ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
(Sezione: Primop Piano   Pag.  3  )
Giovedì 14 novembre 2002

Gaetano Campione

Tremila secondo le forze dell'ordine, il doppio secondo gli orgabizzatori

E i «no global» sfilano in pace

Negozi chiusi, nessun incidente. Dagli anarchici uova contro la Polizia


 

LECCE Le bandiere nere con i simboli bianchi, vengono sventolate. Gli anarchici si presentano così. La coda del corteo arriva all'incrocio col castello sede del summit, la zona rossa. Dietro lo striscione, nero anche questo, una cinquantina di persone. Ragazzi dal viso liscio come una saponetta. Il Masaniello di turno, impugna il megafono, si agita: «Al castello - incita. Tutti al castello che c...andiamo a fare all'assemblea». Lui sbraita, gli altri rumoreggiano. Qualcuno tira un paio di cachi e alcune uova in direzione dei poliziotti. Anzi, degli «sbirri» come li chiamano i ragazzini che si coprono il volto, i caschi da motociclisti a portata di mano. Tensione a piene mani. Il servizio d'ordine del Social forum cerca di convincere il gruppo di anarchici a proseguire. Si grida, si spinge: «Così ci rovinate tutto», urla una ragazza in bicicletta. I poliziotti rimangono impassibili, i funzionari - questore in testa - scelgono l'arma del dialogo. La trattativa dura una manciata di minuti. Poi, prevale la ragione. É possibile coniugare estremismo e unità, due concetti contrapposti che prevedono politiche diverse e diverse concezioni del mondo?

L'onda lunga del «movimento dei movimenti», partita da Firenze, arriva nel capoluogo salentino. Affascina, conquista e ammalia anche i giovani pugliesi (tremila secondo la Questura quelli che hanno preso parte al corteo, il doppio a sentire gli organizzatori). Il Social forum, però, conserva intatti i mille volti che lo caratterizzano, le distinzioni dei ruoli, le contraddizioni.

Dentro ci sono Cobas, Cgil, Verdi, Rifondazione, Udu, Sinistra giovanile e la quarantina di sigle riunita dal Lecce Social Forum. Il calderone del mondo no global è in ebollizione ma difficilmente potrà trasformarsi in un «nuovo animale politico», come auspica Fausto Bertinotti. Certo, questi giovani rappresentano una spinta al rinnovamento. «Vanno ascoltati», ha detto Romano Prodi. La storia insegna: sono sempre stati i movimenti e non i partiti a segnare i grandi cambiamenti. E se nel 1968 la sinistra riuscì a cavalcare la protesta, oggi la situazione è ben diversa.

Qui, non si riconoscono leader, portavoce, segretari, simboli. Ognuno rappresenta se stesso. Ce n'è per tutti: «Cerchiamo di creare un mondo di eguaglianza, diritti sociali e di rispetto per la diversità, un mondo in cui educazione, un lavoro decente, la salute e la casa siano diritti per tutti, un mondo in cui vi sia il diritto di consumare cibi sicuri, prodotti da contadini e allevatori, un mondo senza povertà, senza sessismo, senza razzismo e senza omofobia. Un mondo che ponga le persone prima dei profitti. Un mondo senza guerra».

Concetti validissimi, universali. Manca, forse, un po' di pragmatismo. Prendete i centri di permanenza temporanea, voluti dal governo dell'Ulivo e rafforzati dal Polo. Gli espulsi sono pochissimi, meno di un terzo dei fermati e le strutture assomigliano a piccole carceri. Angelo Salento: «Diciamo no alla logica dell'emergenza. La Puglia deve diventare un'arca di pace, non di guerra. Nei centri esiste una effettiva sospensione dei diritti sociali, c'è il rischio che diventi un business gestito a pagamento: la Chiesa esca dagli equivoci».

Stefania Ventura: «Il centro Regina Pacis sembra un carcere. Ma qual è la proposta alternativa? Non possono entrare tutti liberamente. Sarebbe meglio stabilire quote di volta in volta». Sfilano testa a testa il pacifista Dino Frisullo, il portavoce del movimento dei disobbedienti, Francesco Caruso, il parlamentare dei Verdi, Paolo Cento, il consigliere regionale di Rifondazione, Michele Losappio, don Vitaliano della Sala, il sacerdote no global. Con loro, tanti ragazzi.

Una delegazione chiede di incontrare il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, per consegnare un documento. Si tratta anche stavolta. La proposta: incontro per strada, fuori dal castello. La controproposta: incontro in una sala del castello. Il risultato? Non si fa nulla: «Il governo preferisce l'autosegregazione in una fortezza piuttosto che il confronto». Il corteo sfila in un centro attraversato solo da qualche bicicletta. Al passaggio dei manifestanti i commercianti dei negozi aperti (pochi) abbassano le saracinesche. Una precauzione, forse, eccessiva. Il Movimento fa ancora paura.


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