ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (Sezione: LA GAZZETTA DI LECCE Page 107) |
Martedì 18 maggio 2004 |
Gianfranco Lattante
Una riunione in Prefettura con il Sottosegretario per rimuovere gli ostacoli che impediscono i finanziamenti a soggetti «marginali» e a rischio
Usura Mantovano strigia le banche
Il Sottosegretario non ci sta. Se i Confidi non decollano ci sarà un motivo. La situazione è stagnante. Ed Alfredo Mantovano è impegnato a rimuovere gli ostacoli che impediscono la concessione di finanziamenti a soggetti "marginali" e a rischio. Se la prende soprattutto con le banche. «E' mancata la consapevolezza che il Protocollo non è un pezzo di carta. La sua sottoscrizione non va considerata come un punto d'arrivo, ma come il punto di partenza di un lavoro che va fatto». Qualcosa, dunque, non ha funzionato come avrebbe dovuto. E' mancata l'adesione degli istituti di credito. Ma il Sottosegretario è pronto a lanciare un'altra sfida: trascinerà la posizione di cinquanta operatori economici, esclusi dai finanziamenti, davanti all'Osservatorio: «Ci sarà un confronto sui casi specifici tra associazioni e banche». Dopo la firma del Protocollo, «occorrono comportamenti concreti, finora sono stati troppo timidi e troppo blandi. Non si tratta - come ha detto qualche rappresentante di un istituto di credito - di finanziare chi è fallito o chi è caduto nell'usura. Il problema è di evitare che l'operatore economico diventi usurato. E, quindi, è necessario intervenire non appena sorge il rischio di usura. Ciò avviene perché viene rifiutato, senza giustificazione plausibile, un affidamento, o perché viene chiesto un rientro, o perché la condizione di protestato dalla quale si è rientrati viene ritenuta pregiudizievole». Il prossimo passo, dunque, è quello di avere il coinvolgimento di tutti gli istituti di credito operanti sul territorio. «Con loro sarà avviato un esame di casi concreti e significativi - dice Mantovano - per uscire dalla genericità e capire dove esistono i problemi e verificare se vi è un'insensibilità del sistema bancario o se vi è qualche difetto di comprensione». Due Confidi, però, sono pochi. «Pare che ne esistano altri tre - rileva Mantovano - ma non li abbiamo visti neppure intorno a questo tavolo. Due sono davvero pochi». Cosa è mancato? «Mi sarei aspettato l'adempimento delle clausole del protocollo - taglia secco il Sottosegretario - Mi sarei aspettato che un operatore economico recandosi in banca e manifestando dei problemi avesse avuto porte aperte. E, come è previsto nel protocollo, fosse stato accolto da una persona (e solo quella) che si dedichi alle sue vicende, che dia risposte chiare entro trenta giorni, che promuova quel sistema previsto dalla legge per evitare di uscire dalla banca e andare a casa dell'usuraio». L'Abi, l'Associazione bancaria italia, sta facendo la sua parte: «Sta dando una mano importantissima e sta svolgendo un ruolo insostituibile nel sollecitare gli istituti di credito a comportamenti attivi. L'Abi ha compreso, meglio di chiunque altro, all'interno del mondo bancario, che l'interesse degli istituti di credito, oggi, non è soltanto quello obbligatorio di far quadrare i conti, ma anche di avere un'immagine nei confronti degli operatori economici che consenta un recupero di credibilità. E la credibilità è essenziale per la funzionalità dell'intero sistema creditizio» Eppure c'è qualche operatore che ha denunciato di aver visto sbattersi le «porte in faccia» dalle banche. «Ne ho conosciuto più di uno - prosegue Mantovano - L'associazione di Luigi Budano, poi, ha raccolto cinquanta casi concreti: di questi una buona metà non ha ricevuto risposte soddisfancenti degli istituti di credito. Ecco perché nelle prossime riunioni dell'Osservatorio ci sarà un confronto sui casi specifici tra associazioni e banche».
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