BARI - Tra qualche giorno si saprà chi coordinerà
il partito in Puglia: «l’ultima parola spetta al presidente Fini». Il sottosegretario Alfredo Mantovano,
che a Fini rimise il mandato di coordinatore
regionale di An, si ritiene soddisfatto dell’esito
con cui l’assemblea ha messo fine agli scontri
nel partito. E sull’immediato futuro di An in Puglia
chiarisce: «Ho ritenuto doveroso presentare le
dimissioni, dopo aver ricevuto un incarico fiduciario,
quando mi sono trovato su posizioni diverse
dal leader: non mi sentivo di rappresentarlo».
Ora,però, il rischio di «cadere in contraddizione» è passato:
l’assemblea ha riunito (o quasi) tutte le «anime
» di An e dunque...
Sottosegretario, risolti tutti i problemi dentro
An?
«Le questioni di merito sollevate da me, Alemanno
e altri hanno trovato una soluzione per ora sulla
carta, l’ordine del giorno approvato all’unanimità.
Lì si riaffermano dei punti fermi da cui ripartire:
mi sembra sia stato rimosso il problema
principale».
Dunque, tornerà lei alla guida di An in Puglia?
«Spetta al presidente del partito decidere»
Anche in Puglia servirà «ricomporre i pezzi».
«Durante il mio mandato ho girato molto, ho trovato
una grande voglia di fare politica partendo
dai principi, senza per questo negare gli interessi
territoriali. Questa grande passione deve essere rispettata
».
I tempi, però, sono cambiati: ora c’è un governo
di sinistra.
«Mi pare che già dai primi passi in consiglio regionale,
il gruppo di An stia dimostrando vivacità
nel proporre ipotesi alternative rispetto alla giunta
Vendola, ad esempio sulle questioni immigrazione
e centri di permanenza. Mi sembra un buon
inizio».
A livello nazionale, invece, non tutti sono
convinti del buon esito dell’assemblea.
«Abbiamo messo in atto un’iniziativa, il cui obiettivo
era impedire che non venisse discussa la
questione dell’identità, e cioé la fedeltà ai principi
fondativi del partito, in primis la difesa della vita.
La vicenda referendaria sulla procreazione ha generato
estrema confusione e divergenze tra la posizione
del leader e quella di gran parte del partito. Il
nostro documento è stato sostenuto da 200 firme:
abbiamo posto un problema di chiarificazione dei
principi che la relazione iniziale di Fini sembrava
escludere, come se si volesse archiviare la pagina
referendaria. Fini ha, invece, riconosciuto l’errore
referendum e l’ordine del giorno conclusivo, approvato
all’unanimità, ribadisce l’impegno politico
a ritenere la legge 40 non modificabile».
Lo scontro tra le correnti, però, è stato aspro.
«Si può anche discutere su una degenerazione
correntista del partito, ma negli ultimi mesi si era
parlato poco di passaggi politici significativi: il risultato
delle regionali e il referendum. Era inevitabile
che si arrivasse ad un confronto aspro: da parte
nostra non vi è stata alcuna impuntatura sull’organigramma
del partito. Ad esempio, nessuno
ha mosso rilievi su Matteoli a capo dell’organizzazione
».
I passi successivi?
«Utilizzare i 10 mesi di legislatura che restano
per realizzare traguardi concreti: il disegno di legge
sulla droga, votato all’unanimità in Consiglio
dei ministri, l’attenzione agli anziani e ai poveri, la
questione sicurezza».
E con la coalizione?
«Su questi obiettivi si possono mantenere saldi i
rapporti. L’ipotesi del soggetto unitario sta tramontando,
ma un conto è entrarci come "azienda
in fase di liquidazione", un conto è entrarci come
partito che ha recuperato una sua identità.L’obiettivo,
ora, è arrivare ad un programma condiviso,
che diventi il "biglietto da visita" della Cdl per la
sfida elettorale».
Poli Bortone accusa An di aver dimenticato il
Sud.
«Senza alcuna polemica, condivido la sua preoccupazione
sulle sorti del Sud: se fosse intervenuta
non avrebbe mancato di sottolinearla, peccato che
non l’abbia fatto.Era inevitabile che un’assemblea
si occupasse più del ricompattamento sull’identità
».