ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO | Sabato 23 marzo 2002 |
Tornano in carcere gli scafisti del tragico naufragio
Tornano in carcere gli scafisti del tragico naufragio. Ieri mattina, nel centro Regina Pacis sono stati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare. Ad emetterla è stato 11 gip Vincenzo Scardia. lo stesso che la settimana scorsa li aveva scarcerati con la motivazione che la giustizia italiana non era competente per i reati contestati (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e naufragio colposo) perché avvenuti in acque internazionali e non contemplati dal Codice di navigazione. Una settimana di indagini e di ulteriori verifiche ha permesso agli investigatori di acquisire nuovi elementi. Così il procuratore aggiunto Cataldo Motta e 11 sostituto Patrizia Ciccarese hanno chiesto la nuova ordinanza per Perparim Bajrami, 38 anni, David Mirtai, di 25, e Edinond Dalipi, di 25, tutti di Valona. Le differenze rispetto al provvedimento di dieci giorni fa sono il frutto di un intenso lavoro investigativo condotto dalla Squadra Mobile, dai carabinieri del Reparto operativo e della Compagnia di Gallipoli e dal Commissariato di Galatina. Decisivo è stato anche l'apporto dei militari della Guardia costiera di Otranto. Le nuove accuse sono state raccolte seguendo proprio le indicazioni che il gip Scardia aveva fornito nell'ordinanza di scarcerazione. Il primo elemento di novità è legato all'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Gli investigatori hanno accertato i collegamenti fra i tre scafisti ed alcuni referenti salentini che avrebbero dovuto accogliere i clandestini e smistarli. La conferma arriva dalle telefonate partite, prima e dopo il naufragio, dai telefonini degli scafisti e diretti ad alcune utenze mobili intestate a cittadini italiani, alcuni residenti proprio a Lecce. Inoltre indosso ai traghettatori di disperati sono stati scoperti anche dei biglietti dei bus urbani di Brindisi. In più, alcuni clandestini hanno riferito che avrebbero dovuto pagare la corsa in Italia. La presenza di un segmento salentino dell'azione criminale ha reso possibile la contestazione del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La seconda novità è legata alla contestazione di un reato previsto dal Codice di navigazione e per questo perseguibile (nel luogo di approdo) anche se avvenuto in acque internazionali. La nuova accusa (più grave del naufragio) è di aver navigato su un'imbarcazione del tutto sfornita di misure di sicurezza: in 28 su un gommone di 15 metri, dotato di motori molto potenti, sprovvisti di salvagente, remi e senza razzi di segnalazione. Si tratta di un delitto doloso che prevede una pena dai 3 ai 12 anni. Intorno alle scarcerazioni è nato un acceso dibattito. Il sottosegretario Mantovano ha contestato la decisione del gip. «Il provvedimento del dottor Scardia era inattaccablle - spiega Motta - ma solo in seguito, grazie ad ulteriori indagini siamo riusciti ad acquisire elementi utili per le nuove contestazioni». Intanto l'avvocato Michele Leo, presidente della Camera penale, interviene per esprimere solidarietà al gip Vincenzo Scardia. «Al di là di ogni valutazione tecnica del provvedimento adottato, in cui contenuto è peraltro giuridicamente ineccepile, ll direttivo intende sottolineare l'inopportunità dell'iniziativa del parlamentare che appare volta, come già in precedenti circostanze, a screditare l'operato della magistratura entrando nel merito di decisioni giurisdizionali attraverso canali diversi da quelle istituzionali».
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