ALFREDO
MANTOVANO Deputato al Parlamento italiano RESPONSABILE DI A.N. PER I PROBLEMI DELLO STATO |
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Articolo comparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno | il | 15 Marzo 2001 |
NON EMERGENZA, MA PREVENZIONE C'è una parola che ancora non riesce a entrare nell'azione quotidiana di contrasto al crimine: è prevenzione. La repressione è riuscita a contrastare frontalmente la "sacra corona unita", a disarticolarla, a condannarne i capi e i gregari. E' indispensabile. Continua a essere perseguita con coraggio dalle forze dell'ordine e dall'autorità giudiziaria. Ma da sola non basta: puntare in via esclusiva o prevalente sulla repressione equivale a inseguire le iniziative della delinquenza. Fa pensare alla squadra di calcio che si chiude in difesa e controlla gli avversari, ma non attacca. Certamente non vince. Probabilmente prima o poi prenderà un goal e perderà. Prevenzione vuol dire controllo attento del territorio. Vuol dire, quindi, uomini sufficienti per cogliere i mutamenti delle iniziative criminali, per elaborare i dati, per impedire, nei limiti del possibile, la realizzazione delle gesta più efferate. Non si può fare prevenzione senza un numero congruo di uomini: da anni documento con dati che nessuno ha mai contestato (anche perché provengono dal ministero dell'Interno) che la provincia di Lecce continua a essere fra le più sguarnite sul territorio nazionale quanto a rapporto fra unità di polizia presenti e popolazione residente. Da anni la situazione resta sostanzialmente immutata: non interessa che gli organici siano coperti. Quegli organici sono insufficienti: sono stati disegnati quando non esisteva l'immigrazione clandestina, e quindi non c'era l'esigenza quotidiana di distaccare personale da questo o da quel presidio per il soccorso sulle coste. Se in una stazione dei Carabinieri l'impegno su questo fronte si somma ai compiti di routine - piantone, servizi amministrativi, deleghe di indagini, ricezione di denunce - nessuno è in grado di comprendere quello che può accadere sul territorio. Prevenzione vuol dire, in senso tecnico, attivazione organica delle misure di prevenzione: soprattutto di quelle patrimoniali, come il sequestro e la confisca dei beni di origine illecita. La "sacra corona" è stata sconfitta dai maxiprocessi, ma anche dall'acquisizione delle ricchezze accumulate illegalmente dalle "famiglie" più significative, dai Vincenti di Surbo ai Coluccia di Noha. Perché oggi queste misure non vengono attivate con eguale insistenza? Perché il corpo più attrezzato per questo tipo di indagini - la Guardia di Finanza - viene ancora impiegato da direttive ministeriali in compiti di accertamento tributario (per i quali potrebbero bastare gli Uffici delle imposte) e non viene incaricato in modo sistematico e massiccio nell'inseguire i capitali di provenienza delittuosa? Giova più alla sicurezza della comunità salentina una verifica fiscale di qualche settimana a carico di un imprenditore che alla fine risulterà aver messo qualche virgola fuori posto, o una indagine su esercizi commerciali che, soprattutto in alcuni centri della provincia, aprono apparentemente dal nulla e mostrano disponibilità finanziarie, spesso in contanti, sproporzionate rispetto alle fonti presumibili di reddito? Prevenzione vuol dire, infine, interesse non occasionale e meramente emozionale della politica operante sul territorio. Se si parte dalla ricognizione delle esigenze effettive della sicurezza nel Salento, non dovrebbero esistere - neanche in campagna elettorale - differenze di schieramento nel pretendere dal governo di turno, qualunque sia il suo colore, un'attenzione adeguata alle necessità del momento. Finora questo non è successo, la divisione fra posizioni contrapposte è stata la regola, e perfino le sparatorie sono diventate oggetto di contese partitiche. Ciascuno è in grado di valutare quanto questo giovi a risolvere i problemi. Il salto di qualità cui richiama la realtà significa superare la facile demagogia sulla sicurezza. Oggi non ci sono soltanto due vite umane troncate. C'è una comunità - quella di Surbo - prostrata. Qualcuno si è chiesto perché mai il diretto destinatario della spedizione omicida, che era un semilibero e quindi ogni notte tornava in carcere, non è stato ucciso sulla strada di Borgo S. Nicola, lontano da occhi indiscreti, e invece è stato ammazzato in un locale pubblico nel centro del paese, davanti a tanta gente, con sventagliate di kalashnikov? Se c'è una logica anche nelle attività criminali, la risposta è immediata: perché la gente di Surbo sappia che i delinquenti operanti su quel territorio non hanno riguardi per nessuno; e quindi che, quando "qualcuno" passerà per riscuotere il pizzo, non si devono fare storie. Non a caso l'operazione che ha portato agli arresti di ieri mattina ha per oggetto un consistente giro di estorsioni. A proposito. Prevenzione vuol dire spiegare alla gente (che non lo sa: lo dico per cognizione diretta) che se resiste al racket oggi, in virtù di una legge in vigore da circa due anni, può ottenere il risarcimento in tempi più rapidi, con modalità più semplici e per importi più consistenti rispetto a prima. E' mai stata fatta una massiccia campagna di informazione su questo fronte - con spot, manifesti e quello che ordinariamente si mette in campo quando si vuol far conoscere qualcosa - da parte degli enti locali, della prefettura? e dai mass media che, pronti a segnalare e a descrivere i delitti - è il loro mestiere - forse non sono altrettanto solleciti nel segnalare che una via d'uscita, pur difficile, esiste? On. Alfredo Mantovano |
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