ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su Il Gazzettino (Sezione: Pag. ) |
Mercoledì, 15 Giugno 2005 |
Bruno Vespa
FINI, L'UOMO DEGLI STRAPPI
Roma
Da quando è nata Alleanza Nazionale, nel gennaio di dieci anni fa, Gianfranco Fini ha compiuto periodicamente alcuni strappi che l'hanno collocato più avanti del suo partito. Nell'estate del '99, dopo la grave sconfitta alle elezioni europee della lista comune con Mariotto Segni, egli convocò una drammatica riunione pubblica della direzione nazionale all'hotel Plaza di Roma imponendo ai dirigenti del partito di impiegare l'estate nella raccolta delle firme per il referendum sull'abolizione della quota proporzionale nel voto per le elezioni politiche. Il referendum, si ricorderà, non passò per un soffio. Nel 2003 lo strappo con i sentimenti di larga parte di An fu doppio: prima la proposta di voto per gli immigrati, poi il viaggio a Gerusalemme con la frase sul fascismo 'male assoluto'. (In realtà Fini disse che le leggi razziali, e non tutto il fascismo, erano il male assoluto, ma i giornali dettero alla frase un significato più ampio e lui non ebbe nessuna convenienza a rettificare). Si ricorderà che la frase sul fascismo determinò l'uscita dal partito di Alessandra Mussolini. Nell'ultima crisi di governo lo strappo è stato compiuto in danno della corrente maggioritaria del partito, 'Destra protagonista' di Gasparri e La Russa. Il ministro delle Comunicazioni s'impuntò perché Francesco Storace non entrasse al governo e Fini ne ha cassato il nome con un tratto di penna sostituendolo con quello di Mario Landolfi. Infine lo strappo del referendum, che ha esposto il leader alle critiche della componente cattolica di An e ha prodotto le dimissioni dagli incarichi di partito di Gianni Alemanno e di Alfredo Mantovano, fino a ieri considerato uno degli uomini più legati a Fini. Se è vero, infatti, che in questi anni An è rimasta sostanzialmente stabile nei suoi consensi elettorali, è pur vero che il peso politico di Fini è cresciuto e la sua immagine internazionale è enormemente migliorata.An ha vinto la sua battaglia contro Giulio Tremonti e ha conquistato per il suo presidente il ruolo di ministro degli Esteri che ancora due anni fa era impensabile.Adesso occorrerà capire quanto peseranno i rancori (Gasparri e La Russa vedono penalizzata la loro corrente) e la disaffezione referendaria (Alemanno e Mantovano) sui prossimi assetti del partito e soprattutto sulla sua strategia elettorale.All'inizio di luglio, con due appuntamenti simultanei, An e Udc si pronunceranno sul partito unico del centrodestra rilanciato ieri da Berlusconi anche con dettagli organizzativi. Il Cavaliere si è detto convinto che Fini ne farà parte.Alemanno incarna l'ala più perplessa del partito e il suo movimentismo è anche finalizzato a strappare la leadership della Destra Sociale a Francesco Storace.Il partito unico potrebbe federarsi con realtà diverse: la Lega al Nord, il partito siciliano di Gianfranco Miccichè e Raffaele Lombardo, un eventuale presidio a destra di Gianni Alemanno, una eventuale lista Storace estesa dal Lazio ad altre regioni italiane. Se Fini aderisse al partito unico del centrodestra, ne sarebbe probabilmente il leader. Berlusconi ieri ha chiarito che il candidato premier non può essere il leader del nuovo partito.Se il Cavaliere decidesse di giocare il tutto per tutto, Fini guiderebbe il partito e Casini punterebbe a palazzo Chigi. E lui? Al Quirinale, naturalmente, se vincesse le elezioni.E se le perdesse, il maremoto - a destra, ma non solo - sarebbe tale che di tutto quello che scriveremo nei prossimi mesi non resterebbe una sola parola.
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