ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (Sezione: IN PRIMO PIANO Pag. 4 ) |
Martedì 14 Giugno 2005 |
IL DOPO-REFERENDUM / Il leader difende le sue posizioni ma la situazione del partito appare fuori controllo
Fini perde ma non vuole lasciare
ROMA Gianfranco Fini stavolta non ha alcuna intenzione di presentarsi dimissionario, come invece fece durante la lunga e sofferta direzione convocata all'Hotel Plaza dopo il flop dell'Elefantino alle europee del '99. Allora come oggi la scelta di Fini si rivelò perdente, ma i colonnelli acclamarono il Capo invece di metterlo sul banco degli imputati. Ed accettarono persino, nel pieno di una torrida estate, la penitenza di una raccolta straordinaria di firme per il referendum sull'abolizione del proporzionale (per la cronaca: falliti per mancato raggiungimento del quorum). Ma stavolta come andrà a finire? La situazione, in An, è fuori controllo. «Non mi sono mai chiesto se votare sì fosse politicamente utile, ma se fosse moralmente giusto. E confermo la mia scelta etica, per tutelare la ricerca scientifica e la madre», tiene il punto il vicepremier. Gianni Alemanno è incredulo di fronte alla sfida, rassegna le dimissioni da vice presidente di An e lavora ad un documento che metta Fini nella condizione di ricordare punti fermi, valori e identità della destra nata a Fiuggi. E quando il giovane ministro dice che dopo l'esito clamoroso di questo referendum «non si può far finta di niente», sembra alludere all'opportunità che l'intera classe dirigente (Fini in testa) ammetta gli errori compiuti, rimetta i suoi incarichi, riparta da zero. Perchè, come dice con intelligenza Adriana Poli Bortone, oggi ha perso Fini ma in realtà «ha fallito l'intera classe dirigente di Alleanza Nazionale, che non ha saputo dire una sola parola contro la libertà di coscienza proclamata all'improvviso dal presidente». «Io non penso assolutamente a dimettermi e, grazie a Dio, non ci pensa neppure Gianfranco Fini», prende però le distanze Altero Matteoli, l'altro vicepresidente. Ignazio La Russa, vicepresidente vicario, si limita intanto a dire che «la leadership di Fini non è in discussione». Alleanza Nazionale è di nuovo spaccata. E stavolta la divisione potrebbe farsi lacerante all'ufficio di presidenza di domani pomeriggio. E ancor di più all'Assemblea Nazionale dei primi di Luglio (che qualcuno ora vorrebbe rinviare) dove sarà chiaro chi deve guidare An e, soprattutto, verso cosa. C'è chi infatti difende Fini perchè pensa che la prospettiva obbligata sia il partito unico e non si può indebolire il leader in vista di quella partita (Gasparri, Matteoli, Urso). C'è chi come Alemanno e Mantovano vuole far tornare Fini nel seminato dei «valori che oggi hanno vinto con il referendum, nei quali la gran parte del popolo italiano si riconosce e da cui invece il vertice del partito si è discostato» inopinatamente. C'è chi incoraggia Fini a sparigliare le carte, rilanciare l'idea di una destra moderna, laica, europea, senza lasciarsi processare. Intanto, Fini perde definitivamente l'appoggio di due fedelissimi come Publio Fiori e Alfredo Mantovano, che gli imputano la solitaria sconfitta su posizioni opposte a quelle del partito e della base. Mantovano si dimette dall'esecutivo nazionale e dal ruolo di coordinatore della Puglia. «Si tratta di incarichi di fiducia del Presidente di Alleanza Nazionale, e per questo trovo poco coerente, e anzi imbarazzante, il loro mantenimento. Non ho condiviso, dichiarandolo subito, la liberta di coscienzà sui referendum. Non ho condiviso la dichiarazione di voto dei 3 sì e del no». «Non condivido che i partiti si debbano occupare solo di problemi economici - dice ancora il sottosegretario all'Interno - e non di questioni essenziali, che chiamano in causa i valori fondanti della destra di sempre e in ogni parte del mondo». «Ovviamente - conclude Mantovano - non solo non lascio la tessera di An, ma ci resto per continuare l'entusiasmante battaglia per la difesa della vita, per la lotta alla droga, per l'integrità della famiglia e per una Europa degna delle sue radici».. Publio Fiori - che ieri ha avuto un lungo colloquio con Pier Ferdinando Casini nello studio del presidente della Camera - è impietoso. «La posizione di Fini - dice - è uscita drammaticamente perdente. Il problema l'ha creato lui e lui lo deve risolvere. E non ci venga a dire che si trattava di una questione di coscienza... Mica era incosciente quando a Fiuggi ha sottoscritto i valori di An». Fiori, Mantovano, Buontempo sono stati in questi giorni in stretto contatto con Alemanno e con lui condividono l'opportunità di riaffermare i valori di Fiuggi. All'Assemblea Nazionale, perciò, potrebbe anche accadere un fenomeno nuovo: che intorno al giovane leader della disciolta Destra Sociale (che certo non si proporrà ufficialmente come guida alternativa a Fini) si aggreghi e si coaguli il consenso di una vasta area cristiana, sociale, custode dei valori della svolta del '95. Nella quale potrebbero confluire parlamentari e dirigenti di altre componenti, che non rispondono più ai capicorrente perchè contestano Fini e le sue scelte. E anche ampia parte del movimento giovanile, delle donne di An. Di fatto così Alemanno si troverebbe intestata una leadership alternativa interna, che senza rovesciare Fini di fatto lo indebolirebbe. Il consigliere regionale di Alleanza nazionale Sergio Silvestris in una nota condivide l'iniziativa di Alfredo Mantovano, di dimettersi dai suoi incarichi di partito. e la sua scelta di restare nel partito per continuare la battaglia in difesa del valore della vita, per la lotta alla droga, per proteggere la famiglia, tutte sfide che oggi, soprattutto in questa regione, meritano di essere rilanciate con vigore».
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