Onorevole Alfredo Mantovano, che papa sarà Benedetto XVI?
«Guardi, vedo che molti si stanno soffermando sulla numerazione. Io mi soffermerei sul nome che ha scelto, prim'ancora di vedere se è collegato a Benedetto XV o a qualcuno dei suoi predecessori. Secondo me, ha scelto Benedetto, san Benedetto, il fondatore dell'Europa. Ricordo che i suoi monaci hanno materialmente arato i territori europei in un momento che veniva vissuto dai contemporanei non come la fine di un mondo, quello dell'impero romano, ma come la fine del mondo. E da lì ha preso le mosse l'Europa. Quella stessa Europa che oggi vive un momento di profonda crisi e di disorientamento, che è arrivata al punto da rinnegare formalmente anche le proprie radici.
Quindi una scelta non casuale?
«Sì. Una scelta che si ricollega con l'esigenza profonda di rievangelizzazione, di ricostruzione innanzitutto naturale e antropologica e quindi anche culturale e spirituale».
Lei se l'aspettava l'elezione di Ratzinger?
«È in continuità con il pontificato di Giovanni Paolo II. E volendosi muovere in un'ottica di continuità, era abbastanza facile la previsione». Ratzinger è definito un conservatore.
Questo comporterà una chiusura rispetto alle aperture di Wojtyla?
«Io non trovo nessuna frattura tra ciò che costituisce il magistero di Giovanni Paolo II e ciò che costituisce oggetto degli interventi, anche recentissimi, del cardinale Ratzinger. Il suo ultimo richiamo "contro la dittatura del relativismo", dal punto di vista terminologico prim'ancora che sostanziale, è un concetto che Giovanni Paolo II ha utilizzato tante volte. Per me, il termine conservatore non è spregiativo. Perché oggi c'è da conservare l'uomo nella sua interezza».
In tanti hanno sottolineato il ruolo di grande pacificatore di Wojtyla. Gli viene attribuito il merito di aver impedito il tanto paventato conflitto di civiltà. Ratzinger proseguirà su questa strada?
«Vorrei ricordare come è stato trattato Giovanni Paolo II da tanti commentatori nei primi dieci anni del suo pontificato. Veniva descritto come un personaggio condizionato dalla sua provenienza polacca, non al passo coi tempi, troppo attento alla denuncia del comunismo. Poi, in realtà, è stata la storia a mettersi al passo di Giovanni Paolo II. Quindi, io, al posto di questi commentatori, sarei molto cauto nel ripetere gli stessi errori del passato».