ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
(Sezione:  CRONACA DI FOGGIA   Pag.  68   )
Giovedì 7 novembre 2002

Stefania Labella

IN MEMORIA DI PANUNZIO/Il testimone dell'omicidio dell'imprenditore a volto scoperto racconta la sua esperienza




«Io Mario Nero, prof della legalità»

Un progeto con il ministero dell'Interno lo porterà in tutte le scuole


 

L'abbraccio, forte, con Michele Panunzio, e Mario Nero sale sul palco del teatro Giordano. Il supertestimone del caso Panunzio è tornato a Foggia per la prima volta dopo dieci anni. Non si è nascosto dietro una maschera, ha affrontato la platea a volto scoperto.

Un altro atto di coraggio, dopo la denuncia di dieci anni fa?
No, non è coraggio, è un'azione perfettamente normale, così come è stato normale raccontare quello che avevo visto la sera del 6 novembre 1992, dopo aver ascoltato l'appello di Michele, il figlio di Panunzio.

E' stato difficile, salire sul palco ed affrontare la città? Ha avuto paura?
Paura? Non ne ho più! Quella gente non fa paura a nessuno. Non ho paura che mi ammazzino, perchè se io morissi per loro sarebbe peggio, il mio nome aleggerebbe sulle loro vite. Loro si illudono che ci possano spaventare le pistole. Non è così.

E' la prima volta che torna a Foggia?
Sì, grazie a Mantovano ho coronato un sogno che coltivavo da dieci anni, quello di calpestare il suolo foggiano, ma ho ancora un rimprovero da fare ai foggiani, quello dell'omertà diffusa. Però il ricordo di Foggia che ho portato con me è quello dei diecimila studenti che invasero pacificamente la città per una manifestazione all'indomani dell'omicidio di Panunzio. Ci ho pensato tante volte nei momenti difficili. Era l'immagine di una città che dichiarava di non volere cedere alla malavita, una immagine che mi riempiva di orgoglio, nel mio nuovo mondo.

Qual è adesso il suo rapporto con Foggia?
Nessun rapporto con Foggia, Foggia per me non ha fatto niente, io credo di aver dato un contributo alla città, ma nessuno mi ha ancora detto grazie.

Mantovano ha accennato alla possibilità, per i testimoni di giustizia, di restare a vivere nella loro città. Lei tornerebbe a vivere a Foggia?
No, oggi no, ma solo perchè sono passati dieci anni, per i miei figli si tratterebbe di un nuovo "sradicamento" dal loro mondo...

Potrebbe tornare presto in città come testimonial di legalità.
Nel corso degli anni ho elaborato vari progetti di educazione alla legalità, rivolti agli studenti, sono rimasti nel cassetto, però adesso potrebbero diventare realtà. Sarò assunto dal ministero dell'Interno e collaborerò alla diffusione di programmi educativi. Andrò in giro per le scuole a raccontare la mia esperienza. E' lì che bisogna insistere, con i giovani, gli studenti. La coscienza civile si forma fra i dieci e i 18 anni, dobbiamo saper seminare per far nascere un mondo nuovo, migliore.

Non sarà facile, il suo ruolo di testimone di legalità.
Qualche settimana fa ero in Calabria, a Rende, con i miei cani per una esposizione. Ho incontrato dei ragazzi, abbiamo iniziato a chiacchierare. Conoscevano benissimo Totò Riina, volevano emularne le gesta. Non aveva mai sentito parlare di Mario Nero, di Tano Grasso... la sconfitta dello Stato parte da qui.

Lei ha fatto pace con lo Stato?
Mah, è da qualche tempo che mi sento più tranquillo, ho però qualche rimpianto: in passato lo Stato non mi ha messo in condizione di essere testimone sempre. Sono stato costretto a nascondermi, sono passato quasi per esempio negativo, invece che positivo. Sono stato equiparato a un pentito: pensi che solo un anno e mezzo fa un capitano dei carabinieri mi ha chiesto a che ramo della Sacra corona unita appartenevo!

Si è mai chiesto se ne è valsa la pena?
Se non l'avessi fatto, mi sarei sentito colpevole di tutti i morti innocenti che ci sono stati anche dopo l'omicidio Panunzio a Foggia. Stella Costa, Matteo di Candia, sono tutti foggiani, e se non avessi parlato avrei sentito anche il mio dito sul grilletto che ha sparato. Girare lo sguardo dall'altra parte è facile, in un primo tempo, ma alla fine non paga. Perché non potremo più mandare i nostri figli a scuola, nei giardini pubblici. Potrebbero essere loro, le prossime vittime innocenti.

Cosa racconta di Foggia ai suoi figli?
Non è mai facile affrontare il discorso con i miei figli, a volte è come se mi rimproverassero di avergli rovinato la vita, ma poi mi rendo conto che non è così, che sono normali confitti fra genitori e figli. Il bambino è invece fermamente intenzionato a tornare a Foggia, da grande, come magistrato. Questo per me è un grande successo, vuol dire che sono riuscito ad inculcare nella loro mente il seme della giustizia, della denuncia, della legalità: sono tutte armi più forti di una pistola


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