ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (Sezione:   Pag. ) |
Giovedì 3 novembre 2005 |
Piero Bacca Raggiunta a Roma la convergenza politica per il rilancio del Tac pugliese. Il centrodestra esprime soddisfazione; più cauto il centrosinistra
Tessile-abbigliamento, primi spiragli
Raggiunta a Roma una prima convergenza politica sul rilancio del Tac pugliese. Ma se il centrodestra esprime soddisfazione, il centrosinistra appare più cauto nel definire l'incontro di ieri un «concreto risultato» sul piano degli effettivi aiuti al settore che potranno derivare dalla Finanziaria. Il vertice romano, presieduto dal viceministro Mario Baldassarri, ha visto la partecipazione dei sottosegretari Alfredo Mantovano, Rosario Giorgio Costa e Viespoli, nonché di un'ampia rappresentanza della deputazione salentina, di tecnici della Regione Puglia, di esponenti dell'impresa e degli enti camerali del territorio. L'incontro ha fatto seguito al tavolo tecnico svoltosi sempre nella Capitale nei giorni scorsi, che aveva individuato in complessivi 120 milioni di euro (in tre anni) le risorse necessarie per sostenere innovazione tecnologica ed internazionalizzazione delle aziende pugliesi del settore. Il confronto è servito innanzitutto a chiarire che dovranno essere proprio questi i due obiettivi su cui lavorare nell'immediato, dal momento che la «patrimonializzazione» delle imprese - a sostegno della quale è stimata una necessità di 50 milioni - potrebbe trovare tempi più lunghi ed anche qualche ostacolo da parte dell'Unione europea. Pur non potendo assumere al momento impegni precisi, il viceministro Viespoli ha confermato la possibilità di poter inserire nella Finanziaria (attraverso il cosiddetto maxiemendamento) 20 milioni di euro destinati all'innovazione ed altrettanti all'internazionalizzazione. Ma le risorse necessarie potrebbero anche confluire in un fondo unico. Sembra aperto, dunque, un primo spiraglio. Ma alla volontà condivisa dovrà ora seguire un'attenzione costante perché le risorse a disposizione possano prioritariamente essere destinate alla Puglia. Ed è questa la riflessione del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. «Rispetto alle ipotesi di lavoro del tavolo tecnico - rileva - l'obiettivo è ora quello di individuare nel concreto i sostegni economici, sia attraverso la legge finanziaria, sia agganciando le risorse del Governo nazionale a quelle regionali. Ma anche verificando la corretta finalizzazione delle risorse già messe a disposizione dei Ministeri del Lavoro e dell'Università. E poi - aggiunge - bisognerà predisporre una base tecnica seria perché i sostegni individuati in Finanziaria per il settore siano destinati principalmente al Tac pugliese». In parole povere occorre insistere, fare in modo che riprenda subito il lavoro tecnico già avviato e «spingere» per l'inserimento del maxiemendamento in Finanziaria. «Questo percorso intrapreso dalla Camera di commercio, e cioè creare una sinergia tra deputazione salentina, forse sociali, tecnici ed amministratori - sostiene il presidente dell'Ente Alfredo Prete - è servito a far breccia nel Governo per sbloccare la situazione critica del Tac, che ha già visto la Puglia perdere 6mila imprese su 10mila. Al di là degli esiti, che auspico verranno, questo mi sembra già un gran successo. Certo - aggiunge - non dobbiamo aspettarci che i sostegni che arriveranno possano bloccare l'emorragia che affligge il comparto. Saranno solo un aiuto alle aziende sane, quelle che lavoreranno per riposizionarsi sul mercato, per creare un proprio marchio. Le vecchie logiche di produzione, per conto terzi, oggi non possono più rappresentare la realtà del settore come un tempo». Ma per il centrosinistra, l'esito dell'incontro di ieri non avrebbe offerto grandi certezze. «Sul Tac il governo continua a dimostrare la sua inaffidabilità ed evanescenza», commentano i parlamentari Antonio Rotundo (Ds), Alberto Maritati (Ds) e Lorenzo Ria (Margherita). «In questa sede politica, in cui ci aspettavamo risposte certe - sostengono - abbiamo avuto, invece, l'annuncio dell'ennesimo rinvio. Il viceministro all'Economia, Mario Baldassarri, ha dichiarato apertamente di non poter assumere impegni precisi per quanto riguarda il finanziamento delle somme a sostegno del rilancio del sistema moda pugliese, individuate e proposte nel documento elaborato dal tavolo tecnico sul Tac istituito presso il Ministero dell'Economia (60 milioni di euro, nel triennio, a favore dello sviluppo dell'innovazione tecnologica e della ricerca; 60 milioni nel triennio a favore dell'internazionalizzazione delle imprese; 50 milioni di euro a favore della patrimonializzazione delle imprese). Il governo - dicono - ha rinviato ogni decisione al riguardo in sede di redazione del maxiemendamento alla prossima Finanziaria, la cui scadenza è ormai alle porte. Un ulteriore rinvio che, dopo un anno caratterizzato dall'immobilismo e dal silenzio sulla crisi di questo settore vitale per la nostra economia, ci preoccupa seriamente. Da parte nostra - concludono - continueremo ad incalzare la maggioranza affinché le risorse necessarie al riposizionamento competitivo del Tac siano individuate e messe a disposizione in questa Finanziaria». Soddisfazione, invece, viene espressa dal senatore Francesco Chirilli di Forza Italia. «C'è stata un'ampia convergenza di proposte per il rilancio del comparto - fa sapere il parlamentare - le quali confluiranno in un progetto che riguarderà l'innovazione tecnologica, la ricerca e l'internazionalizzazione delle aziende che operano nel settore. Il tutto - conclude - con risorse che saranno recuperate dai fondi