprenditori che hanno a che fare con la magistratura.
Le truffe alla 488 non sono casi isolati. La cronaca quotidiana ci informa di indagini con esiti pesanti: il coinvolgimento di operatori economici anche di un certo peso in attività di usura; l'alterazione degli appalti attraverso le attività del cartello o dei cartelli. Credo che la qualificazione più adeguata per un'economia di questo tipo sia che è un'economia drogata. Drogata perché ci sono realtà che vanno avanti con imput illeciti e ci sono realtà che restano indietro perché, avendo deciso di muoversi su binari di assoluta correttezza, ne pagano pesantemente le conseguenze. La vicenda giudiziaria di oggi conferma per l'ennesima volta che l'illecito non paga. Può dare effetti remunerativi nel breve periodo ma a lunga scadenza, poi, certi nodi emergono e vengono al pettine. Bisogna capire, adesso, come evitare di realizzarli in futuro, inquadrando la vicenda dei «cartelli» nell'insieme, cioé con gli altri indici di preoccupazione.
Quale reazione si attende dagli imprenditori?
Intanto, per una volta, ci sono alcuni soggetti che non entrano in questa vicenda. Da un lato non entrano le istituzioni e il Governo nazionale che vengono sempre chiamati in causa talora fondatamente, tra l'altra meno fondatamente con richiesta di interventi assistenziali. Non c'entrano, fino a questo momento - anche se l'autorità giudiziaria sa come stanno le cose meglio di chiunque altro - politici ed amministratori locali. Credo che le imprese e le loro associazioni di categoria debbano interrogarsi fortemente. Perché qui è inutile nascondere la cenere sotto il tappeto. Le associazioni di categoria sono formate da operatori economici. E gli operatori economici o realizzano questi atti illeciti o ne subiscono le conseguenze negative avendo scelto la strada della correttezza e dell'onestà. Adesso il fenomeno è emerso, come spesso accade, in modo traumatico con l'intervento del chirurgo, cioè dell'autorità giudiziaria. Quelle perplessità che ci furono due anni fa, in occasione del mio intervento al Tar, poi a seguito degli esiti delle commissioni, credo e spero che possano essere superate e ci si possa chiedere cosa fare. E nel che cosa fare la prima cosa è mettere questa vicenda all'ordine del giorno delle riunioni delle associazioni di categoria. Ora non voglio sostituirmi a loro o dire che cosa devono fare. Però dire mettere all'ordine del giorno significa considerare come una priorità non soltanto la crisi del Tac e il problema delle infrastrutture o tutto ciò di cui giustamente si parla, ma anche l'«inquinamento» del mercato che deriva dall'alterazione delle regole.
Torniamo all'inchiesta sul cartello delle imprese. Si delinea un fenomeno nazionale. Esistono delle contromisure per arginarlo?
A mio avviso, sfogliando le pagine dell'ordinanze di custodia cautelare, siamo solo all'inizio. Non è difficile prevedere, come per le inchieste sulla 488, che possano esserci sviluppi ulteriori. Siamo di fronte ad un fenomeno nazionale. In altre zone, però, le contromisure sono state già adottate. Abbiamo constatato che amministratori e politici locali non sono coinvolti. Questo vuol dire che non sono emerse complicità e collusioni. E' anche vero, però, che un funzionario di un qualsiasi ente territoriale, sia esso un Comune, l'Università, la Provincia, nel momento in cui vede le raccomandate con numero progressivo dal quale escono fuori le offerte anomale, credo che qualche conseguenza dovrebbe trarla. Altrove, senza attendere l'intervento dell'autorità giudiziaria o delle prefetture, hanno provveduto ad istituire una sorta di nucleo di valutazione opportunamente allertato, che ha dato risultati. E' stato fatto a Milano. Perché non fare lo stesso anche nelle amministrazione presenti sul nostro territorio? Certi indici emergono anche agli occhi più distratti. Non c'è bisogno di scandagliare con gli strumenti dell'autorità giudiziaria per accorgersi che ci sono elementi di anomalia in una gara».