mafia Mistero su una nuova «identità». Critiche dall'Associazione vittime: criminali coccolati
ROMA La commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione del Viminale non ha ricevuto ancora nessuna istanza da parte di Giovanni Brusca che avrebbe intenzione di cambiare nome. «Fino a ieri (mercoledì ndr), data dell'ultima riunione della commissione - dichiara Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno, che la presiede - non abbiamo ricevuto nessuna domanda in tal senso. Quando l'istanza sarà presentata verrà esaminata in base alla legge». «Si tratta di un'istruttoria complessa - spiega Mantovano - che tiene conto delle pendenze giudiziarie e dei precedenti penali». Inoltre, sottolinea il sottosegretario, «il cambiamento del nome viene preso in considerazione, di norma, quando sono esauriti i processi a carico del soggetto e in previsione della sua uscita dal carcere o della fine del programma di protezione».
LA PROTESTA - «Questo è un paese dove il crimine viene premiato con protezioni e privilegi», contesta Bruno Berardi, presidente dell'associazione nazionale vittime terrorismo e mafia Domus civitas, commentando l' ipotesi della concessione di una nuova identità a Giovanni Brusca. «Lo Stato - secondo Berardi - scende a patti con mafiosi e terroristi, offrendo loro quanto di meglio esiste: queste premure per un anonimo disoccupato italiano non sono neanche lontanamente pensabili, pertanto l' associazione sta raccogliendo in tutta Italia delle firme per una petizione popolare che spinga il nostro Governo a cambiare le regole in materia di benefici ai detenuti ancora in vigore».
CAMBIO DI NOME - È il ministro dell' Interno ad emanare il decreto - di concerto con il Guardasigilli - che autorizza un collaboratore di giustizia a cambiare generalità. A disporre il cambiamento è la Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione del Viminale, sempre e solo su richiesta dell' interessato. Il decreto di cambiamento di generalità (oltre al nome viene cambiato anche il luogo di nascita), rileva il Regolamento ministeriale sulle speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni, viene disposto «quando è necessario per garantire la sicurezza, la riservatezza ed il reinserimento sociale della persona ammessa allo speciale programma di protezione». Il registro riservato, l' unico documento a contenere le indicazioni sulla nuova e vecchia identità del soggetto, è custodito al Viminale. E per assicurare il massimo di riservatezza possibile non è accessibile neanche ai membri della Commissione. Ma per evitare che il nuovo nome cancelli completamente il passato del collaboratore o testimone di giustizia, e dunque anche i trascorsi penali, è stato trovato un escamotage tecnico. In caso di verifiche o controlli da parte delle forze dell' ordine il vero nome del soggetto non emergerà mai, ma gli agenti saranno messi in grado di sapere che si tratta di persona con precedenti. Prima del cambiamento definitivo delle generalità, nel corso del programma di protezione, possono essere concessi al soggetto nuovi documenti di identità provvisori, utilizzabili per le esigenze quotidiane. Successivamente, con decreto del ministro dell' Interno, i documenti provvisori possono diventare definitivi. Negli ultimi anni la Commissione ha esaminato diverse richieste di collaboratori che volevano cambiare nome. Alcune sono state respinte, altre accettate, specie quelle provenienti da persone che stavano per concludere il programma di protezione e rientrare nella società civile.
BRUSCA
RINUNCIA A DUE UDIENZE - Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha rinunciato ieri a presenziare alle due udienze dei processi che lo vedono imputato a Palermo di omicidio. Per il pentito sarebbe stata la prima uscita davanti ai giudici, dopo l'arresto avvenuto a Roma durante un permesso premio, perchè trovato a parlare col telefonino. Brusca ha fatto sapere, tramite il suo avvocato, che rinunciava a partecipare all'udienza. Il primo processo si svolge davanti ai giudici della terza sezione della Corte di Assise e riguarda l'omicidio di Gaudenzio Giammalva, assassinato nel '76 a San Giuseppe Jato; l' altro si tiene, in abbreviato, davanti al Gup Mazzeo, per l'omicidio di Vito Salvia, assassinato l'8 settembre '94 a Borgetto.