ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (Sezione:   Pag. ) |
Martedì 1 novembre 2005 |
ALFREDO MANTOVANO* mantovano Gli attacchi ai vescovi
«I nuovi laicisti come Boselli vogliono ridurre di nuovo la Chiesa al silenzio»
Siena, 24 ottobre. Nella chiesa dell'Annunziata, di fronte al Duomo, il presidente del Senato presenta il libro di Benedetto XVI sull'Europa. Fuori duecento no global lo contestano pesantemente: non è la prima volta, né sarà l'ultima; Marcello Pera è uno dei simboli più significativi del rilievo pubblico e politico che hanno assunto temi come il diritto alla vita, l'integrità della famiglia, la libertà religiosa, le nostre radici cristiane, dopo decennali timori a parlarne esplicitamente. Per questo riesce insopportabile a una sinistra il cui massimo grado di tolleranza è che di tali questioni ci si occupi part time in qualche remota sacrestia, e senza dirlo a nessuno. La contestazione senese è monotona nei contenuti, ma varia nelle espressioni, per lo più di dileggio ad personam. Il cronista (Ajello, su il Messaggero del 25) ne coglie una, che nella circostanza viene urlata da quei bravi giovini dimostranti, e che merita riflessione, andando oltre la figura della seconda carica dello Stato: "Chi volete libero, Gesù o Barabba? - Barabba!". Certe parole e certe frasi probabilmente vengono pronunciate senza porre caso al loro reale significato. Ma la banalità con cui sono lasciati cadere certi termini non ne elide la gravità, se mai la rende più incomprensibile e desolante. 2000 anni dopo l'indegno appello di Pilato alla volontà popolare c'è ancora chi scende in piazza e grida la preferenza per l'assassino invece che per il Giusto. Meravigliarsene è da ingenui. Per Pilato non esiste una verità obiettiva, ricavabile dall'esame dei fatti che cadono sotto la nostra percezione, né esistono principi altrettanto evidenti, ricavabili dalla nostra natura, che guidino al discernimento dei fatti e all'orientamento delle scelte quotidiane. Esiste l'opportunità del momento, cui può essere data una parvenza di scelta democratica, a prescindere dalla realtà: allorché mette ai voti la liberazione di Cristo in alternativa a quella di Barabba, Pilato fa valere su qualsiasi altra considerazione la legge dei numeri che cede alla suggestione della folla. Prima ancora della convenienza politica e del tentativo di allontanare da sé decisioni che lo potrebbero porre in difficoltà, pesa l'adesione del governatore della Palestina a una prospettiva di relativismo assoluto. E non soltanto di Pilato: i suoi epigoni contemporanei sono tanti, e siedono anche adesso in consessi significativi, dai parlamenti e dai governi nazionali a quelli europei. Il rifiuto della verità sull'uomo ha come esito coerente e inevitabile la morte, e la condanna a morte degli innocenti. Dal gesto di Pilato deriva coerentemente la scelta di Barabba: se un merito hanno le "farfalle rosse" in gita a Siena, è di averlo ricordato. Il seguace del 2005 di Pilato considera l'assenza di principi di riferimento come collegata necessariamente con le forme politiche democratiche; ne consegue la ripulsa di quanti (come Pera) richiamano, a prescindere dal volere della piazza, l'esistenza di verità da conoscere e da rispettare. A Siena, consapevolmente o meno, la banale ripetizione di quella espressione sciagurata segna il passaggio dall'elogio del giudice iniquo, che non vuole aderire alla verità, all'elogio del delinquente efferato. Non che Barabba sia apprezzato di per sé: è lo strumento per manifestare la viscerale avversione verso quella Chiesa che richiama al rispetto di un ordine naturale. Due giorni prima della contestazione senese, a Torino - come lo stesso Pera, quasi in solitudine, ha denunciato con forza - da un corteo di no global si sono staccati dimostranti della buona causa che dapprima hanno fatto esplodere un petardo nella chiesa del Carmine, durante la Messa; poi hanno urinato sulla facciata dell'edificio sacro; quindi lo hanno imbrattato con scritte del tipo "nazi-Ratzinger" e "con le budella dei preti impiccheremo Pisanu". Preferito al Giusto, Barabba esprime il meglio di sé. Su un fronte stilisticamente non assimilabile ai no global, ma sostanzialmente prossimo a certi loro contenuti, il segretario dello Sdi Boselli propone il superamento del Concordato come tema qualificante per l'azione politica del centrosinistra. Boselli non indica quali norme del patto concordatario sarebbero violate dalla Chiesa italiana, al punto da legittimare una iniziativa così grave. Dice piuttosto ai Vescovi italiani: dal momento che, con una serie di atti significativi - dai referendum sulla fecondazione artificiale al richiamo all'integrità del matrimonio, contro i pacs - siete voluti diventare un attore politico, se continuate così vi togliamo il Concordato. E' quello che tecnicamente il vocabolario definisce "ricatto": cari Vescovi, o la finite o ve la facciamo pagare. Anche per Boselli, come per altri personaggi del suo schieramento, il modello canonico di riferimento è una riedizione, magari meno cruenta, della Chiesa del silenzio. Non meraviglia che tutto questo avvenga: è così da 2000 anni. Meraviglia che siano così pochi i cattolici e le persone di buona volontà che per tutto questo non si indignano e non fanno sentire la loro protesta. Sarebbe andata così da parte delle comunità islamiche presenti in Italia (e non solo di loro) se qualche contestatore avesse riservato a una moschea le attenzioni rivolte dai no global alla Chiesa del Carmine di Torino? O da parte degli ebrei (e non solo di loro) se le vittime della Schoa fossero state dileggiate? I protagonisti di quel terribile processo di piazza di due millenni fa non furono solo Pilato, Gesù, gli accusatori e Barabba, ma anche i tanti che, pur non condividendo, pur essendo convinti che si stava consumando un'atrocità, restarono in silenzio. Quel silenzio ha avuto, e ha ancora oggi, la sua parte di responsabilità nelle sofferenze di chi è innocente e nel persistente rifiuto storico della realtà.
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