del Ministero del Lavoro e con le previsioni di intervento della Finanziaria 2006». Anche il sottosegretario alla Difesa Rosario Giorgio Costa, di Forza Italia, appare ottimista sulle prospettive di sostegno al Tac pugliese. «Ritengo che si sia fatto un buon lavoro», rileva l'esponente degli azzurri, evidenziando come vi sia stata «unità di intenti da parte di tutte le forze politiche ed ampia disponibilità e sensibilità da parte del Governo. E' possibile ben sperare che la proposta finale di Baldassarri rispetto alla Finanziaria - sottolinea - possa aprire la strada alla soluzione della crisi di un settore produttivo che interessa in modo particolare la Puglia ed il Salento. L'articolo 53 della Finanziaria - spiega - prevede già dei finanziamenti per i distretti industriali; la soluzione di allargare ai sistemi produttivi locali, e quindi anche al Tac, l'accesso a tali finanziamenti - conclude - mi sembra una soluzione adeguata». Ma la banalità con cui sono lasciati cadere certi termini non ne elide la gravità, se mai la rende più incomprensibile e desolante. 2000 anni dopo l'indegno appello di Pilato alla volontà popolare c'è ancora chi scende in piazza e grida la preferenza per l'assassino invece che per il Giusto. Meravigliarsene è da ingenui. Per Pilato non esiste una verità obiettiva, ricavabile dall'esame dei fatti che cadono sotto la nostra percezione, né esistono principi altrettanto evidenti, ricavabili dalla nostra natura, che guidino al discernimento dei fatti e all'orientamento delle scelte quotidiane. Esiste l'opportunità del momento, cui può essere data una parvenza di scelta democratica, a prescindere dalla realtà: allorché mette ai voti la liberazione di Cristo in alternativa a quella di Barabba, Pilato fa valere su qualsiasi altra considerazione la legge dei numeri che cede alla suggestione della folla. Prima ancora della convenienza politica e del tentativo di allontanare da sé decisioni che lo potrebbero porre in difficoltà, pesa l'adesione del governatore della Palestina a una prospettiva di relativismo assoluto. E non soltanto di Pilato: i suoi epigoni contemporanei sono tanti, e siedono anche adesso in consessi significativi, dai parlamenti e dai governi nazionali a quelli europei. Il rifiuto della verità sull'uomo ha come esito coerente e inevitabile la morte, e la condanna a morte degli innocenti. Dal gesto di Pilato deriva coerentemente la scelta di Barabba: se un merito hanno le "farfalle rosse" in gita a Siena, è di averlo ricordato. Il seguace del 2005 di Pilato considera l'assenza di principi di riferimento come collegata necessariamente con le forme politiche democratiche; ne consegue la ripulsa di quanti (come Pera) richiamano, a prescindere dal volere della piazza, l'esistenza di verità da conoscere e da rispettare. A Siena, consapevolmente o meno, la banale ripetizione di quella espressione sciagurata segna il passaggio dall'elogio del giudice iniquo, che non vuole aderire alla verità, all'elogio del delinquente efferato. Non che Barabba sia apprezzato di per sé: è lo strumento per manifestare la viscerale avversione verso quella Chiesa che richiama al rispetto di un ordine naturale. Due giorni prima della contestazione senese, a Torino - come lo stesso Pera, quasi in solitudine, ha denunciato con forza - da un corteo di no global si sono staccati dimostranti della buona causa che dapprima hanno fatto esplodere un petardo nella chiesa del Carmine, durante la Messa; poi hanno urinato sulla facciata dell'edificio sacro; quindi lo hanno imbrattato con scritte del tipo "nazi-Ratzinger" e "con le budella dei preti impiccheremo Pisanu". Preferito al Giusto, Barabba esprime il meglio di sé. Su un fronte stilisticamente non assimilabile ai no global, ma sostanzialmente prossimo a certi loro contenuti, il segretario dello Sdi Boselli propone il superamento del Concordato come tema qualificante per l'azione politica del centrosinistra. Boselli non indica quali norme del patto concordatario sarebbero violate dalla Chiesa italiana, al punto da legittimare una iniziativa così grave. Dice piuttosto ai Vescovi italiani: dal momento che, con una serie di atti significativi - dai referendum sulla fecondazione artificiale al richiamo all'integrità del matrimonio, contro i pacs - siete voluti diventare un attore politico, se continuate così vi togliamo il Concordato. E' quello che tecnicamente il vocabolario definisce "ricatto": cari Vescovi, o la finite o ve la facciamo pagare. Anche per Boselli, come per altri personaggi del suo schieramento, il modello canonico di riferimento è una riedizione, magari meno cruenta, della Chiesa del silenzio. Non meraviglia che tutto questo avvenga: è così da 2000 anni. Meraviglia che siano così pochi i cattolici e le persone di buona volontà che per tutto questo non si indignano e non fanno sentire la loro protesta. Sarebbe andata così da parte delle comunità islamiche presenti in Italia (e non solo di loro) se qualche contestatore avesse riservato a una moschea le attenzioni rivolte dai no global alla Chiesa del Carmine di Torino? O da parte degli ebrei (e non solo di loro) se le vittime della Schoa fossero state dileggiate? I protagonisti di quel terribile processo di piazza di due millenni fa non furono solo Pilato, Gesù, gli accusatori e Barabba, ma anche i tanti che, pur non condividendo, pur essendo convinti che si stava consumando un'atrocità, restarono in silenzio. Quel silenzio ha avuto, e ha ancora oggi, la sua parte di responsabilità nelle sofferenze di chi è innocente e nel persistente rifiuto storico della realtà.
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