da Roma
«Non si può fare di più di quello che stiamo facendo con le risorse che abbiamo». Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano il governo sta lavorando al massimo delle sue possibilità per far fronte al terrorismo internazionale. Le notizie da Istanbul piombano a Cernobbio mentre si discute con i rappresentanti europei di immigrazione. Ma è chiaro che i nuovi attentati rendono evidente a tutti che il problema numero uno sono le norme di sicurezza e una politica più attenta e mirata verso le cornunita musulmane.
Onorevole Mantovano le espulsioni decise dal ministro nei giorni scorsi non possono rendere più difficili i rapporti con il mondo degli immigrati musulmani e aumentare la tensione?
«Da tempo l'arcipelago delle moschee del nostro Paese è diventato, all'insaputa della maggioranza dei frequentatori luogo di predicazione paraterroristica. Sono convinto che la comunità musulmana farà essa stessa pulizia al proprio interno e allontanerà coloro che si approfittano dei pulpiti delle moschee per mobilitare nuovi adepti. Il mio è anche un appello verso i musulmani che vivono in Italia: allontanate i fiancheggiatori».
Il ministro ha annunziato una vasta azione di sicurezza, significa che in Italia sono aumentati i pericoli?
«Non ci sono segnali specifici di rischio terrorismo sul territorio nazionale, rispetto a quello che è stato valutato dal Comitato Nazionale per l'Ordine e la Sicurezza. Ma stiamo agendo al massimo delle nostre possibilità. Già da due settimane in Italia ci sono 8000 obiettivi protetti e 800 persone sotto tutela. Il controllo è totale».
Le misure di espulsione sono state prese nei confronti di persone indagate, ma la magistratura non riteneva di dover agire. Vi siete sostituiti?
«Abbiamo attuato una norma esistente dal 1998, della legge Turco-Napolitano. Siamo convinti che quegli individui fosseo pericolosi. Senza che questo significhi alcuna interferenza con i magistrati che indagano. L'autorità giudiziaria è una struttura autonoma e questo non è certo il momento di attivare conflitti. Dcl resto le misure di espulsione non sono uno strumento di cui fare un uso quotidiano».
Siamo più attrezzati, dal 2OO1, per difenderci dal terrorismo?
«Certamente, sia dal punto di vista legislativo che sul piano operativo. Due anni fa abbiamo aggiornato la legislatura e inserito il reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. A questo abbiamo aggiunto il decreto per bloccare le fonti finanziarie. Sul piano operativo i risultati sono evidenti. Nel 2001 ci sono stati 31 arresti per terrorismo, neI 2002 sessantaquattro. Nel primo semestre del 2003 ben 67. Sono dati che parlano da soli».
Dopo tre anni di guerra e le numerose operazioni contro il terrorismo, sembra che gli estremisti arabi siano sempre più attivi.
«Vorrei subito bloccare quanti sostengono che stavamo meglio prima, quando si dialogava con Arafat, con Saddam. Dopo aver distrutto la loro base, in Afghanistan, il terrorismo è rimasto senza un centro, senza coordinamento. Non vorrei essere consolatorio, ma se c'era uno come l'imam di Carmagnola a raccogliere i fondi per i kamikaze vuol dire che non hanno più una grande organizzazione».